lunedì 24 giugno 2024

Bajamonti

BAJAMOΝΤΙ

«Dolce color d'oriental zaffiro..

La musica di questo verso mi fa sempre sorgere dinanzi agli occhi la terra diletta, la Dalmazia azzurra, cerula nel mare, nel cielo, nella santa bandiera dai leopardi, incoronata di martirio, e perciò stesso incoronata di vittoria, poiché, come nel seme nudo sta il fiore, così la vittoria sta nel martirio: non le disse Goffredo Mameli? Nell'essere pronti a morire è la vittoria.

E chi, come i Dalmati, ha saputo morire? Non soltanto sui campi delle nostre battaglie, non soltanto sulla forca d'Asburgo, ma nella vita dura, morendo giornalmente ad ogni gioia, ad ogni speranza, giornalmente risurgendo nell'indomita fede.

Nella terra azzurra nacque, per combattere la santa battaglia, l'uomo che amiamo, celebrandolo con l'affetto di figli orbati del padre, con la devozione di discepoli umili, i quali cercano seguire sulla via aspra la lontana visione luminosa che posa nel giusto, ed a l'alto mira, e s'irradia ne l'ideale.

Egli era piccolo di statura, ed esile, come Mazzini; i suoi penetranti occhi chiari si fissavano sulla meta, attraverso tutti gli ostacoli; la sua voce limpida e calda, che s'udiva lontano, chiamava a raccolta, la grande sua anima sfolgorante infiammava le anime intorno, finché dallo spirito incandescente balzavano la fede, e la volontà vittoriosa.

Infinito è il rimpianto di chi non l'ha potuto conoscere, di chi non ha potuto condividere quella sua magnifica vita dolorosa, lottando e soffrendo con lui nella città che egli curava ed abbelliva con tanta passione: la sua e la nostra Spalato.

Ah, se si avesse potuto incontrarlo, l'uomo il quale nella grandezza del genio sapeva serbare le qualità profonde che sono l'essenza dell'anima: la bontà inesausta, la rettitudine inflessibile!

Incontrarlo, parlargli nel dolce dialetta veneto ch'ei sempre usava, vedere il suo sguardo illuminarsi dietro gli occhiali, suscitare il suo sorriso, e volgersi a guardarlo ancora, mentre si allontanava lungo la Marina, col suo passo nervoso, o si fermava per accarezzare qualche fanciullo accorrente a salutarlo, «el nostro podestà».

Per consolare il rimpianto, si sfoglia con passione ogni libro che dice di lui, ognuna delle lettere, ognuno dei discorsi mirabili; e in mezzo alla polemica, in mezzo al ragionamento serrato, in mezzo alla calzante ironia, simile a un riso d'arcobaleno sopra un cielo tempestoso, si rivela l'anima limpida, fierissima e suave del grande Italiano.

Eccone alcuni, dei suoi pensieri; il rileggerli è un innalzarsi: 

«La sventura in animi forti è scintilla di bene».


«In un momento, in cui la mia povera patria è colpita dalla massima delle sventure, e cade vittima di una lotta impari e altamente immorale, io non credo opera di patria carità sollevare il velo di piaghe e dolori che sanguinano crudamente; io non credo di poter trovare conforto all'amarezza che lacera l'animo mio colla narrazione delle improntitudini e degli errori altrui; io non credo, in poche parole, di dover aggiungere dolore a dolore».

«Se vogliamo combatierci, facciamolo pure da leali avversarii, ma non lediamo la lealtà, non offendiamo la giustizia, e — sopratutto — non calpestiamo l'onore».

«Leale anzi tutto: è alla stima degli onesti ch'io unicamente aspiro».

«La verità, se par dura talvolta, giova a conforto dei buoni, a rimprovero de' malvagi».

«Qualunque individualità, per splendida che fosse, dovrebbe scamparire assolutamente dinanzi al bene della patria».

«La religione, questo raggio di luce, questa stella polare dell'uomo, savestita da ogni materialismo, che insozza lo spirito».

«La sventura purifica l'uomo».

«Nessuna gioia, solo dolore e vanto dà l'appartenere al partito italiano in Dalmazia».

«Gridiamo senza posa di tra i sassi che ci sono scagliati da tutte le parti, poiché altro non possiamo fare. Qualcuno raccoglierà il nostro grido».

«A noi, Italiani della Dalmazia, non rimane che un solo diritto, quello di soffrire».

«Ovunque si possa si deve agire; il non farlo, più che un errore «sarebbe una colpa».

Sia Egli vicino a noi tutti, spirito tutelare, ma specialmente vicino ai suoi Dalmati esuli — esuli sempre, se in Italia dalla Dalmazia, se in Dalmazia dall'Italia; — ed egli ci ispiri la forza costante, la costantissima fede, l'amore vittorioso del tempo e della morte, l'Amore che ci ricondurrà laggiù dov'è il cuore lacerato d'Italia, nella terra santa bagnata dal sangue di Francesco Rismondo.

MARIA ELENA CASELLA

Agosto, 1922.