Italo Svevo, pseudonimo di Aron Hector Schmitz (Trieste, 19 dicembre 1861 – Motta di Livenza, 13 settembre 1928), è stato uno scrittore e drammaturgo italiano.
L'uomo dovrebbe poter vivere due vite: una per sé e l'altra per gli altri. La riflessione di Svevo, attribuita al protagonista del suo primo romanzo, denunciava in pieno la tensione tra l'amore per la letteratura e la necessità di continuare la propria attività professionale nel mondo degli affari. Nel corso della sua esistenza, infatti, lo scrittore triestino aveva dovuto mettere in secondo piano il proprio impegno artistico, ottenendo il giusto riconoscimento in campo letterario solamente negli ultimi anni di vita, anche grazie all'apostolato dell'amico James Joyce. Se l'appartenenza di Svevo e della sua Trieste a un'area di frontiera, dall'origine ebraica della famiglia, è conosciuta ai più, vì è minore consapevolezza per quanto riguarda l'impegno dello scrittore giuliano (e della famiglia. della moglie, Livia Veneziani) in favore della causa italiana. A cominciare dalla collaborazione con il giornale irredentista, dalle tinte socialiste, «L'Indipendente», che Svevo arrivò a redigere segretamente quando la polizia austro-ungarica ne aveva arrestato i principali esponenti. Quando la coppia Schmitz-Veneziani diede alla luce Letizia, il 20 settembre 1897, i coniugi scelsero come terzo nome quello di "Pia", omaggiando cosi la ricorrenza della presa di Roma. La scelta onomastica, chiaramente, non esaurì l'impegno di Svevo in favore del ricongiungimento di Trieste all'Italia, Egli ebbe infatti incarichi di responsabilità all'interno della Lega Nazionale e della celebre Società Ginnastica. Fu inoltre vicino a patrioti del calibro di Attilio Hortis e significativamente all'interno dell'attuale piazza Hortis è stata eretta la caratteristica statua dello scrittore triestino. Non solo: Svevo fu presente nel 1895 al funerale dell'irredentista goriziano Enrico Juretig, passato non indenne dalle prigioni asburgiche. La stessa famiglia Veneziani aveva dato un grande contributo al processo d'indipendenza italiano. Tra i propri zii, Livia, la moglie di Svevo, annoverava due volontari garibaldini (Carlo ed Enrico, rispettivamente presenti nella campagna meridionale del 1860 e nella fallita campagna contro lo Stato Pontificio del 1867). Un loro fratello, Edoardo, era stato invece tra i compagni di Guglielmo Oberdan. Altri parenti impegnati per la causa italiana furono due Venezian, entrambi di nome Giacomo, L'uno caduto al Vascello durante la difesa della Repubblica Romana del 1849, e il secondo, volontario durante il primo conflitto mondiale. Una menzione particolare, inoltre, merita l'irredentista Felice Venezian, sostenitore del ricongiungimento di Trieste e dell'Istria all'Italia.
Sin dall'inizio dell'ingresso italiano nella Grande Guerra, i coniugi avevano segretamente conservato un tricolore. Svevo, del resto, restava un "sorvegliato speciale" della polizia asburgica. Il 30 ottobre 1918, giorno dell'insurrezione di Trieste, la bandiera poté finalmente essere inalberata sopra Villa Veneziani, preludio al ricongiungimento al nostro Paese della città giuliana. Il destino, purtroppo, sarebbe stato drammatico per i discendenti di Livia e Svevo (deceduto nel 1928). I tre figli di Letizia e del marito Antonio Fonda Savio, infatti, sarebbero tutti morti nel corso dell'ultimo conflitto mondiale Piero e Paolo, spenti nel marzo 1943, dopo essere stati fatti prigionieri dai sovietici e Sergio ucciso dai tedeschi durante i combattimenti di Trieste del maggio 1945. Villa Veneziani, dove per decenni si era lietamente svolta la vita dei coniugi, era stata invece distrutta dalle bombe nel febbraio di quello stesso anno. Cessava così definitivamente tutto un mondo ritratto dalle prose di Svevo. La stessa città natale avrebbe dovuto attendere qualche anno per poter tornare nella compagine nazionale, ma gli spunti delle opere dello scrittore rimasero più che attuali: basti rileggere il finale de "La coscienza di Zeno".
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