domenica 5 ottobre 2025

Antonio Gandusio

Antonio Gandusio (Rovigno d'Istria, 29 luglio 1872 – Milano, 23 maggio 1951) è stato un attore italiano.

Gandusio fu uno dei più famosi attori brillanti del teatro novecentesco. Si avviò agli studi di Giurisprudenza spinto dal padre, avvocato, e conseguì la laurea studiando prima a Genova e poi a Roma, dove coltivò la sua passione per la recitazione che lo spinse a studiare presso una filodrammatica e, successivamente, a trovare scritture presso alcune delle più rinomate compagnie teatrali dell'epoca.

Nel 1899 ottenne un ingaggio con Alfredo De Sanctis e, successivamente, iniziò lunghe collaborazioni con le compagnie di Irma Gramatica, Flavio Andò, Evelina Paoli, Lyda Borelli, Ugo Piperno, Virgilio Talli, Maria Melato e Annibale Betrone, ottenendo la possibilità di lavorare con attori del calibro di Tina Di Lorenzo, Sergio Tofano e Uberto Palmarini.

Le sue caratteristiche fisiche (voce sgraziata, una lieve gibbosità, viso irregolare) lo resero adatto al ruolo di brillante.

Sulla scia della tradizione di irredentismo della sua famiglia, che aveva storicamente fornito capitani alla Repubblica di Venezia, nel 1915 venne condannato a morte dal tribunale militare austriaco, perché si rifiutò di arruolarsi nell'esercito dopo lo scoppio della prima guerra mondiale.

Nel 1918 divenne capocomico, portando in scena un repertorio basato principalmente di pochade e farse: tra i vari allestimenti, però, sono da ricordare anche quelli dei drammi di Luigi Pirandello, di cui Gandusio fu sensibile interprete. L'attività capocomicale lo spinse a farsi interprete di parte della nuova drammaturgia italiana rappresentata dall'opera di Luigi Chiarelli e Luigi Pirandello. Nella sua attività di capocomico, ebbe l'opportunità di dirigere attori quali Paolo Stoppa, Nico Pepe e Nando Gazzolo.

Morì poco prima di effettuare alcune registrazioni teleteatrali per la RAI.

Nella sua città natale, Rovigno, il teatro cittadino prende il suo nome.

Giovanni Capodistria (Vittori)

Giovanni Antonio Capodistria (Corfù, 11 febbraio 1776 – Nauplia, 27 settembre 1831), è stato un politico e diplomatico corfiota di origini italiane, nato durante l'amministrazione veneziana, poi politico della Repubblica delle Sette Isole Unite, quindi diplomatico dell'Impero russo e infine primo capo di Stato della Grecia indipendente.

Giovanni Capodistria nacque nella città di Corfù veneziana, il centro principale delle Isole Ionie ed era il sesto figlio del conte Antonio Maria Capodistria e di Diamantina Gonemi. I Capodistria erano iscritti nel Libro d'Oro della nobiltà corfiota fin dal 1679 in virtù di un ascendente che era stato nominato conte da Carlo Emanuele II di Savoia e derivavano il loro nome dall'omonima cittadina istriana da cui la famiglia (Vittori era il cognome originario) proveniva, mentre i Gonemi (famiglia della madre) erano iscritti nel Libro d'Oro da ancor più lunga data (1606).

Godette dell'educazione e dei mezzi riservati all'élite dell'epoca e poté studiare medicina, filosofia e giurisprudenza all'università di Padova. Frequentando i salotti veneziani, incontrò Isabella Teotochi e Ugo Foscolo. Nel dicembre del 1795 entrò all’Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova. Nel 1797 conseguì la laurea in filosofia e medicina.

In seguito all’occupazione francese delle isole Ionie e alla confisca dei beni di famiglia, rientrò a Corfù ed esercitò la professione medica. 

Nel marzo 1802, Capodistria aveva fondato il Collegio Medico a Corfù, un’associazione medica (la prima del suo genere in Grecia). Come membro del governo, intraprende iniziative per istituire un sistema di istruzione pubblica – fino a quel momento praticamente inesistente – e nel 1805 fonda l’Archiginnasio.

Mentre era a Vienna come membro della delegazione russa al Congresso del 1814-15 venne informato della fondazione di una “Società Filomusa” ad Atene con lo scopo di promuovere la conservazione delle antichità, ma anche di far progredire l’educazione dei giovani greci; la società ha ricevuto il sostegno diretto di diplomatici e filelleni britannici. Capodistria decise di fondare una Società Filomusa a Vienna, con lo scopo principale di aiutare i giovani greci a perseguire una “educazione europea”, e lo zar la sostenne come mezzo per contrastare l’influenza britannica nei Balcani.

Una delle sue prime priorità come governatore è stata l’istituzione della prima Banca nazionale greca. Nell’aprile 1828 firmò un decreto che autorizzava il conio della fenice, la prima moneta nazionale della Grecia moderna. Fondò anche la prima tipografia sull’isola di Egina (allora capitale provvisoria della Grecia) e il primo Museo Archeologico (museo archeologico di Egina). Nel 1829 Nauplia divenne la capitale della Grecia. A Nauplia fu fondata anche la Scuola militare degli Evelpidi.

Ha assunto il compito della ricostruzione delle città devastate e di un’economia in declino. Ha posto le basi per i primi sistemi di istruzione e di stato sociale, fondando scuole di monitoraggio (cioè scuole che impiegano il “sistema di istruzione reciproca”), scuole di artigianato e il primo orfanotrofio organizzato del Paese. Ha anche fondato la prima fattoria modello e la scuola di agricoltura, vicino alla città di Nauplia. Ha mostrato particolare interesse nella promozione dell’agricoltura e ha anche sostenuto la navigazione e la costruzione di cantieri navali sulle isole.

Ha anche posto le basi per un sistema giudiziario e di pubblica amministrazione, introducendo un codice di procedura civile e un insieme di leggi, istituendo tribunali di primo grado nelle sedi delle prefetture, tribunali locali nelle città e tribunali d’appello. Nonostante i suoi sforzi, non è stato in grado di garantire prestiti da banche estere; ha tuttavia ricevuto appoggi e aiuti finanziari da governi stranieri, in particolare Russia e Francia. Ha anche usato la sua fortuna personale per contribuire finanziariamente alle molte esigenze dello stato greco, rifiutandosi anche di ricevere alcun salario come governatore.

Il 9 ottobre 1831 venne assassinato da due membri della famiglia Mavromichalis, una famiglia grande e potente che ha agito come governante (bey) della penisola semi-autonoma di Mani nel Peloponneso. La famiglia si rifiutò di cedere i propri privilegi e le proprie autorità al governo centrale e nel 1830 incitò un’aperta ribellione a Mani contro Capodistria. Alcuni di loro furono arrestati e messi in prigione, il che alimentò ulteriormente la loro animosità che portò all'assassinio di Capodistria.

A lui è intitolata l’Università di Atene.

sabato 4 ottobre 2025

Tullio Vallery

Tullio Vallery (Zara, 21 settembre 1923 – Venezia, 28 dicembre 2019) è stato un ex Assessore e “Senatore a vita” nonché Commendatore al merito della Repubblica.

Nato a Zara nel settembre del 1923, durante la sua vita è stato uno dei più importanti rappresentanti dei Dalmati e di tutto l’ambito riguardante l’esilio giuliano e dalmata del dopoguerra.

Insieme a numerosissimi italiani di Zara, fu costretto a lasciare la propria città e si stabilì con la famiglia, nel giugno del 1949, a Venezia nel Centro Raccolta Profughi “Marco Foscarini”, dove, con grande spirito di iniziativa, si dedicò a migliorare le condizioni di vita degli esuli. Negli anni Cinquanta fu istituita l’Associazione Libero Comune di Zara in Esilio e nel 1963 ne venne eletto assessore e dal 2006 Senatore a vita. Tra gli anni 60, 70 e 80 organizzò a Venezia grandi Raduni Nazionali dei Dalmati.

Nel 1954 viene eletto Cancelliere della Scuola Dalmata dei S.S. Giorgio e Trifone. Nel 1992 viene eletto Guardian Grande, ruolo che ricoprì orgogliosamente fino al 2013. In quegli anni creò e diresse la “Collana di ricerche storiche Jolanda Maria Trèveri” che ancora oggi viene pubblicata.

Tullio Vallery scrive così nel suo libro “La Liberazione di Zara distrutta. 1943-1948”:

Ma Zara è rimasta italiana e lo sarà sempre nel cuore dei suoi cittadini, ovunque essi siano. L’attuale Zadar è un’altra città.

È vero, ci sono ancora le chiese in cui siamo stati battezzati, il mare è rimasto più o meno lo stesso ed il famoso raggio verde si può ancora ammirare al tramonto, ma non c’è più, nè ci può essere, quella particolare atmosfera che abbiamo respirato nella nostra infanzia”.

Diego Zandel

Diego Zandel (Fermo, 5 aprile 1948) è uno scrittore italiano.

Nasce nell'ospedale di Fermo, nelle Marche, dal momento che la sua famiglia, originaria di Fiume, è ospite nel vicino campo profughi di Servigliano, che raccoglie gli esuli italiani dell'Istria, Fiume e Dalmazia in fuga dalla Jugoslavia. Questa origine avrà molta rilevanza nei suoi libri, compresi quelli di genere thriller. Anche la Grecia, in particolare l'isola di Coo (detta anche Cos o Kos), della quale era originaria la famiglia di sua moglie Anna, scomparsa nel 2012, entrerà nella sua narrativa per il suo portato storico e geopolitico, per il suo essere appartenuta nei secoli, come tutte le isole del Dodecaneso, a diversi Stati.  

Tutta la produzione narrativa di Zandel appare, comunque, spesso collegata a esperienze autobiografiche, o a echi e risvolti di tali esperienze, in forma diretta (come in "Una storia istriana", considerato il suo capolavoro, dove racconta una tragica vicenda famigliare accaduta in Istria all'inizio degli anni Quaranta) o più lontana, con agganci anche a particolari momenti storici, come gli anni di piombo (il romanzo "Massacro per un presidente"), la guerra nella ex Jugoslavia ("I confini dell'odio"), la guerra nell'Egeo ("Il fratello greco") oppure le foibe e l'esodo istrofiumano ("I testimoni muti" e, più recentemente, "Eredità colpevole").Più in generale, vale per Zandel quanto scritto da Elvio Guagnini, professore emerito di letteratura all'Università di Trieste, in merito al romanzo L'uomo di Kos: "Zandel sa coniugare gli “slarghi” delle descrizioni e dell'analisi con il ritmo sempre sostenuto di un racconto ricco di momenti di sospensione e di colpi di scena. Usa con intelligenza i trucchi del genere (dei generi) ai quali fa riferimento. Usa con altrettanta intelligenza anche la seduzione del paesaggio e dell'ambiente, per tenere avvinto il lettore. E, accanto a tratti “di consumo” usati con intelligenza (ma sappiamo che non tutta la letteratura detta di consumo è necessariamente “di consumo”), sa intrecciare una storia d'azione a un romanzo di analisi. Non è poco." Un'analisi che vale un po' per tutti i suoi romanzi, in cui il gusto del mistero, della memoria e dell'avventura s'intrecciano incisivamente agli eventi della piccola e della grande storia.

Nel 2023 gli è stato conferito il Premio Tomizza come "personalità che nel tempo si è distinta nell'affermazione concreta degli ideali di mutua comprensione e pacifica convivenza tra le genti delle nostre terre".

Fratelli Vojak

Antonio Vojak (Pola, 19 novembre 1904 – Varese, 9 maggio 1975) è stato un calciatore e allenatore di calcio italiano, di ruolo centrocampista o attaccante.

Grande mezz’ala della Juventus negli anni venti, è acquistato dal Napoli nel 1929 a 25 anni. In sei stagioni con la casacca azzurra, Vojak disputa 189 partite, siglando 102 reti.

Nella stagione 1932/33, Vojak sigla 22 reti, uguagliando il record di Attila Sallustro (compagno di reparto) quale miglior realizzatore azzurro in una stagione. Lascia il Napoli a 31 anni, e rimarrà sempre nella storia del Napoli come colui che oltre che segnare, giocava con una retina sulla testa per trattenere i capelli.

Per 78 anni ha detenuto il record di gol in un solo campionato in tutta la storia della società (22 gol) ed è uno dei calciatori  che hanno segnato di più in serie A con la maglia azzurra: 102 gol in 189 gare disputate.


Oliviero Vojak (Pola, 24 marzo 1911 – Torino, 21 dicembre 1932) è stato un calciatore italiano, di ruolo attaccante. 

Fratello minore del ben più celebre Antonio, veniva conosciuto in campo come Vojak II. Cresce calcisticamente a Pola, poi dopo una stagione nella Pro Gorizia, approda alla Juventus, che lo fa debuttare a meno di 17 anni in prima squadra. Dopo aver giocato 9 gare ufficiali dal 1927 al 1931, viene ceduto al Napoli, dove disputa ancora una stagione. 

Muore appena ventunenne a causa di una polmonite, il suo feretro viene portato a spalle dall’intera squadra della Juventus, con la quale Vojak II ha potuto fregiarsi del titolo di campione d’Italia per il campionato 1930/31.

Guido Miglia

Guido Miglia, scrittore e giornalista, è nato a Pola nel 1919. Laureatosi nel 1942 in materie letterarie, discutendo con Carlo Bo una tesi su Cervantes, ha diretto nella sua città il quotidiano del C.L.N. "L'Arena di Pola", dalla fondazione (luglio 1945) alla firma del Trattato di Pace (febbraio 1947), quando fu perduta l'Istria.

Dopo l'esodo ha ripreso l'insegnamento. Nel 1954 ha fondato la rivista "Trieste", che ha diretto fino al 1959. Dal 1960 ha scritto racconti istriani per la Rai, sede di Trieste, e per la Rai ha curato una rubrica mensile intitolata "Anni che contano: colloqui con i giovani". Dal 1968 per il quotidiano "Il Piccolo" di Trieste ha scritto elzeviri sul mondo istriano e sui problemi dei giovani e della scuola.
Il suo primo libro di racconti "Bozzetti istriani", uscito nel 1968, ha avuto la medaglia d'oro del Premio Settembrini di Venezia da una giuria composta da Aldo Palazzeschi, Dino Buzzati, Ugo Facco de Lagarda, Diego Valeri.
Per il volume "Quassù Trieste", esito da Cappelli nel 1968 a cura di Libero Mazzi, ha scritto il capitolo "Le due Istrie".
Nel 1969 ha pubblicato un secondo libro di racconti: "Le nostre radici".
Nel 1973 è uscito "Dentro l'Istria - diario 1945-47".

Dal 1987 ha condotto in direta ogni giorno "Voci e volti dell'Istria", una rubrica della Rai, sede di Trieste.

È stato ordinario di lettere italiane e storia dell'Istituto Geometri di Udine e nell'Istituto Tecnico Femminile di Trieste.

Nel 1990 è uscito un altro libro di racconti "Istria - I sentieri della memoria ", edito dall'Unione degli Istriani.

Luigi De Manincor

Luigi De Manincor (Rovigno, 14 luglio 1910 – Varazze, 13 febbraio 1986) è stato un velista italiano. Partecipò alle olimpiadi di Berlino del 1936 ed in qualità di timoniere conquistò, con l'imbarcazione di otto metri "Italia", per i colori nazionali la medaglia d'oro di vela nel campo di regate di Kiel.

Nato a Rovigno nel 1918, a otto anni si trasferì a Trieste, seguendo il padre Arturo, funzionario di fiducia dell'ammiraglio Millo, comandante dell'Alto Adriatico, che era stato nominato ispettore alla Capitaneria di porto di Trieste.

Si diplomò all'istituto nautico triestino, raggiungendo nella nostra marina da guerra il grado di capitano di corvetta. Il suo carniere di allori olimpici avrebbe potuto essere più pingue se la guerra non avesse impedito lo svolgimento delle olimpiadi del '40 e '44, infatti alle prime olimpiadi del dopoguerra quelle del '48 svoltesi a Londra, nel campo di regata di Torquay, nella classe Dragoni si classificò quarto con l'imbarcazione "Ausonia".

In seguito venne chiamato a Genova per dirigere il cantiere navale di Baglietto, in cui si costruivano celebri imbarcazioni da regata. Divenne inoltre skipper del finanziere Italo Monzino, guidando il suo Mait nella regata Buenos Aires-Rio de Janeiro. Fu inoltre comandante del grande yacth a motore, di proprietà del Monzino, con cui effettuò varie crociere, prediligendo sempre il mare di casa, l'Adriatico, facendo più volte scalo nella natia Rovigno.

Nel 1993 nel cimitero di Rovigno, al di sopra della tomba di famiglia, è stata apposta la seguente lapide:

IN MEMORIAM

COM.TE LUIGI de MANINCOR

1910-1986

MED. ORO VELA - OLIMPIADI

BERLINO 1936

QUARTO OLIMPIADI LONDRA 1948

I ROVIGNESI NEL MONDO 1993