mercoledì 20 dicembre 2023

La persecuzione titina a Fiume (R. Decleva)

Un breve Elenco di Vittime e Condanne

Entrarono a Fiume - senza sparare un colpo e senza un ferito o un morto - 7 ore dopo che i tedeschi avevano abbandonato la città nella notte del 2-3 Maggio 1945. Da subito la determinazione jugoslava di impadronirsi del territorio fiumano con le buone o con le brutte maniere affiorò lampante: dopo la soppressione dei 3 Martiri autonomisti, dei questurini, carabinieri e finanzieri, toccò il turno a due Senatori fiumani del Regno che non avevano voluto abbandonare la città avendo la coscienza a posto. 
Il Senatore Icilio Bacci venne arrestato quando andò a chiedere un lasciapassare per Trieste e fu fucilato a Karlovac dopo un processo sommario. 
Il Senatore Riccardo Gigante fu seviziato a Castua e murato dentro ad una grotta insieme ad una decina di altre vittime. 
Di notte squadre speciali della Polizia Segreta sequestravano cittadini che ai familiari il giorno seguente non riusciva più di rintracciare né in Piazza Scarpa, sede dell’OZNA, né nelle carceri di Via Roma. 
Si andava a cercarli anche a Costrena e Cirquenizze, ma il risultato era sempre lo stesso: indirizzati da un ufficio all’altro perché nessuno ne conosceva la sorte, e i commenti che si riceveva erano: “non è qui”, “non sappiamo niente” per concludere “se lo hanno prelevato, qualcosa pur avrà fatto”. 
Nei quartieri della Cittavecchia furono istituiti Capi Fabbricato e a turno, una volta alla settimana, gruppi di famiglie dovevano recarsi nella Scuola “Manin” - a seconda dei Rioni - per imparare il nuovo corso mentre gli assenti venivano qualificati come “Reazionari” o “Nemici del Popolo” comprendendo tra questi anche coloro che non facevano il lavoro volontario di sgombero macerie nei giorni di sabato e domenica. 
Per recarsi a Trieste venne istituita una nuova carta di identità e la gente per ottenerla si metteva in fila nel Comitato Popolare Cittadino CPC di Piazza Regina Elena sin dalle 4 ore del mattino, ma il documento veniva rifiutato ai tanti “Reazionari” schedati dall’OZNA in Piazza Scarpa. 
In Piazza Regina Elena i “liberatori” eressero un arco di trionfo in legno che veniva snobbato dai fiumani, i quali - evitando intenzionalmente di passarvi sotto - esprimevano con tale gesto la loro avversione al nuovo regime. Era in voga il detto “Maledetto quel fiuman, che passa sotto l’arco partigian”. 
Quando arrivò il 6 Dicembre 1945 gli studenti delle Scuole Medie fiumane si accordarono di festeggiare San Nicolò e a non presentarsi a scuola. Era in tutti il ricordo amaro di quando frequentando le Elementari dovevamo lasciare i doni che il Santo ci aveva portato in quella notte magica. Il Regime fascista era contrario che si celebrasse quella festa perché in antitesi con la Befana Fascista del 6 Gennaio, ma ora che la “libertà” era arrivata, era un’altra cosa. 
Fu uno sciopero? Una serrata? Certamente non fu un gesto politico. L’adesione fu totale e le scuole medie rimasero vuote, ma ciò provocò la reazione violenta del nuovo Regime, che mobilitò gli operai del Cantiere navale per la repressione di quel gesto reazionario, considerato un nefasto sciopero capitalista. 
Gli operai si presentarono con rudimentali manganelli dal “Vinas” sopra Cosala e al campo “Tre Pini” sopra Santa Caterina, dove gli studenti erano in festa con Giulio Scala che suonava la fisarmonica. 
L’Ordine popolare fu presto ristabilito. Un mio compagno di classe Carlo Paul a distanza di tempo ricordava ancora con sgomento le percosse che subì al Caffè “Pancera” adiacente al Cinema “Parigi” dove era andato a giocare alle boccine. Anche Elio Valenti aveva un “bel” ricordo di quel giorno: tornato in città dalla scampagnata al Vinas, fu prelevato da alcuni “compagni” che lo gettarono in mare dal Molo Scovazza tra lo scherno degli autori. Era vestito e il cappotto gli impediva di nuotare per recuperare la riva.
E venne poi il Santo Natale, che non avrebbe dovuto essere celebrato secondo il nuovo regime comunista ateo, ma ci furono lo stesso molti coraggiosi che - per paura di possibili delazioni - arredarono il presepe dentro gli armadi di casa. Ci si affidava alla Chiesa per conservare le nostre tradizioni di identità fiumana e italiana. La Cattedrale di San Vito per la funzione della Notte Santa del 1945 era gremita, strapiena. Non ci furono irruzioni o minacce, ma nella piazza i giannizzeri dell’ateismo buttavano bombe a mano sulla vicina casa in macerie e sparavano con i mitra per disturbare le Funzioni spaventando i Celebranti e i fedeli.
Mentre l’ateismo comunista diventava legge, la proprietà privata era soppressa e i negozianti erano diventati commessi anziché padroni, e alla fine della settimana dovevano presentare i conti e gli incassi ai nuovi amministratori cittadini. Le fabbriche erano diventate cooperative, gli operai politicizzati, la meritocrazia abolita e le paghe livellate, cioè quelle degli ingegneri erano parificate a quelle degli operai e quelle dei Maestri a quelle dei bidelli. 
I Tribunali Militari e i Giudici Popolari - non essendo riusciti a mettere le mani su coloro che consideravano criminali di guerra come ad esempio gli alti gradi dei Comandi italiani, il Prefetto e il Questore di Fiume, il Comandante tedesco SS - giudicavano e condannavano i reazionari, semplici cittadini che non volevano adeguarsi ai nuovi doveri dittatoriali del popolo lavoratore, ad ammende o reclusioni fino ai lavori forzati e alla confisca dei beni. 
Sin da subito il nuovo Padrone di Fiume Colonnello Antun Kargacin emanò l’Ordinanza per l’obbligo della Leva Militare per migliaia di giovani fiumani nati dal 1900 al 1927, che furono “deportati” in Bosnia indossando la divisa militare jugoslava. Lo scopo? Toglierli dalla città nei giorni in cui la Delegazione dei 4 Grandi sarebbe arrivata per accertare l’italianità o la slavità di Fiume.
Nelle fabbriche era molto in uso anche l’epurazione giustificata con il logoro status di reazionario o nemico del popolo. E anche gli antifascisti pagavano la loro opposizione ai nuovi arrivati come Giovanni Stercich, ex Segretario di Riccardo Zanella, che fu esule durante il ventennio fascista e promotore di iniziative autonomiste dopo il 1943. 
Nelle Scuole furono diminuite le ore di italiano e latino, introdotto l’insegnamento obbligatorio della lingua croata e sostituito il tedesco. Poiché il Corpo Insegnanti si era rifiutato di sottoscrivere una petizione per l’annessione di Fiume alla Jugoslavia, i Professori a ruolo furono ridotti da 110 a 31 e sostituiti con elementi fidati. L’autorità degli Insegnanti fu poi azzerata venendo nominati i Bidelli quali Fiduciari di Istituto e creati Comitati studenteschi con funzioni di controllo e propaganda.
Un Elenco di Cittadini assassinati, spariti o infoibati:
Senatori del Regno Riccardo Gigante e Icilio Bacci; gli Autonomisti Ing. Nevio Skull, Dr. Mario Blasich, Giuseppe Sincich, Membri dell’Assemblea Costituente dello Stato Libero fiumano; Radoslav Baucer, Direttore dell'Ospedale Civile, assassinato il 4 Maggio e gettato nella voragine della mina tedesca tra la radice del Molo Scovazza (Adamich) e la Lega Navale Italiana/Idroscalo,; l’ex Podestà Carlo Colussi e sua moglie Nerina Copetti; il Preside Gino Sirola; l’Insegnante Margherita Sennis; Ernesta e Zulema Adam; Gregorio Bettin, Presidente della Croce Rossa Italiana di Fiume; Giuseppe Tosi, Direttore Didattico di Abbazia; Eugenio Venutti, Maggiore dei Vigili del fuoco; Antonio, Maria e Margherita Pagan; Santo Taucer; Rodolfo Moncilli; Angelo Adam, antifascista repubblicano deportato dai tedeschi a Dachau; Gianni Marussi arrestato per attività politica clandestina; Pasquale Nereo Giurso per renitenza alla Leva Militare; Emiro Fantini di Abbazia morto in carcere a Maribor; Giuseppe Librio, che aveva ammainato una bandiera jugoslava, trovato cadavere sul Molo Stocco; Matteo Blasich; Walter Scrobogna, arrestato a Laurana e probabilmente finito a Basovizza; Albino Baratto, morto per l'Italia, in difesa dell'ultima bandiera italiana che sventolò sulla città di Fiume"
Un Elenco di cittadini fiumani arrestati o perseguitati:
Condannati ai lavori forzati: Padre Nestore della Chiesa dei Cappuccini, 15 anni di lavori forzati per aver fornito il ciclostile e tutto il necessario per la stampa di manifestini; Mario Dassovich 15 anni, idem; Oscar Purkinje 7 anni; Don Cesare, Parroco di Cosala, 3 anni; Maestro Giovanni Marvin un anno. Ettore Rippa, 15 anni per aver fatto credere al popolo che il Fascismo fosse una cosa buona. 
Artenio Crespi, studente contumace, 12 anni; Carlo Visinko, impiegato, 10 anni; Ferruccio Fantini, fotografo, 8 anni e confisca dei beni; Marino Callochira, studente, 5 anni; Erberto Lenski, geometra, 4 anni; Alfredo Polonio Balbi, studente, 4 anni; Vincenzo de Santis, meccanico, un anno; Marcello Serdoz, 18 mesi per aver tentato di passare il confine.
Condannati: Mario Rivosecchi aveva issato la bandiera fiumana sulla cupola della Torre; Hervatin e Barbadoro avevano ammainato una bandiera jugoslava in Piazza Dante; Carlo Maltauro, Nino Bencovich, Romolo Rainò, Giuseppe Superina e G. Battista Marra per danneggiamenti all’Arco di Tito in Piazza Regina Elena.
Arrestati: Don Girolamo Demartin, per propaganda antipopolare; Prof. Battagliarini per azioni disfattiste ai danni del potere popolare; Ing. Duilio Duimich per collegamenti con esuli di Trieste; Dr. Onorato Lenaz e Dr. Arsenio Russi per aver mandato in Italia relazioni tendenti a provocare un intervento straniero; Gabriele Deling, Cesare Pamich, Carlo Poso, per aver cercato di “indebolire l’economia locale” svolgendo opera di propaganda a favore della “emigrazione in Italia” del personale tecnico della Raffineria ROMSA.
Studenti espulsi dalla Scuola per i fatti di San Nicolò 1945: Ciampa Ettore, Curri Claudio, De Santis Vincenzo, Genovese Aldo, Greiner Erio, Paul Carlo, Tiziani Sergio, Tomassich Tullio, Bianchi Mario, Frank Kiss, Lupetti Luigi, Pick Walter, Anfelli Bruno, Derni Mario, Klemen Ernesto, Kniffitz Ferruccio, Scala Giulio, Bastalich Sergio, Celli Sergio, de Manzolini Rodolfo, Lenaz Edoardo, Ivancich Paolo, Piccolo Carmine. 

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