L'ornamento che richiama il simbolo del santo a cui è dedicata anche la chiesa genovese, non è però stato concepito per essere apposto sul muro di quella basilica. La sua natura è in realtà più lontana nel tempo e anche nello spazio. Una raffigurazione dal valore storico inestimabile che riporta la mente dell'osservatore al conflitto navale intercorso fra Genova e Venezia tra il 1378. e il 1381, noto storicamente come la Guerra di Chioggia. A partire dal XIV secolo le rivalità fra le due "signore del mare" per la supremazia dei commerci nel Mediterraneo orientale, accesesi durante il corso del XIII secolo, divennero una costante ostilità che seppure latente, a volte divampava in veri e propri scontri armati. Nonostante le due repubbliche marinare cercassero di arrivare a un accordo e siglassero diversi trattati di pace come quello del 1299 dopo la vittoria genovese di Curzola (1298) e quello del 1355 conclusivo della campagna navale veneto-aragonese (1351-1355) contro la flotta genovese - l'antagonismo nei rapporti politico-economici delle due città continuò a protrarsi nel tempo. I problemi furono solo momentaneamente accantonati dando vita, nella seconda metà del Trecento, a una nuova e accesa guerra per il comando del Levante. Le prime avvisaglie di uno scontro armato fra le due repubbliche si intravidero solo nel 1378, ma giả due anni prima andavano formandosi i primi schieramenti e le prime alleanze. I genovesi dopo avere tentato di prendere l'isola di Tenedo. con la complicità dell'imperatore di Bisanzio, Andronico IV, e non essendo riusciti a venire a patti con i veneziani per la cessione dell'isola, si preparavano alla guerra alleandosi dapprima con Marcoaldo il patriarca di Aquileia, con Francesco di Carrara signore di Padova, con il duca d'Austria e con il re Luigi d'Ungheria, che da tempo ambiva a impossessarsi della Dalmazia veneziana. Venezia, invece, stretta nel blocco della coalizione nemica prese accordi con Bernabo Visconti, signore di Milano, intenzionato a impossessarsi della città ligure e con Pietro II, re di Cipro. Il conflitto accesosi nel maggio del 1378 a Capo d'Anzo, sulla foce del Tevere, vide una prima sconfitta genovese inflitta dalle galere veneziane comandate da Vittor Pisani. Durante il 1379 la partita si sposto nelle acque dell'Adriatico sotto la guida di Luciano Doria. In questa fase la flotta genovese riusci a ottenere una schiacciante vittoria sulle galere veneziane, inferiori di numero e soprese in un'imboscata. Le galere della Superba si impadronirono di quelle veneziane, facendo circa 2.400 prigionieri, ma dovettero affrontare la perdita del loro comandante che perse la vita durante gli scontri. Ripreso il controllo delle navi da parte di Pietro Doria, giunto in soccorso da Genova, la flotta genovese riparò a Zara mentre il Pisani era costretto a rientrare con pochissime imbarcazioni a Venezia, dove sarebbe stato processato e incarcerato a causa dell'amara sconfitta. Una disfatta che metteva a serio rischio il dominio veneziano sul Mare Adriatico, stretto dalla morsa della flotta nemica, che alla guida del Doria risaliva intanto la costa istriana e veleggiava alla volta della Laguna. Dopo un tentativo fallito da parte genovese di prendere l'isola di Chioggia, situata appena di fronte alla città di Venezia, e caduto in battaglia anche Pietro Doria, venne inviato in soccorso alle navi della Superba una nuova e più agguerrita spedizione di soccorso, guidata dal nuovo «General Capitano dell'Armata terrestre e Maritima», Gaspare Spinola.
L'ammiraglio, secondo una storia della famiglia Spinola datata 1684 e scritta da Giovanni Bazachi, esortava cosi i suoi a riprendere gli scontri contro il nemico veneziano: «Le perdite nella Guerra sono talora inevitabili, ma ne' coraggiosi Guerrieri, come voi siete, in vece di sbigottimento destano desiderio di vendetta» (Balzachi, 1684, p. 232).
Un «desiderio mosse lo Spinola che, non dandosi ancora per vinto, con trentotto galere prese il mare diretto in Istria. Assalì per prima la città di Trieste, donandola poi al Patriarca di Aquileia, e fece quindi vela per Capodistria. che cadde anch'essa.
Accresciuto il numero delle galere a quaranta e non riuscendo a penetrare nel Lido di Venezia, ritornò in Istria e prese con la forza la città di Pola. Fu allora che lo Spinola «avendola desolata col sacco, e con l'incendio, ne tolse, e ne mandò a Genova una Pietra marmorea esposta nella Chiesa di San Marco» (Balzachi, 1684, p. 235). Quel Leone che fiancheggia l'antica basilica romana di Genova rimane dunque come monito di quella vittoria. A rivelarne ancora la vera natura è la lapide, datata probabilmente 1513, che posta al di sopra del soggetto recita: "Iste Lapis in quo est Figura Sanc / ti Marci Delatus Fuit a Civitate / Polae Capta a Nostris MCCCLXXX die XIIIII Januarii" [Questa lapide nella quale è raffigurato il simbolo di San Marco fu trasferita dalla città di Pola presa dai nostri il giorno 14 gennaio 1380].
Una vittoria che seppure ridestò gli animi dei combattenti della Superba, non riuscì a impedire la totale disfatta nell'esito finale di tutta la guerra. Nonostante durante il conflitto Venezia si vedesse costretta allo stremo nello scacco delle trionfanti galere avversarie, la Serenissima ebbe la meglio, determinando la definitiva sconfitta genovese, sancita nella Pace di Torino del 2 maggio 1381.
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