Con queste parole uno dei più costanti italiani, Luigi Settembrini, facevasi interprete di un fatto storico e di un sentimento nazionale. Con questo parole messe innanzi al suo Corso di letteratura ei voleva dire alla nuova generazione: — io non posso separare le lettere patrie dalla vita e dalle aspirazioni nazionali e non so morire senza significarti che il tuo dovere è compiere l'unità, cominciare la libertà.
Il principe di Metternich, che disse l'Italia un'espressione geografica, avrebbe di gran cuore detto dell'Austria le medesime parole. È appunto l'assoluta mancanza di questa espressione che rende l'Austria un'anacronismo tra l'Impero Germanico e le nazioni neolatine, e la spinge a compensarsi in oriente delle inevitabili perdite in occidente e a dissimularsi ogni giorno che moltiplicando le invasioni, raddoppia i vecchi errori e sosta il problema già risoluto del diritto di nazionalità.
Come il capo di Ugolino, rode quello dell'arcivescovo Ruggieri, e sono due condannati, così l'Austria rode la Turchia e sono due stati impossibili innanzi al nuovo diritto pubblico.
Codesto nuovo diritto movesi per due momenti: proclamazione del diritto di nazionalità, proclamazione del diritto di libertà. II primo compie le nazioni, il secondo I'uomo.
La proclamazione e la traduzione in atto del primo di questi principii costituisce la nuova missione, la vita nuova dell'Italia e la negazione dell'Austria. Sono due Stati finitimi e profondamente divisi meno dalle Alpi che da tutta la civiltà moderna.
Quindi I'odio. — Quando in mano dell'Austriaco noi spezziamo il bastone, esso ricorre all'ingiuria, se è giornalista; all'insidia, se è diplomatico. La pubblicazione del colonnello Haymerle è un'insidia.
Queste pubblicazioni oggi specialmente nè divertono l'indirizzo de' fatti, delle aspirazioni e de' bisogni, nè lo indugiano di un'ora. L'Europa sa che la lotta tra la Germania e la Francia, tra la Russia e la Turchia, tra I'Austria e gli Slavi del Sud non sono che applicazioni più o meno modificate di quella più antica, più precisa, più insistente e implacabile, che fu e sarà tra I'Italia e l'Austria, le due nazioni che oggi rappresentano l'antitesi nella vita europea — L'Europa sa che attentare all'Italia è negare il fondamento di fatto di tutto il nuovo diritto pubblico, è rifare il papato temporale, è un diffondere da' monti Urali all'Atlantico l'oligarchia nera, un tirare la storia verso il sillabo- — e che progredire implica prima spostare, poi cancellare l'Austria. — Sa infine che I'Austria, priva di ogni fondamento etnografico, di ogni determinazione geografica, e di quell'organismo etico che fa gli Stati moderni, è semplicemente una successione di trattati, cioè una espressione diplomatica.
Ed ecco ridotta ai giusti termini la differenza tra l'Italia e l'Austria innanzi alla civiltà: 一 L'Italia è un'espressione geografica; l'Austria è un'espressione diplomatica.
La prima formula è la proposta di un austriaco, e noi l'accettiamo; la seconda è la risposta di un Italiano, e l'Austria l'accetti. L'una e l'altra chiariscono all'Europa quale è il diritto signorile e quale il diritto nazionale; dove lo Stato senza nazione, e dove lo Stato nella nazione; dove il vivere per meccanismo diplomatico, e dove per organismo etico; dove il covo invisibile della reazione europea, e dove la scintilla della civiltà nuova; dove in ultimo l'odio che folleggia o insidia, dove la ragione che aiuta ogni progresso civile e lima da venti anni i due becchi dell'aquila nordica.
L'Austria, come semplice espressione diplomatica, può andare dall'Occidente all'Oriente, dalI'Europa in Asia, in America, in terre ignote;
L'Italia resta dov'è, nello spazio naturale che il mar circonda e l'Alpe.
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