mercoledì 6 dicembre 2023

Famiglia: Stratico

Michele Giuseppe Stratico (Zara, 31 luglio 1728– dopo il 1782) è stato un compositore e violinista italiano.

Discendente da una nobile famiglia veneziana originaria dell'isola di Candia (oggi Creta) e che successivamente si era stabilita a Zara dopo l'invasione turca del 1669. Suo fratello Simone (1733-1824) fu un fisico e scienziato conosciuto da Carlo Goldoni e Voltaire.

Dopo i primi rudimenti di cultura generale ricevuti nella natia Zara, proseguì gli studi presso l'università di Padova. Qui fu supportato in particolar modo dallo zio Antonio Stratico, traduttore di letteratura greca in italiano e musicista dilettante, nonché rettore del Collegio Cottonio. Michele Stratico studiò legge dal 1737 al 1745 e contemporaneamente ricevette lezioni di musica da parte del celebre Giuseppe Tartini e Antonio Sberti.

A partire dal 1758 risulta aver soggiornato qualche volta a Sanguinetto, dove dal 1763 fu attivo come vicario del podestà locale. Nel paesetto veronese ebbe modo di concentrare i propri studi sulla teoria musicale, in particolar modo approfondì gli aspetti riguardanti gli assiomi matematici e fisici degli intervalli e i problemi di dissonanza e consonanza. La sua firma appare nei documenti amministrativi locali fino al 19 settembre 1782: oltre questa data non si hanno più notizie sul suo conto.

Stratico scrisse circa 280 composizioni strumentali, tra le quali oltre 170 sonate per violino e basso, sei delle quali furono pubblicate quando egli era ancora in vita. La sua musica risente fortemente dell'influenza di Tartini e ciò lo si denota soprattutto nei concerti per violino e in altre suoi lavori. Dall'esame della sua musica si evince che egli fu un compositore sì dedito al virtuosismo strumentale, ma "smorzato" dalla stabilità ritmica, melodica e armonica tipica del barocco. Le sue composizioni da camera invece si collocano nel periodo di transizione tra il tardo barocco e gli inizi del classicismo; i movimenti d'apertura di questi suoi lavori nella forma anticipano la futura forma-sonata.

Opere:

6 sonate per violino e violoncello/clavicembalo, op.1 (1763, Londra)

170 sonate per violino

35 sinfonie

6 quartetti per archi (concertini a quartetto)

50 ca. sonate a tre

15 duo per violino

61 concerti per violino

2 concerti per 2 violini

Trattato di musica

Lo spirito tartiniano


Simone Stratico (Zara, 16 ottobre 1733 – Milano, 16 luglio 1824) è stato un matematico, fisico e ingegnere italiano, esperto di nautica.

Si laureò in Medicina presso l'Università degli Studi di Padova, ove a soli venticinque anni divenne professore. Membro della delegazione veneziana che si recò in Inghilterra nel 1761 per congratularsi col nuovo re Giorgio III, restò nel paese alcuni anni per motivi di studio e divenne membro di varie accademie tra le quali la Royal Society di Londra. In quel periodo rimase notevolmente colpito dalla forza economica e dalla grandezza navale dell'Impero britannico. Tornato a Padova, sostituì Giovanni Poleni nella cattedra di Matematiche e Navigazione. In tale veste, studiò approfonditamente il regime acqueo della Repubblica, collaborando a vari interventi di idraulica sul territorio veneto, quali la bonifica delle valli del veronese e la regolazione del Brenta e del Bacchiglione.

A Padova divenne socio nel 1764 dell'Accademia dei Ricoverati e 1776 di quella di Arte Agraria. Nel 1779 mentre ricopriva le cariche di Principe dell'Accademia dei Ricoverati e di Presidente dell'Accademia di Arte Agraria ottenne dalla Repubblica Veneta la fusione delle due accademie in un solo corpo denominato "Accademia di scienze lettere e arti". La nuova istituzione, governata e protetta dai Riformatori dello Studio di Padova, venne istituita allo scopo di creare un organo consultore per tutte le scienze. Lo Stratico fu il primo Direttore della Classe Matematica della rifondata Accademia e successivamente (1783-84) ne fu Presidente. Nel 1786 entrò a far parte come socio ordinario dell'Accademia dei XL.

Caduta la Repubblica, nel 1801 venne chiamato ad insegnare Nautica presso l'Università degli Studi di Pavia, ove spesso supplì ad Alessandro Volta nell'insegnamento della fisica. Durante il Regno d'Italia fu nominato Ispettore generale dei Ponti e delle Strade, e fra le altre cariche fu Presidente dell'Accademia delle Belle Lettere e dell'Istituto Lombardo di Scienze di Milano. Come riconoscimento per la sua opera, nel 1809 venne eletto Senatore. Ricevette vari riconoscimenti e decorazioni internazionali, fra i quali il titolo di Cavaliere della Legion d'Onore e della Corona di Ferro. L'imperatore Francesco I d'Austria gli concesse la Croce di San Leopoldo e il titolo di Professore Emerito delle università di Padova e Pavia.

Opere:

I più importanti contributi scientifici di Stratico riguardano la fisica, l'idraulica e l'architettura navale. Fra le circa 35 opere che egli lasciò, vanno ricordate in modo particolare (in ordine cronologico):

Raccolta di proposizioni d'idrostatica e d'idraulica, Padova, 1773

Teoria compita della costruzione e del maneggio dei bastimenti (traduzione annotata dell'opera in francese di Eulero), Padova, 1776

Elementi d'idrostatica e d'idraulica, Padova, 1791

Vocabolario di marina nelle tre lingue Italiana, Inglese e Francese, Milano, 1813-1814

Bibliografia di marina, Milano, 1823

Da rimarcare la sua partecipazione alla monumentale opera di revisione e commento dell'opera completa del Vitruvio, iniziata dal Poleni, durata oltre trent'anni e pubblicata in vari anni, a partire da un anno dopo la morte dello Stratico.

Natale Bonifacio

Natale Bonifacio, nelle fonti anche Bonifatio o Bonifazio (Sebenico, 23 dicembre 1538 – Sebenico, 23 febbraio 1592), è stato un intagliatore e incisore dalmata.

Natale Bonifacio nacque a Sebenico da Girolamo, di nobile famiglia oriunda da Capua. Ben poco si sa dei primi anni della sua vita: di certo negli anni '70 del 1500 lo troviamo a Venezia, ove diede alle stampe alcune carte geografiche. Da lì nel 1575 - in concomitanza con l'apertura dell'anno santo - si spostò a Roma. Qui in pochi anni divenne molto celebre e rinomato.

Il 5 luglio 1579, Bonifacio è accolto nella Congregazione di San Girolamo degli Schiavoni, divenendone il guardiano il 10 aprile 1580, sindaco revisore nel 1582 e camerlengo dal 1583. L'anno successivo - a causa di alcuni errori nella tenuta dei conti - viene costretto a ripagare il danno incidendo in rame entro il Natale del 1586 due immagini di San Girolamo per i ceri da offrire al papa per la festa della Candelora. Nel 1589 Bonifacio era secondo guardiano della Confraternita, quando dovette tornare a Sebenico per assistere la madre ammalata, lasciando a Roma la moglie Maddalena Guerrini con i figli. Morì poco dopo il suo arrivo, il 23 febbraio 1592.

Opere:

Nel periodo veneziano si trovò in mezzo all'industria molto fiorente delle incisioni tratte dalle opere di Tiziano, dando alle stampe un'Orazione di Cristo nell'orto e un San Girolamo, copie dei grandi quadri ad olio del maestro cadorino. A quell'epoca - e precisamente agli anni dal 1568 e il 1570 - risalgono anche tredici mappe di varie località dei domini veneziani, come Cipro, Candia, Cerigo, Cefalonia, Corfù ed altre ancora.

Fra le opere romane si ricordano: Testa di philosophia dicitur ad imitationem Thimaei Platonis, San Nicola di Bari con li miracoli, San Gerolamo con li miracoli attorno, Rosario doloroso con li misterij, Li dodici apostoli in un foglio, Santa Chiara con li miracoli attorno, La nave di San Francesco, La Madonna di Loreto con il paese, Le sette opere della Misericordia, San Nicola da Tolentino con li miracoli attorno, La Nunziata di Federico Zuccari ed altre decine di incisioni, che spaziano dal soggetto sacro al mitologico, dalla topografia al paesaggio, compresa la rappresentazione di eventi coevi, quali la Benedizione della croce dell'Obelisco Vaticano. Particolarmente ampia fu la sua produzione di mappe, carte geografiche, piante di fortezze e di isole. Una parte di tali opere è tratta da dipinti originali dell'epoca, ma non mancano le incisioni di totale ispirazione dell'autore, quali la serie creata per il volume Delle allusioni, imprese et emblemi (...) di Gregorio XIII: comprensiva di frontespizio, tavola di dedica e 231 imprese allegoriche, anche con vedutine romane.

L'ultima incisione sicuramente di mano del Bonifacio è una Geografia et historia del Regno di Napoli, datata 15 dicembre 1591.

La maggior parte delle opere del Bonifacio sono conservate a Roma (Biblioteca Vaticana, Biblioteca Nazionale, Biblioteca Angelica), Venezia (Biblioteca del Liceo Marco Foscarini, Biblioteca Nazionale Marciana, Gallerie dell'Accademia), Napoli (Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria), Torino (Biblioteca Nazionale), Milano (Biblioteca Trivulziana), Parigi (Biblioteca Nazionale), Londra (British Museum) e in varie altre collezioni pubbliche e private.

Nella seconda metà del XIX secolo, all'unico nome finora utilizzato - e cioè Natale Bonifacio nelle sue varianti - in ambito croato si aggiunse una versione in lingua slava: Božo Bonifačić. Contestualmente, il Bonifacio è stato per la prima volta definito artista croato. Tale attribuzione di nazionalità è utilizzata in modo esclusivo nel mondo accademico croato, ed ha fatto una certa breccia anche presso altri paesi. Il noto scrittore ed accademico croato Predrag Matvejević, ritiene però che il nome Božo Bonifačić sia stato attribuito al Bonifacio senza consultare la sua genealogia.

Flora Zuzzeri

Flora Zuzzeri (nelle fonti il nome proprio viene reso anche come Fiora o Fiore, il cognome anche Zuzeri, Zuzzori, Zuzori, Zuzzari, Zuzari, Zuzzara o Zuzara) (Ragusa, 1552 – Ancona, 1º dicembre 1648) è stata una poetessa ragusea, nota per esser stata la musa ispiratrice di alcuni poeti suoi contemporanei. È divenuta nel tempo il simbolo della poetica femminile rinascimentale della Dalmazia.

Fin dal XV secolo, molte famiglie si erano trasferite da Ragusa ad Ancona: il Comune infatti aveva deliberato la loro ammissione ad abitare e a partecipare alla vita della città come colonia di nuovi cittadini.

Nell'anno 1562, il cittadino raguseo Francesco Zuzzeri si trasferì quindi con la famiglia ad Ancona, per tentare nuove fortune esercitando il commercio, e in particolare il cambio di valuta e la spedizione di merci in Adriatico. Era già maritato da lungo tempo con la nobile Maria Radagli, dalla quale aveva avuto undici figli: cinque maschi e sei femmine. Flora era la seconda delle femmine, e giunse ad Ancona appena undicenne.

In pochi anni, tutta la prole di Francesco Zuzzeri si sposò: una sola delle sorelle di Flora - Margherita, la minore - si accasò con un raguseo, mentre le altre trovarono marito fra i rampolli della nobiltà anconitana. È probabile che Flora conobbe il suo futuro marito - il fiorentino Bartolomeo Pescioni, figlio di Francesco di Domenico - verso il 1569, quando questi andò ad Ancona per curare i propri affari, in attesa di partire per Ragusa in qualità di console fiorentino. Fu così che dopo il matrimonio - celebrato a Firenze il 14 marzo 1577 - Flora Zuzzeri si trasferì nuovamente a Ragusa come giovane moglie del diplomatico: la precedeva la fama della sua singolare bellezza.

Inserita nel giro della nobiltà ragusea, Flora Zuzzeri iniziò a comporre versi, ospite dei migliori salotti. Decisivo per lei fu l'incontro con Nicolò Vito di Gozze, uno dei più valenti e colti filosofi e letterati ragusei di ogni tempo, che ne apprezzò l'ingegno e la spronò a continuare nell'attività letteraria. Flora Zuzzeri e la moglie di Gozze - Maria Gondola - furono quindi le protagoniste di due dialoghi pubblicati dal filosofo raguseo: il Dialogo della Bellezza detto Anthos secondo la mente di Platone e il Dialogo d'Amore detto Anthos, ma l'interesse e la devozione dei ragusei per Flora, unitamente all'invidia per il suo spirito vivace e la profonda cultura, scatenarono il risentimento delle nobili dame ragusee e di parte della società cittadina. Le dolci parole con le quali Nicolò Vito di Gozze la descrisse nelle sue opere causarono un fortissimo scandalo, che mise addirittura in pericolo le attività commerciali di Bartolomeo: nel 1583 Bartolomeo Pescioni e Flora Zuzzeri tornarono ad Ancona, e da lì non si muoveranno più.

Nella casa del quartiere di San Pietro, Flora organizzò un gruppo di lettura e di scambio letterario, quasi fosse un'accademia vera e propria. Un poeta che frequentava la casa - di nome Giulio Mosti - s'invaghì a tal punto di Flora da chiedere all'amico Torquato Tasso di comporre delle poesie per lei, cosa che il Tasso - che probabilmente non conobbe mai Flora Zuzzeri - fece: alcune sue composizioni vennero infatti dedicate ad una "donna ragusea che vive ad Ancona" di nome "Fiordispina".

Bartolomeo Pescioni morì il 15 giugno 1593, dopo tredici anni di matrimonio senza figli: Flora iniziò quindi un lungo periodo di vedovanza, confortata dalla presenza delle sorelle e del fratello Bernardo.

Flora Zuzzeri morì ad Ancona il 1º dicembre 1648, e venne sepolta nella Chiesa di San Francesco ad Alto.

Scritti a lei dedicati:

In una lettera all'amico Giulio Mosti, Torquato Tasso scrisse: "Comunque sia, mando a voi il madrigale in quel soggetto nel qual me l'ha chiesto, col nome di quella valorosa Signora, della quale chi col proprio nome la noma non può scriverne a mio giudizio pastoralmente e a Voi bacio le mani".

All'interno delle rime del Tasso alcuni sonetti e madrigali sono dedicati a Flora Zuzzeri, presentati come opera in cui il poeta "Ad istanza del signor Giulio Mosti loda Ancona dove vide una gentildonna ragusea chiamata Fiordispina". I seguenti versi alludono espressamente a Flora.

La vicenda dei due Dialoghi che Nicolò Vito di Gozze dedicò a Flora Zuzzeri, e che tanto influirono sulla vita della poetessa, si dipanò in modo complesso: il pensatore raguseo stampò le due opere a Venezia nello stesso anno (1581), e lo scandalo che ne sortì obbligò Flora a lasciare Ragusa due anni più tardi. Nel 1584 il Gozze pubblicò - sempre a Venezia - una prima edizione dei suoi Discorsi sopra le Metheore di Aristotele, con una prefazione - datata 15 luglio 1582 - a cura di Maria Gondola: in questa prefazione, la moglie del Gozze difendeva apertamente Flora Zuzzeri, criticando aspramente le malignità dell'alta società ragusea. Le autorità della Repubblica misero quindi al bando i Discorsi, tanto che quando Nicolò Vito di Gozze pubblicò una seconda edizione dell'opera (1585), nella prefazione di Maria Gondola venne censurato tutto il passaggio di cui sopra.

Fra gli altri che scrissero dei versi in onore di Flora, vi furono il suo caro amico Domenico Slatarich, Michele Bona, Marino Battitorre, Domenico Ragnina e Michele Monaldi, quasi tutti - salvo una poesia dello Slatarich in stocavo - in lingua italiana. Nessuna di queste opere però è considerabile di alto livello, purtuttavia rimangono come testimonianza dell'impatto che la figura di Flora Zuzzeri ebbe nei confronti dei letterati del suo tempo.

Renzo de' Vidovich

Renzo de' Vidovich (Zara, 27 febbraio 1934) è un politico e giornalista italiano.

Nato e cresciuto a Zara, parte per l'esilio all'inizio dei massicci bombardamenti della città fatti nel 1943 su richiesta di Tito. Trasferitosi a Trieste è segretario generale della giunta d'intesa studentesca, che assume la responsabilità, nel dopoguerra, d'indire la cosiddetta Rivolta di Trieste, cioè i moti del 5-6 novembre 1953 per il ritorno della città all'Italia, allora occupata dal governo militare anglo-americano.

Su proposta di de' Vidovich appoggiata dalla Lega Nazionale di Trieste, il Governo Berlusconi II assegnerà la medaglia d'oro ai caduti precisando che furono determinanti per il ritorno di Trieste all'Italia.

È caporedattore del giornale "La Zona Franca" che darà luogo al movimento economico nazionale per la zona franca di Trieste.

Nel 1968 è segretario del sindacato CISNAL oggi Unione Generale del Lavoro (UGL) di Trieste, con la quale contesta l'azione sindacale di CGIL, CISL e UIL. Fonda e dirige "La Città", periodico d'informazione. Consigliere comunale di Trieste per un decennio è anche eletto consigliere comunale di Duino-Aurisina dove si batte per la valorizzazione turistica di Sistiana.

Nel 1972 è eletto deputato alla Camera nel collegio di Trieste ed è nominato segretario del gruppo parlamentare Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale. Non è rieletto nel 1976.

Nel 1978 si batte per il rinnovamento del partito, esce dal MSI-DN ed è nella segreteria nazionale di Democrazia Nazionale. Candidato con DN alle politiche del 1979 non è eletto.

Nel settore degli esuli adriatici è prosindaco del Libero Comune di Zara in Esilio - Dalmati Italiani nel Mondo.

Nel 1999 è presidente della federazione degli esuli Istriani, Fiumani e Dalmati. Come presidente della fondazione Rustia-Traine partecipa attivamente alla costituzione delle comunità italiane in Dalmazia: a Zara, Spalato, isola di Lesina e Cattaro. Promuove corsi di lingua e cultura Italiana in Dalmazia e fonda nel 2004 il Centro di Ricerche Culturali Dalmate - Spalato di cui è presidente. Il centro promuove la pubblicazione, in collaborazione con la regione Veneto, di numerosi libri sulla Dalmazia e sul retaggio della Serenissima.

Collabora negli anni '70 con Il Borghese, Candido, settimanale umoristico e Il Secolo d'Italia. Rifonda nel 1996 Il Dalmata, edito dal 1865 e soppresso dall'Austria nel 1916. Scrive numerosi articoli sulla rivista dalmatica e sulla stampa degli italiani in esilio.

Opere:

Dalmazia Regione d'Europa, ed. Libero Comune di Zara in Esilio-Delegazione di Trieste, 1993.

Albo d'oro dei dalmati, ed. Libero Comune di Zara in Esilio-Delegazione di Trieste, 1993.

I Dalmati per Trieste.

L'albo d'Oro di nobili patrizi e nomi illustri nel Regno di Dalmazia, Trieste, ed. Fondazione Rustia Traine, 2004.

Regno di Dalmazia e nazione dalmata, Trieste, ed. Fondazione Rustia Traine, 2007.

Due futuristi due dalla Dalmazia montenegrina, Trieste, ed. Fondazione Rustia Traine, 2008.

Dalmazia Nazione Dizionario degli Uomini Illustri della componente culturale illirico-romana latina veneta e italiana, 2012.




martedì 5 dicembre 2023

Giacomo Moderno da Pinguente

Giacomo Moderno da Pinguente / Jacques Moderne (Pinguente, 1495–1500 – Lione, 1560 circa) è stato un editore musicale italiano attivo in Francia.

Moderno è stato il secondo tipografo a pubblicare musica su larga scala in Francia utilizzando il metodo della singola impressione. Il primo fu Pierre Attaingnant (1494–1551/2) di Parigi, che iniziò a pubblicare i suoi libri di musica nel 1527/8.

Sebbene Moderno sia oggi conosciuto come editore musicale, che costituì una parte importante della sua produzione e quella che gli diede la massima fama, stampò circa un centinaio di libri su diversi temi, come religione, rimedi casalinghi, chiromanzia, ecc.

lunedì 4 dicembre 2023

La politica del presidente americano Woodrow Wilson

La politica del presidente americano Woodrow Wilson durante le lunghe e laboriose trattative per i trattati di pace della prima guerra mondiale fu segnata da una mescolanza di moralismo dottrinario e di faziosa ipocrisia. Wilson dichiarò di voler realizzare i suoi cosiddetti “14 punti”, ma in realtà si servì strumentalmente di questa dichiarazione programmatica per cercare d’imporre un ordine europeo di suo gradimento, anche in pieno contrasto al principio nazionale che egli teoricamente riconosceva.

Dopo aver proclamato che gli stati avrebbero dovuto basarsi sulle linee di nazionalità, accettò senza problemi che s’imponessero confini che non li rispettavano affatto, come avvenne a beneficio della Polonia e della Cecoslovacchia (con l’annessione di regioni in maggioranza tedesche) e della Romania (con l’annessione di territori a maggioranza ungherese).

Il presidente americano tenne un contegno risolutamente ostile verso l’Italia, malgrado questo paese fosse un alleato ed avesse dato un contributo decisivo alla vittoria dell’Intesa, così contribuendo a spingere Inghilterra e Francia alla violazione del trattato solennemente sottoscritto con l’Italia, il cosiddetto patto di Londra, con cui lo stato italiano s’impegnava ad entrare in guerra al loro fianco in cambio dell’assegnazione delle terre irredente del Trentino-Alto Adige, della Venezia Giulia e della Dalmazia.

Wilson s’impuntò rigidamente nel negare all’Italia la Dalmazia, Fiume, parte della Venezia Giulia e questo in contrasto sia al patto di Londra sia allo stesso principio di nazionalità che egli aveva annunciato di voler rispettare.

È significativo della doppiezza wilsoniana che il capo di stato degli USA accusasse l’Italia di volontà imperialistica mentre al contempo tollerava senza problemi che la neonata Jugoslavia sorgesse impadronendosi d’intere regioni in cui gli jugoslavi erano una minoranza o quasi del tutto assenti: la Carinzia meridionale dell’epoca in prevalenza austriaca, il "triangolo magiaro" del Transdanubio meridionale, il Kosovo ed altri territori limitrofi quasi esclusivamente albanesi, territori di confine abitati principalmente da bulgari e greci.

Wilson mai accettò che Fiume, città in cui gli italiani erano di gran lunga maggioritaria, fosse unita al regno d’Italia e pretese che la Dalmazia tutta passasse alla Jugoslavia, anche dove gli italiani erano maggioritari, come nella città di Zara e nelle isole di Lussino, Lissa, Pelagosa e Lagosta. Egli riconosceva la prevalenza dell’elemento etnico italiano in queste ed altre località, ma pretendeva che esse fossero comunque accorpate alla Jugoslavia o tutt’al più divenissero “stati liberi” ma in un regime di unione al regno jugoslavo. Il presidente americano adottò quindi anche nelle trattative di pace per il confine orientale italiano il criterio dei “due pesi e due misure”.

Difatti il piano reale di Woodrow Wilson, al di là delle dichiarazioni di facciata dei “14 punti” era di favorire in ogni modo gli stati dell’Europa orientale, specialmente quelli slavi, anche se questo comportava violare il principio nazionale.

Soltanto con l’uscita di scena del presidente americano fu possibile al governo italiano trovare un accordo con quello jugoslavo, con il trattato di Rapallo del 1920. Il guasto prodotto da Wilson era però ormai irrimediabile, perché Londra e Parigi avevano infranto il trattato preso con l’Italia, modificandolo unilateralmente e respingendo le richieste italiane sulla Dalmazia. Giolitti poté quindi soltanto trovare un compromesso insoddisfacente, che lasciava quasi tutta la regione dalmata alla Jugoslavia, concedendo all’Italia unicamente Zara, Fiume ed alcune isole.

Un grande storico della rivoluzione industriale, David Landes, ha affermato che la storia si fa anche con i se, nel senso che è corretto metodologicamente porsi ipotesi sulle possibilità inespresse del corso storico non per costruire ucronie ma per meglio comprendere quanto è realmente accaduto. 

Ci si può quindi domandare quali siano state le conseguenze dell'operato di Wilson.

Lo storico inglese Eric Hobsbawm ha ritenuto che il presidente americano con le sue azioni sul tavolo di pace abbia concorso a porre le premesse alle posteriori operazioni di pulizia etnica nel Vecchio Continente.

Un altro grande storico, Federico Chabod, ha osservato autorevolmente che un accordo fra Italia e Jugoslavia prima di Rapallo, reso impossibile dalla totale chiusura di Wilson, avrebbe potuto cambiare molto della storia d’Europa. Difatti, il vero e proprio tradimento di Francia ed Inghilterra con la rescissione del trattato di Londra, l’arroganza e la doppiezza americane, l’aggressivo imperialismo jugoslavo che giunse a rivendicare l’annessione di tutta la Dalmazia, la Venezia Giulia e persino di parte del Friuli, infine la perdita dopo anni di travaglio diplomatico del grosso della regione dalmata segnarono in profondità l’opinione pubblica italiana. È impossibile comprendere l’avvento del fascismo e la sua politica estera a prescindere da quella che divenne per gli italiani “la vittoria mutilata”, resa tale per mano di Woodrow Wilson.

Ioannis Kapodistrias "sloveno" di origine

La mancanza di storia e cultura di un Paese gioca davvero brutti scherzi.

Così, a scippare storia e cultura degli altri, cioè, ancora una volta la nostra, ci si è messo due anni fa l'ex Presidente della Repubblica dello Stato finitimo, l’impareggiabile Borut Pahor, durante il suo incontro a Lubiana con la Presidente della Repubblica greca Katerina Sakellaropoulou.

La visita di Stato della Sakellaropoulou, la prima all’estero dal momento del suo insediamento, è iniziata con gli onori militari nella elegante Piazza del Congresso, seguita dallo scambio di onorificenze nel Palazzo presidenziale.

E fin qui tutto bene.

Il tragicomico, invece, è accaduto subito dopo, quando i due Presidenti hanno iniziato il lungo colloquio: accogliendo la sua ospite, Borut Pahor, evidentemente sentendosi poco adeguato, ha pensato (male) di iniziare il suo intervento partendo dalla lunga storia della Slovenia e delle lunghe relazioni culturali con la Grecia.

“Lunghe relazioni culturali con la Grecia”? Lunghe o corte? E quanto corte?

Ed ecco consumato spregiudicatamente lo scippo: Pahor ha menzionato Ioannis Kapodistrias, cioè Giovanni Capodistria, il fondatore della Grecia moderna e suo primo Governatore, sottolineando con fasullo orgoglio niente di meno che la sua “provenienza slovena” per le origini della famiglia, oriunda dalla (nostra però!) città di Capodistria.

Un furto di cultura di Stato in perfetta regola, una mascalzonata storica ufficiale che, purtroppo, ci è ben nota! 

Lo scippo di questo importante personaggio storico di origine istriana - scippo indecoroso paragonabile al furto di Marco Polo che oltre confine è indicato come croato - rappresenta però soltanto l’ultimo tassello: anni fa, infatti, Pahor durante la visita di Stato in Grecia, aveva già usato l’insolenza di scoprire una targa commemorativa in onore dello “sloveno” Giovanni Capodistria.

Vogliamo a questo punto spiegare molto sinteticamente chi fosse veramente Giovanni Capodistria. 

Nato nel 1776 nella città di Corfù, centro principale delle Isole Ionie (a quel tempo Repubblica di Venezia), Giovanni era il sesto figlio del conte Antonio Maria Capodistria e di Diamantina Gonemi. I Capodistria erano iscritti nel Libro d'Oro della nobiltà corfiota fin dal 1679 in virtù di un ascendente che era stato nominato conte da Carlo Emanuele II di Savoia e derivavano il loro nome dall'omonima cittadina istriana, da cui la famiglia (Vittori era il cognome originario) proveniva, mentre i Gonemi (famiglia della madre) erano iscritti nel Libro d'Oro da ancor più lunga data (1606).

Dopo aver studiato medicina, filosofia e giurisprudenza all'università di Padova, all'età di 21 anni, nel 1797, fece ritorno alla sua isola natale per esercitarvi la professione medica, interessandosi però anche di politica ed intraprendendo infine una lunga carriera diplomatica che lo porterà, dopo gli sconvolgimenti causati dal crollo di Venezia, e dalla seguente dominazione francese, prima a diventare plenipotenziario russo e poi a comandare, nel 1807, anno della ribellione di Giannina, le milizie delle Isole Ionie.

Il 18 aprile 1828 l'Assemblea Nazionale Greca, riunita a Nauplia, elesse Capodistria primo presidente (kybernetes) della Grecia, conferendogli un mandato settennale.

Caro ex Presidente Pahor, la storia ed il contesto culturale di Giovanni Capodistria proprio nulla, ma davvero nulla, hanno a che fare con la Slovenia!  

Inventare e millantare, e rubare la roba d’altri, non è di buon auspicio, mai, per un Capo di Stato in particolare!