lunedì 4 dicembre 2023

La politica del presidente americano Woodrow Wilson

La politica del presidente americano Woodrow Wilson durante le lunghe e laboriose trattative per i trattati di pace della prima guerra mondiale fu segnata da una mescolanza di moralismo dottrinario e di faziosa ipocrisia. Wilson dichiarò di voler realizzare i suoi cosiddetti “14 punti”, ma in realtà si servì strumentalmente di questa dichiarazione programmatica per cercare d’imporre un ordine europeo di suo gradimento, anche in pieno contrasto al principio nazionale che egli teoricamente riconosceva.

Dopo aver proclamato che gli stati avrebbero dovuto basarsi sulle linee di nazionalità, accettò senza problemi che s’imponessero confini che non li rispettavano affatto, come avvenne a beneficio della Polonia e della Cecoslovacchia (con l’annessione di regioni in maggioranza tedesche) e della Romania (con l’annessione di territori a maggioranza ungherese).

Il presidente americano tenne un contegno risolutamente ostile verso l’Italia, malgrado questo paese fosse un alleato ed avesse dato un contributo decisivo alla vittoria dell’Intesa, così contribuendo a spingere Inghilterra e Francia alla violazione del trattato solennemente sottoscritto con l’Italia, il cosiddetto patto di Londra, con cui lo stato italiano s’impegnava ad entrare in guerra al loro fianco in cambio dell’assegnazione delle terre irredente del Trentino-Alto Adige, della Venezia Giulia e della Dalmazia.

Wilson s’impuntò rigidamente nel negare all’Italia la Dalmazia, Fiume, parte della Venezia Giulia e questo in contrasto sia al patto di Londra sia allo stesso principio di nazionalità che egli aveva annunciato di voler rispettare.

È significativo della doppiezza wilsoniana che il capo di stato degli USA accusasse l’Italia di volontà imperialistica mentre al contempo tollerava senza problemi che la neonata Jugoslavia sorgesse impadronendosi d’intere regioni in cui gli jugoslavi erano una minoranza o quasi del tutto assenti: la Carinzia meridionale dell’epoca in prevalenza austriaca, il "triangolo magiaro" del Transdanubio meridionale, il Kosovo ed altri territori limitrofi quasi esclusivamente albanesi, territori di confine abitati principalmente da bulgari e greci.

Wilson mai accettò che Fiume, città in cui gli italiani erano di gran lunga maggioritaria, fosse unita al regno d’Italia e pretese che la Dalmazia tutta passasse alla Jugoslavia, anche dove gli italiani erano maggioritari, come nella città di Zara e nelle isole di Lussino, Lissa, Pelagosa e Lagosta. Egli riconosceva la prevalenza dell’elemento etnico italiano in queste ed altre località, ma pretendeva che esse fossero comunque accorpate alla Jugoslavia o tutt’al più divenissero “stati liberi” ma in un regime di unione al regno jugoslavo. Il presidente americano adottò quindi anche nelle trattative di pace per il confine orientale italiano il criterio dei “due pesi e due misure”.

Difatti il piano reale di Woodrow Wilson, al di là delle dichiarazioni di facciata dei “14 punti” era di favorire in ogni modo gli stati dell’Europa orientale, specialmente quelli slavi, anche se questo comportava violare il principio nazionale.

Soltanto con l’uscita di scena del presidente americano fu possibile al governo italiano trovare un accordo con quello jugoslavo, con il trattato di Rapallo del 1920. Il guasto prodotto da Wilson era però ormai irrimediabile, perché Londra e Parigi avevano infranto il trattato preso con l’Italia, modificandolo unilateralmente e respingendo le richieste italiane sulla Dalmazia. Giolitti poté quindi soltanto trovare un compromesso insoddisfacente, che lasciava quasi tutta la regione dalmata alla Jugoslavia, concedendo all’Italia unicamente Zara, Fiume ed alcune isole.

Un grande storico della rivoluzione industriale, David Landes, ha affermato che la storia si fa anche con i se, nel senso che è corretto metodologicamente porsi ipotesi sulle possibilità inespresse del corso storico non per costruire ucronie ma per meglio comprendere quanto è realmente accaduto. 

Ci si può quindi domandare quali siano state le conseguenze dell'operato di Wilson.

Lo storico inglese Eric Hobsbawm ha ritenuto che il presidente americano con le sue azioni sul tavolo di pace abbia concorso a porre le premesse alle posteriori operazioni di pulizia etnica nel Vecchio Continente.

Un altro grande storico, Federico Chabod, ha osservato autorevolmente che un accordo fra Italia e Jugoslavia prima di Rapallo, reso impossibile dalla totale chiusura di Wilson, avrebbe potuto cambiare molto della storia d’Europa. Difatti, il vero e proprio tradimento di Francia ed Inghilterra con la rescissione del trattato di Londra, l’arroganza e la doppiezza americane, l’aggressivo imperialismo jugoslavo che giunse a rivendicare l’annessione di tutta la Dalmazia, la Venezia Giulia e persino di parte del Friuli, infine la perdita dopo anni di travaglio diplomatico del grosso della regione dalmata segnarono in profondità l’opinione pubblica italiana. È impossibile comprendere l’avvento del fascismo e la sua politica estera a prescindere da quella che divenne per gli italiani “la vittoria mutilata”, resa tale per mano di Woodrow Wilson.

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