mercoledì 20 dicembre 2023

Il progettato attentato all'arco di Josip Broz Tito a Fiume nel 1946

L’Arco era stato costruito in legno nella Piazza Regina Elena e divenne un simbolo della reazione fiumana all’occupazione slava. Vi passavano sotto cortei con centinaia di persone mai viste a Fiume – arrivate dai paesi dell’Istria e da Oltreponte - inneggianti alla Fratellanza italo-slava, e con bandiere italiane e jugoslave con la stella rossa. 

Furono per primi gli studenti del Liceo Scientifico - quando a mezzogiorno uscivano a frotte dalla scuola e si avviavano in Piazza Regina Elena per prendere il tram - ad evitare di passarci sotto volutamente. Fingevano di passarci e poi si arrestavano di colpo, lo evitavano e passavano sullo stretto marciapiede adiacente su cui posava. Venne fuori il detto “Maledeto quel fiuman che passa sotto al Arco partigian”. I Druzi ne erano enormemente indispettiti perché la voce si era sparsa nella città e l’usanza si era generalizzata. Anzi, c’era gente che vi si recava solo per il gusto di esprimere con quel gesto la loro avversione a diventare croati. Quando doveva venire a Fiume la Commissione dei Quattro Grandi per vedere se Fiume era italiana o slava – e poi non venne – si costituì un gruppo segreto di studenti di Cosala e San Gerolamo con l’intento di bruciarlo buttandoci due fiaschi di benzina. Vennero mobilitati, oltre i giovani dell'Azione Cattolica di Cosala, soprattutto una trentina di studenti dello Scientifico. Disponevano di una cassa di bombe a mano "Balilla" - prima nascosta nella Cripta e poi trasferita nella Chiesa di San Girolamo - e una pistola "Beretta" calibro 8 con 5 pallottole; residuati dell'8 Settembre 1943. 

Cominciarono prima con i manifestini che stampavano in una villa di Cosala a loro disposizione dai grandi col ciclostile, inchiostro, etc. Erano tra i 13 anni e i 17, quindi minorenni. Tanto erano entusiasti che incautamente buttarono i manifestini pro Fiume italiana e Fiume Stato Libero, nelle loro stesse aule dove al pomeriggio venivano gli studenti del Ginnasio Croato appena istituito. E così vennero scoperti e convocati coi genitori dall'OZNA, in Piazza Scarpa.  Il Tribunale Militare dell’Armata Jugoslava per l’Istria e Fiume condannò i presunti mandanti Padre Nestore e lo studente diciottenne Mario Dassovich a 15 anni di lavori forzati. 

Ma quello non fu l’unico atto della reazione fiumana aTito. Ci fu il Gruppo Maltauro che successivamente aveva danneggiato quell’Arco, il Gruppo Visinko accusato di attività pro-fascista e terrorista nonchè collaborazione con l’occupatore nazista, e altri gruppi isolati fra loro che manifestarono la loro contrarietà alla temuta cessione di Fiume alla Jugoslavia. Le condanne titine si susseguivano quotidianamente.

Ma una citazione a parte merita il Movimento creato da Don Luigi Polano, che aveva contatti con il C.L.N. di Trieste, e che quando i tedeschi abbandonarono Fiume nella notte del 2-3 Maggio 1945 organizzò la presa di possesso degli edifici pubblici, dei magazzini ed altre opere di pubblica utilità da parte di forze militari italiane, principalmente finanzieri.



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