Nel 1757 il Grand Tour di un giovane scozzese di belle speranze rischiò di trasformarsi in disavventura quando, all'arrivo in Dalmazia, si vide arrestare con l'accusa di spionaggio, per vizi di forma nelle proprie credenziali. Il viaggiatore in questione era nientemeno che Robert Adam (1728-1792), giunto poi alla storia come uno degli architetti più eminenti del neoclassicismo. Nato nei pressi di Edimburgo, era figlio di un affermato progettista intriso di precetti palladiani, cui preferirà, tuttavia, l'ispirazione dettata dalla fruizione di prima mano dell'architettura classica, segnatamente romana. È con tale intenzione che Robert giunge a Spalato la lui nota come 'Spalatro' nel corso del tipico itinerario di formazione della gente dabbene del XVIII secolo, compiuto prima in Francia e poi in Italia negli anni 1754-58.
Accanto a una gradevole vita di società, il nostro turista-discente profonde un serio impegno: stringe rapporti con architetti e artisti di fama, come Piranesi e il disegnatore Charles-Louis Clérisseau lin seguito architetto di Caterina II di Russia, riunisce una squadra di disegnatori, misura e tratteggia rovine. Ed è ciò che fa, una volta chiarito l'equivoco e rilasciato, anche nella cittadina dalmata, all'epoca già insistente entro e fuori il perimetro del palazzo di Diocleziano (inizi IV secolo). Il sito, nel complesso ancora poco noto, non aveva mai conosciuto un'approfondita disamina e Adam fu attirato, inoltre, dalla vocazione residenziale dell'antico complesso, cui dedicò cinque settimane di studi e rilievi. Ben più tempo richiese l'elaborazione dei dati, confluiti nella monografia in folio "Ruins of the Palace of the Emperor Diocletian at Spalatro in Dalmatia", pubblicata nel 1764 e rimasta per un cinquantennio una pietra miliare in seno al movimento neoclassico. Punto forte del volume sono le sessanta magnifiche incisioni realizzate a Venezia e Roma sotto la supervisione del fratello di Robert, James, tratte dai rilievi prospettici di Clérisseau, i quali, indulgendo alquanto al pittoresco, generarono un certo attrito col rigore metodologico di Adam.
La cura dei dettagli coinvolge perfino la rilegatura, realizzata in marocchino scarlatto nella copia presentata a re Giorgio III, dedicatario dell'opera. La parentesi dalmata cade in un decennio di svolta per la carriera di Robert, che passa ad assumere, da architetto di provincia, un profilo internazionale quale fautore di un vocabolario formale a tal punto caratterizzato, da assumere il nome di 'Adam Style'. Il progettista gode di rinomanza anche nell'ideazione degli interni e del mobilio, modellati sulla scorta di una "callida iuncturamai però eccessiva - di motivi e partiti accolti dall'antichità classica. In tutto si respira la grande ambizione dell'autore, abile a promuovere sé stesso con una strategia di marketing "ante litteram" (ivi compreso il tomo su Spalato) che dà presto i suoi frutti con la nomina ad architetto aggiunto del re a fianco di William Chambers (1761). Con il medesimo spirito di smaliziata intraprendenza Robert si lancia nel 1769, in società con i fratelli James, John e William, nell'edificazione del complesso londinese degli "Adelphi" ["fratelli" in greco), progetto su scala urbana articolato in undici edifici a schiera affacciati sulla sponda nord del Tamigi e altrettanti prospicienti l'arteria nota come Strand. L'unità visiva della costruzione, adibita a dimore e uffici, era affidata a una suggestiva fuga di arcate a volta su possenti pilastri in laterizio dispiegata lungo la banchina, funzionale a superare il dislivello di quaranta piedi fra la riva e il tessuto urbano.
L'intuizione appare fortemente indebitata con le rovine di Spalato, da un punto di vista sia strutturale che estetico (si pensi al fronte sul mare) e determina, con le sue sostruzioni, l'alzato soprastante: una vasta terrazza e un ampio prospetto ritmato da lesene. di ordine gigante, ornato da festoni e inquadrato da due corpi indipendenti, tipici della predilezione di Adam per facciate che identificano un centro cinto da ali. Come già nel "buen retiro" di Diocleziano, forma e funzione appaiono combacianti: nelle speranze dei fratelli, per esempio, le arcate dovevano fungere da approdo e magazzino appetibili agli occhi del governo. Ma il progetto, oltre a non poche resistenze, dovette affrontare la crisi della banca Fordyce nel giugno del 1772, nella quale gli Adam sfiorarono la bancarotta. Ne uscirono grazie all'espediente di una lotteria di ben oltre quattromila biglietti da cinquanta sterline l'uno, concessa con apposito atto del parlamento inglese, e il faraonico investimento edilizio guadagnò la meta, anche se in forma economicamente. ridimensionata rispetto alle aspettative. Dell'Adelphi, inopinatamente demolito nel 1936-37, resta solo parte dei lotti minori, quasi a restituire visivamente l'infrangersi di uno dei sogni di Robert, il quale, tra le fantasticherie d'artista sul tema dell'architettura palaziale, nutriva l'ambizione di costruire un nuovo grande palazzo reale: aspirazione che rimase sulla carta o per meglio dire che si tradusse quantomeno nelle carte della mirabile pubblicazione spalatina.
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