Così scriveva il Corriere della Sera il 22 febbraio 1941, dopo aver appreso della morte, nei pressi del villaggio di Nefasit, in Eritrea, di Mario Visintini (Parenzo, 26 aprile 1913), Capitano Pilota della Regia Aeronautica, Asso dell’Arma Azzurra con all’attivo sedici abbattimenti nel corso del secondo conflitto mondiale più uno durante la Guerra di Spagna:
“Nessuno può dire precisamente quello che avvenne. Fu probabilmente all’improvviso che la dura, angolosa, imperturbabile montagna si parò dinanzi all’Eroe. La sua purissima anima generosa volò in quel cielo che egli aveva infinite volte solcato in otto mesi di guerra”.
Decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare, cui se ne aggiunsero anche una d’Argento ed una di Bronzo, era fratello di Licio Visintini, Tenente di Vascello della Regia Marina, operatore della Decima Flottiglia MAS caduto nelle acque di Gibilterra l’8 dicembre 1942 durante il tentativo, poi rivelatosi mortale, di attaccare con due Siluri a Lenta Corsa, i celebri “maiali”, in coppia con il Sottocapo Palombaro Giovanni Magro, la Nave da Battaglia HMS Nelson.
L’11 febbraio 1941, il Capitano Visintini decollava per la sua ultima missione: non una missione di guerra, non l’ennesimo combattimento aereo contro la caccia britannica che quotidianamente metteva a dura prova le forze italiane stanziate in Africa Orientale. Ma per una missione di ricerca e soccorso, dopo che due suoi gregari erano stati costretti ad atterrare in pieno deserto, fuori dalle piste e dalle rotabili normalmente percorse a causa del cattivo tempo.
Il suo valore, Mario Visintini lo dimostrò fin dai primi mesi del conflitto. Con il grado di Tenente, nell’ottobre 1940 veniva decorato di Medaglia di Bronzo al Valor Militare:
“Abile ed audace pilota, già ripetutamente distintosi, dava nuove prove del suo ardimento ed ammirevole aggressività nell’attacco a volo radente di un munito aeroporto nemico causando la distruzione di undici apparecchi nemici, depositi di carburante, munizioni ed automezzi. Cielo di Ghedaref, Sudan Anglo-Egiziano, 16 ottobre 1940”.
Questa, era stata preceduta da una Medaglia d’Argento conferita “sul campo”, per i combattimenti sostenuti il primo mese di guerra, nei cieli di Massaua tra il 12 giugno e il 4 luglio, e per gli abbattimenti che ne facevano un Asso dell’Aeronautica:
“Abilissimo pilota da caccia dimostrava, in molti combattimenti aerei, grande calma, indomito valore e sprezzo del pericolo, attaccando più volte da solo formazioni nemiche superiori per numero e per mezzi, impedendo loro di arrecare danni alle nostre basi. In occasione di due incursioni contro i nostri impianti, abbatteva due apparecchi da bombardamento nemici. Cielo di Gura e di Massaua, 12 giugno-4 luglio 1940”.
Lo stesso 11 febbraio 1941, tornando dall’ennesima missione di guerra (durante la permanenza in Africa Orientale prese parte a più di cinquanta combattimenti aerei), rivendicò l’abbattimento di un Caccia Hawker Hurricane sopra Cheren. L’ultimo.
E pensare che due giorni prima, il 9 febbraio, Mario Visintini, che prestava servizio presso la 412a Squadriglia Autonoma, aveva condotto un’ardita incursione contro una base delle forze del Commonwealth nell’Agordat, incendiando e mettendo fuori uso numerosi velivoli nemici.
Azione condotta mirabilmente, che venne narrata sempre dal Corriere della Sera, il 15 febbraio 1941:
“I cinque Falchi picchiano e a pochi metri dal suolo aprono un fuoco micidiale. Gli apparecchi nemici per quanto occultati, sono stanati, mitragliati. I cinque caccia si sono divisi il compito e le zone di distruzione: sono impennare, cabrate, virate, rovesciate senza un attimo di sosta; sono esercitazioni acrobatiche sopra un vulcano in piena eruzione. Di li a poco la reazione antiaerea nemica è in pieno sviluppo. Gli Inglesi sanno che quella micidiale valanga deve essere arrestata altrimenti i danni diverrebbero incalcolabili. Ci sono nel campo apparecchi appena giunti: Hurricane, che sotto la grandine dei colpi si abbattono al suolo come cani colpiti a morte. I cinque caccia si lanciano tra le raffiche nemiche ed escono illesi: il loro stesso slancio li protegge. E seguitano a sparare, moltiplicando i prodigi acrobatici. Le prime vampe si levano dal suolo: gli apparecchi inglesi bruciano. Sono quindici i roghi. Non uno degli apparecchi inglesi si è salvato dal ciclone distruttore. I Falchi ritornano a librarsi in aria, si tuffano nel cielo ormai chiaro, ripassano sopra i campi a contare gli apparecchi distrutti. Ora la reazione contraerea si fa violenta, l’impotenza rende maggiormente rabbioso il nemico che non dispone al momento neppure di un apparecchio da lanciare contro i veltri italiani”.
Per la missione condotta sull’Agordat, il Sergente Maggiore Pilota Aroldo Soffritti, gregario del Capitano Visintini, riceveva la Medaglia d’Argento al Valor Militare:
“Dopo ventidue giorni di ininterrotti asprissimi combattimenti aerei, esausto ma non domato nelle sue energie fisiche e fede incrollabile nella vittoria, si offriva volontario per affrontare forze nemiche rilevanti dislocate in basi potentemente difese. Con commovente indomito eroismo, attaccava l’avversario distruggendo undici apparecchi nemici, superando la violenta e disperata difesa contraerea, e l’attacco della caccia. Superba espressione di eroismo italico. Cielo di Agordat, 9 febbraio 1941”.
Due giorni, l’Asso Mario Visintini, Capitano Pilota della Regia Aeronautica, per il cattivo tempo e la scarsa visibilità, si schiantava con il suo Caccia Fiat CR42 Falco sulle pendici del Monte Bizen.
La massima onorificenza al Valor Militare chiudeva così, troppo presto, l’epopea di questo straordinario pilota in terra africana:
“Superbo figlio d’Italia, eroico, instancabile, indomito, su tutti i cieli dell’impero stroncava la tracotanza dell’azione aerea nemica in cinquanta combattimenti vittoriosi durante i quali abbatteva sedici avversari e partecipava alla distruzione di trentadue aerei, nell’attacco contro munitissime basi nemiche. In cielo ed in terra era lo sgomento dell’avversario, il simbolo della vittoria dell’Italia eroica protesa alla conquista del suo posto nel mondo. Cielo dell’Eritrea e dell’Amara. Cielo del Sudan anglo-egiziano, 11 giugno 1940-11 febbraio 1941”.
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