venerdì 8 dicembre 2023

Un angolo di Firenze in Dalmazia: Giorgio Dalmatico e la cattedrale di Sebenico

In questo contributo vorremmo esaudire almeno in parte la curiosità di quei lettori di lingua italiana interessati a conoscere meglio San Giacomo a Sebenico. Protagonista assoluto dell'impresa fu Giorgio Dalmatico, altrimenti noto Giorgio Orsini e Giorgio da Sebenico. In realtà dovremmo dirlo "da Zara", dove nacque prima del 1420. Il padre Matteo era attivo. laggiù come lapicida presso l'erigenda cattedrale e apparteneva a una nobile famiglia di ascendenza romana. L'uso del cognome Orsini, tuttavia, risale al figlio di Giorgio, Paolo, e non fu mai usato dall'artista. Le auguste visioni delle rovine di Spalato e del locale passato romano stimolarono una mente lucida e aperta, presto toccata e in maniera decisiva da giovanili esperienze in ambito peninsulare: a un praticantato veneziano nella bottega dei fratelli Bon, di cui rimarrebbero cospicui. ricordi nella Porta della Carta e nell'ala meridionale di Palazzo Ducale (1435-40), si sommerebbero dei contatti con Filippo Brunelleschi a Firenze. Scambi che sarebbero plausibili se la testimonianza dello storiografo Giorgio Vasari (1568) è nel giusto quando addita un certo «Schiavone che fece assai cose in Venegia» tra gli allievi del sommo architetto fiorentino. L'astro di Giorgio comincia però a splendere davvero nel 1441, quando viene nominato 'capomastro' della cattedrale di Sebenico, decennale cantiere fino allora diretto da Pier Paolo e Antonio Dalle Masegne, allontanato per incompetenza e sperpero di denaro pubblico.

Giorgio si rivelerà l'uomo giusto al momento giusto nel posto giusto: l'edificio, realizzato in altezza fino alla cornice ogivale dei muri perimetrali, imboccherà sentieri d'inaspettato respiro. monumentale, a partire dalla conversione della planimetria una basilica trinavata, priva di transetto e di proporzioni piuttosto limitate in un congegno architettonico che raggiunge la massima esuberanza nell'articolazione dei volumi tra i nuovi bracci trasversali non aggettanti e la cupola di crociera: Ma non solo: l'architetto optò per l'allungamento delle navate e l'innalzamento della quota del coro onde veicolare un maggiore effetto prospettico; avviò la costruzione dei matronei e degli archi ogivali nelle navate laterali, tributò inoltre particolare attenzione all'abside, che fiori in una triplice testata semicircolare entro il 1443, sontuosa nell'ornato quasi quanto la stessa facciata per l'orientamento nella compagine urbana, saggiamente tenuta in considerazione. L'innesto di un nuovo vocabolario si evince anche dalle originali soluzioni riservate all'apparato esornativo, trattato dai predecessori con rigoglio di forme ma senza sentimento, come attestano il Giudizio Universale del portale maggiore e i leoni stilofori coi Progenitori della porta settentrionale, memori degli equivalenti di Traů.

Di inusitato tenore sono invece le ideazioni di Giorgio, come il fregio absidale di angeli e la cornice a doppio fogliame che percorre la navata centrale. Sopra ogni altro ornamento spicca però la teoria di 72 teste a tutto tondo che all'esterno dispiega, lungo la zoccolatura, una rivista della variegata umanità osservata fra le vie della Sebenico di allora: vecchi, donne e bambini rotondetti, turchi, tartari e greci, o ancora, pirati, guerrieri, mercanti e, forse, qualche collaboratore, in un mosaico di fisionomie e caratteri che riverbera il dettato della migliore scultura fiorentina di Donatello. Realizzati anche il battistero e la sacrestia, l'architetto morì in stato di agiatezza nel 1473, lasciando un modello in gesso quale traccia per il completamento dei lavori. Il successore Niccolò Cócari, già attivo presso il duomo di Traù ma proveniente da Firenze e noto pertanto come Niccolò Fiorentino, ne seguì gli indizi con plausibile fedeltà, completando la copertura della nave maggiore e della cupola tra 1473 e 1505.

Uno strano destino accomuna dunque le due sponde dell'Adriatico rinascimentale: come Bramante a San Pietro, Giorgio lascia quattro pilastri di crociera che già vagheggiano il trionfale coronamento della cupola; come Brunelleschi, Giorgio e Niccolò raccolgono e vincono la sfida statica rappresentata da una volta a ombrello di complessa costruzione. Così, se a Firenze splendeva il sole del Rinascimento, a Sebenico sorse una luna capace di raccoglierne la luce per irradiarla con l'albedo della sua fase più fulgida.

Sebenico, cattedrale di San Giacomo (1431-1536)


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