sabato 4 ottobre 2025

Fratelli Vojak

Antonio Vojak (Pola, 19 novembre 1904 – Varese, 9 maggio 1975) è stato un calciatore e allenatore di calcio italiano, di ruolo centrocampista o attaccante.

Grande mezz’ala della Juventus negli anni venti, è acquistato dal Napoli nel 1929 a 25 anni. In sei stagioni con la casacca azzurra, Vojak disputa 189 partite, siglando 102 reti.

Nella stagione 1932/33, Vojak sigla 22 reti, uguagliando il record di Attila Sallustro (compagno di reparto) quale miglior realizzatore azzurro in una stagione. Lascia il Napoli a 31 anni, e rimarrà sempre nella storia del Napoli come colui che oltre che segnare, giocava con una retina sulla testa per trattenere i capelli.

Per 78 anni ha detenuto il record di gol in un solo campionato in tutta la storia della società (22 gol) ed è uno dei calciatori  che hanno segnato di più in serie A con la maglia azzurra: 102 gol in 189 gare disputate.


Oliviero Vojak (Pola, 24 marzo 1911 – Torino, 21 dicembre 1932) è stato un calciatore italiano, di ruolo attaccante. 

Fratello minore del ben più celebre Antonio, veniva conosciuto in campo come Vojak II. Cresce calcisticamente a Pola, poi dopo una stagione nella Pro Gorizia, approda alla Juventus, che lo fa debuttare a meno di 17 anni in prima squadra. Dopo aver giocato 9 gare ufficiali dal 1927 al 1931, viene ceduto al Napoli, dove disputa ancora una stagione. 

Muore appena ventunenne a causa di una polmonite, il suo feretro viene portato a spalle dall’intera squadra della Juventus, con la quale Vojak II ha potuto fregiarsi del titolo di campione d’Italia per il campionato 1930/31.

Guido Miglia

Guido Miglia, scrittore e giornalista, è nato a Pola nel 1919. Laureatosi nel 1942 in materie letterarie, discutendo con Carlo Bo una tesi su Cervantes, ha diretto nella sua città il quotidiano del C.L.N. "L'Arena di Pola", dalla fondazione (luglio 1945) alla firma del Trattato di Pace (febbraio 1947), quando fu perduta l'Istria.

Dopo l'esodo ha ripreso l'insegnamento. Nel 1954 ha fondato la rivista "Trieste", che ha diretto fino al 1959. Dal 1960 ha scritto racconti istriani per la Rai, sede di Trieste, e per la Rai ha curato una rubrica mensile intitolata "Anni che contano: colloqui con i giovani". Dal 1968 per il quotidiano "Il Piccolo" di Trieste ha scritto elzeviri sul mondo istriano e sui problemi dei giovani e della scuola.
Il suo primo libro di racconti "Bozzetti istriani", uscito nel 1968, ha avuto la medaglia d'oro del Premio Settembrini di Venezia da una giuria composta da Aldo Palazzeschi, Dino Buzzati, Ugo Facco de Lagarda, Diego Valeri.
Per il volume "Quassù Trieste", esito da Cappelli nel 1968 a cura di Libero Mazzi, ha scritto il capitolo "Le due Istrie".
Nel 1969 ha pubblicato un secondo libro di racconti: "Le nostre radici".
Nel 1973 è uscito "Dentro l'Istria - diario 1945-47".

Dal 1987 ha condotto in direta ogni giorno "Voci e volti dell'Istria", una rubrica della Rai, sede di Trieste.

È stato ordinario di lettere italiane e storia dell'Istituto Geometri di Udine e nell'Istituto Tecnico Femminile di Trieste.

Nel 1990 è uscito un altro libro di racconti "Istria - I sentieri della memoria ", edito dall'Unione degli Istriani.

Luigi De Manincor

Luigi De Manincor (Rovigno, 14 luglio 1910 – Varazze, 13 febbraio 1986) è stato un velista italiano. Partecipò alle olimpiadi di Berlino del 1936 ed in qualità di timoniere conquistò, con l'imbarcazione di otto metri "Italia", per i colori nazionali la medaglia d'oro di vela nel campo di regate di Kiel.

Nato a Rovigno nel 1918, a otto anni si trasferì a Trieste, seguendo il padre Arturo, funzionario di fiducia dell'ammiraglio Millo, comandante dell'Alto Adriatico, che era stato nominato ispettore alla Capitaneria di porto di Trieste.

Si diplomò all'istituto nautico triestino, raggiungendo nella nostra marina da guerra il grado di capitano di corvetta. Il suo carniere di allori olimpici avrebbe potuto essere più pingue se la guerra non avesse impedito lo svolgimento delle olimpiadi del '40 e '44, infatti alle prime olimpiadi del dopoguerra quelle del '48 svoltesi a Londra, nel campo di regata di Torquay, nella classe Dragoni si classificò quarto con l'imbarcazione "Ausonia".

In seguito venne chiamato a Genova per dirigere il cantiere navale di Baglietto, in cui si costruivano celebri imbarcazioni da regata. Divenne inoltre skipper del finanziere Italo Monzino, guidando il suo Mait nella regata Buenos Aires-Rio de Janeiro. Fu inoltre comandante del grande yacth a motore, di proprietà del Monzino, con cui effettuò varie crociere, prediligendo sempre il mare di casa, l'Adriatico, facendo più volte scalo nella natia Rovigno.

Nel 1993 nel cimitero di Rovigno, al di sopra della tomba di famiglia, è stata apposta la seguente lapide:

IN MEMORIAM

COM.TE LUIGI de MANINCOR

1910-1986

MED. ORO VELA - OLIMPIADI

BERLINO 1936

QUARTO OLIMPIADI LONDRA 1948

I ROVIGNESI NEL MONDO 1993



Gaetano La Perna

Gaetano La Perna è stato uno storico e scrittore italiano, nato a Pola nel 1929, dove ha portato a termine gli studi medi superiori.

Il 14 febbraio 1947, in seguito all'entrata in vigore del Trattato di Pace, prese la via dell'esilio per stabilirsi definitivamente, nel 1949, a Modena, dove ha vissuto fino alla morte, avvenuta nel settembre 2000.
Laureatosi presso l'Università degli Studi di Urbino con tesi in storia moderna sulla Resistenza, ha condotto una lunga carriera scolastica tutta dedicata all'insegnamento e al delicato ufficio di capo istituto.

Ha collaborato per moltissimi anni con il settimanale degli esuli giuliani "L'Arena di Pola" ed è stato consigliere e assessore del Libero Comune di Pola in Esilio.

Autore del libro "Pola- Istria-Fiume 1943-45. L'agonia di un lembo d'Italia e la tragedia delle foibe", trattato pregevole per il rigore scientifico, supportato dalla grande ricchezza dei documenti citati in bibliografia, reperiti in una paziente, quanto fondamentale ricerca negli archivi di tutta l'Istria, apertisi appena dopo il dissolvimento della ex Jugoslavia.

Antonio Ive

Il dott. Antonio Ive, nacque a Rovigno d'Istria il 13 agosto1851 da Eufemia Ruffini e Pietro Ive, studiò privatamente al ginnasio, (li lateîne, come si diceva a Rovigno). Con l'aiuto del Comune di Rovigno potè recarsi a studiare al liceo-ginnasio superiore di Capodistria, (1865), assolti a pieni voti gli studi liceali, passò all'università di Vienna, (1869), ove s'iscrisse in lettere italiane, latine e greche, avendo come docente il grande glottologo dalmata Adolfo Mussafia.

Conseguito il diploma per l'insegnamento della filologia classica e italiana, (1875), insegnò al Ginnasio di Capodistria. Già nel 1874 pubblicò la versione in dialetto rovignese della IX novella del Decamerone. Nel 1877 per i tipi della Loescher di Torino escono i fondamentali "Canti popolari istriani raccolti a Rovigno".

Dal 1878 per più di un anno soggiornò a Parigi per perfezionarsi nello studio della filologia romanza. Nel 1879 su incitamento dell'Ascoli si recò a Veglia per studiarne l'antica parlata, ultimo retaggio della lingua dalmatica. Da tali studi nacque una pubblicazione di canti popolari in veglioto. Dopo aver insegnato al ginnasio di Rovereto e Trento, insegnò filologia classica e tedesco al ginnasio di Innsbruck e finalmente nel 1893 ottenne la cattedra di lingua e letteratura italiana all'Università di Gratz.

Tra gli anni 1902-1907 si recò più volte nella campagna romana per le sue ricerche etnologiche-linguistica su questa area, stringendo amicizia con varie personalità dell'epoca come il Nigra, Monaci ed il poeta Pascarella. Frutto di tali ricerche fu il libro "Canti popolari velletrani" del 1907, che venne recensito da Benedetto Croce in "Critica".

Fu autore inoltre del libro "I dialetti ladino-veneti dell'Istria", ove per ladino-veneto intende il linguaggio istrioto od istro-romanzo, cioè la parlata originaria dell'Istria che era, e parzialmente ancora è, in uso a Rovigno, Dignano, Valle, Fasana e Sissano di cui traccia un dotto e tuttora fondamentale profilo glottologico. Tra le altre sue pubblicazioni citiamo le "Novelline popolari rovignesi", Vienna 1877; le "Fiabe popolari rovignesi", Vienna 1878; "L'antico dialetto di Veglia", in Archivio glottologico italiano vol. IX, 1886; oltre ai "Saggi di dialetto rovignese", pubblicati in appendice alla "Storia di Rovigno", del rovignese Bernardo Benussi, oltre a varie altre opere edite ed inedite tra cui il manoscritto Dizionario Istrioto Italiano, che attualmente si trova presso la biblioteca dell'Università di Zagabria.

Nel 1907 fu parte in causa, anche se involontaria, del conflitto scoppiato all'Università di Graz, tra gli studenti italiani, che reclamavano la istituzione di una facoltà in italiano e quelli tedeschi. Con feriti d'ambo le parti, ma soprattutto del campo tedesco.

Moriva il 9 gennaio 1937 a Graz e le spoglie vennero riportate a Rovigno il 13 dello stesso mese. La sua ricca biblioteca, composta da più di 3.000 volumi venne affidata alla biblioteca Civica di Rovigno, ove andò ad arricchire i precedenti lasciti dello Stancovich, del dott. Borghi e del canonico Sebastano Bronzin oltra ai vari manoscritti ed opere a stampa degli Angelini e di altri benemeriti.

Bruno Ispiro

Bruno Ispiro (Rovigno d'Istria, 20 marzo 1920 – Trieste, 21 aprile 1992) è stato un calciatore italiano, di ruolo centravanti.

Giocò fin da piccolo come attaccante in varie formazioni calcistiche rovignesi, tra cui la squadra dei Salesiani di Rovigno detta dei "Diavoli Neri", facendosi notare ben presto per le sue doti calcistiche, soprattutto nel gioco di testa in cui eccelleva. Fu il primo giocatore di Rovigno richiesto da una squadra di un'altra città: l'Ampelea di Isola d'Istria. Da questa squadra, in seguito spiccò il volo, per militare in squadre di primo rango, come il Genoa, la Lazio e da ultimo nella Triestina che allora giocava in serie A ed era una dei più forti club del campionato. Fu anche centrattacco della Nazionale giovanile italiana e riserva in quella maggiore. Col Genova nella stagione 1941-42 segnò ben 17 reti segnalandosi all'attenzione generale. La guerra bloccò in parte la sua travolgente ascesa, ma continuò in seguito ad essere un protagonista nel campionato 1947-48 con le maglie dei rosso alabardati che vide la Triestina di Nereo Rocco, Striuli, Blason, Zorzin, Giannini, Sessa, Radio, Rossetti, Pison, Trevisan, Begni e del Nostro concludere il campionato seconda al solo grande Torino. Fu inoltre protagonista con la maglia della Triestina di una sensazionale cinquina al Padova, nel risultato storico di 9 a 0 nel campionato 1948-1949. Complessivamente giocò 87 partite in serie A, tra Genoa, Lazio e Triestina. 

Silvano Abbà

Silvano Abbà  (Rovigno, 3 luglio 1911 – Isbuscenskij, 24 agosto 1942) è stato un pentatleta e militare italiano.

Figura di cavaliere d'altri tempi, abile nella scherma, splendido cavallerizzo ed ottimo nuotatore, incominciò a distinguersi alle Olimpiadi di Berlino del '36 dove, mettendo a frutto le sue splendide doti di soldato, salì sul podio guadagnando all'Italia la medaglia di Bronzo nel Pentathlon moderno, gara che comprende i concorsi di scherma, equitazione, nuoto, tiro e corsa.

Ma fu nella sfortunata campagna di Russia che, alla testa del 4^ Squadrone del Savoia Cavalleria di cui era il comandante, ebbe modo di mettere in luce oltre alle indubbie qualità d'atleta anche il suo intrepido coraggio venendo insignito della medaglia d'oro al Valor militare per essere stato uno splendido protagonista dell'eroica carica del Savoia Cavalleria, avvenuta il 24 agosto del 1942 nella ritirata di Russia a Isbuschenskij, forse l'ultima carica di cavalleria fatta da un esercito occidentale e giudicata da molti la più bella pagina di storia della cavalleria dei tempi moderni, in quanto non fu solo un "beu geste", come la famosa carica di Balaclava, ma servì a spezzare l'accerchiamento di un nutrito reparto del corpo di spedizione italiano in Russia che altrimenti sarebbe caduto in mani nemiche.

Per illustrare le sue gesta penso che non ci sia nulla di meglio che riportare integralmente la motivazione per la medaglia d'oro al valor militare:

"Comandante di squadrone di eccezionale valore, in giornata di cruenta battaglia, col proprio squadrone s'impegnava frontalmente, attaccando munite posizioni avversarie. Conquistata d'un balzo una prima linea, difesa da numerose mitragliatrici, si lanciava nuovamente alla testa dei suoi cavalieri contro lo schieramento successivo: Ferito una prima volta stramazzava al suolo, si rialzava con indomita energia e procedeva all'annientamento di ulteriori centri di fuoco nemico, decidendo così l'esito vittorioso di un'epica giornata. Nell'ultimo superbo scatto, colpito per la seconda volta a morte, cadeva da prode sul campo. — Quota 23 di Isbuchenscki, 24 agosto 1942".

Per dare un esempio del suo sangue freddo basti riferire che durante le concitate cariche di cavalleria, nei momenti di pausa, il Cap. Abbà trovò anche il tempo di riprenderne le fasi con la fedele macchina fotografica che venne ritrovata al collo del suo corpo inanimato con l'otturatore ancora aperto.

Vi è da dire che si era già precedentemente meritato una medaglia al valor militare, una d'argento ed una di bronzo, per le imprese compiute a Las Foias e Mazaleon, ove il suo reparto era entrato per primo così come a Gandesa e a Tortosa.

Alla sua memoria a Roma è stata intitolata la via S. Abbà, posta significativamente tra via P. de Cubertain e via Dorando Pietri e lo stadio della scuola militare della Cecchignola di Roma.

Il suo nome designa inoltre la sede della Sezione dell'Arma di Cavalleria di Gorizia e Civitanova Marche e in quest'ultima città, il 30 maggio 1993, gli è stata intitolata anche una Piazza. A Trieste, il locale circolo ippico ha istituito un trofeo per cavalieri ed amazzoni, dedicandolo alla sua memoria, inoltre nel museo di Pinerolo si custodisce la sua medaglia d'oro al valor militare, mentre la sciabola ed il cappello sono tenute come reliquie dalla sezione d'arma di Cavalleria di Voghera.

Al suo nome nella natia Rovigno nel 1993 è stata dedicata una lapide commemorativa nel locale cimitero:

IN MEMORIAM
CAPITANO SILVANO ABBÀ
1911-1942
MED. BRONZO PENTATHLON MODERNO
OLIMPIADI BERLINO 1936
M.O.V.M. ISBUSCHENSKI 1942
                                                                          
I ROVIGNESI NEL MONDO 1993