Ildebrando Tacconi (Spalato, 1º marzo 1888 – Venezia, 30 aprile 1973) è stato uno storico e critico letterario italiano.
Quinto di undici figli (sette femmine e quattro maschi), Ildebrando Tacconi nacque a Spalato da Vincenzo e Francesca Maria Tommaseo, lontana parente del celebre scrittore sebenzano Nicolò Tommaseo. Il padre - medico e per trent'anni direttore dell'ospedale civico di Spalato - era originario di Traù, ove ai primi dell'800 si era trasferito Giuseppe Tacconi, capostipite del ramo dalmata della nobile famiglia Tacconi di Pavia.
Presa la maturità classica nel 1906 al ginnasio cittadino, Tacconi si laureò nel 1912 in lettere moderne (romanze) e in filosofia all'Università di Vienna, dopo aver trascorso un periodo di perfezionamento alla Sorbona di Parigi. Nel 1908 partecipò agli scontri viennesi fra studenti italiani e studenti tedeschi: i primi - fra i quali alcuni dei futuri capi del partito italiano della Dalmazia- manifestavano per l'istituzione di un'università italiana a Trieste, mentre i secondi vi si opponevano. Tacconi ne uscì con una clavicola spezzata. Evitando di recarsi in un ospedale pubblico per timore d'essere arrestato, fu curato alla bell'e meglio dal concittadino medico Carlo Pezzoli, per essere poi rispedito a Spalato dalla famiglia.
A Vienna Tacconi seguì - fra gli altri - le lezioni del Meyer-Lübke e del Rešetar, perfezionando nel contempo la sua conoscenza del serbo-croato, del tedesco e del francese, che parlava e leggeva correntemente. Tacconi era altresì versato nel greco, nel latino, nello spagnolo, nell'inglese e nel russo.
Il suo primo incarico fu quello di docente di italiano e di filosofia al ginnasio di Ragusa (1912-1918), passando in seguito a Spalato. Nel biennio 1918-1920 - nel pieno delle trattative per la definizione dei confini fra il Regno d'Italia e il neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni - Tacconi s'adoperò in ogni modo per assicurare Spalato all'Italia.
A seguito del Trattato di Rapallo, Tacconi si trasferì di conseguenza al ginnasio di Zara, come docente di lingua francese.
A partire dalla fine del 1922, Tacconi iniziò il suo lungo periodo di direzione de «La Rivista Dalmatica», che in brevissimo tempo divenne la principale pubblicazione dedicata ad ogni aspetto culturale, artistico e storico della regione, con un chiaro indirizzo irredentista.
Piegata in pochi giorni la Jugoslavia a seguito dell'invasione da parte delle potenze dell'Asse, Tacconi accettò la carica di commissario straordinario del governo italiano per il distretto di Spalato: fu insediato il 21 aprile 1941, alla presenza del commissario civile per la Dalmazia Athos Bartolucci, del generale Francesco Zingales (comandante del Corpo d'Armata celere che aveva occupato la Dalmazia), del senatore Antonio Tacconi (fratello di Ildebrando), del consigliere nazionale Nicolò Luxardo (zaratino), del presidente della provincia di Zara Antonio Arneri, del podestà di Zara Giovanni Salghetti e del capo del personale del PNF, Paolo Gianfelice. Pochi giorni dopo, Antonio Tacconi venne nominato commissario civile del comune di Spalato.
Si spostò nuovamente a Zara, ove divenne preside dell'Istituto Tecnico Commerciale «Francesco Rismondo».
Rifugiatosi a Venezia per sfuggire ai bombardamenti alleati su Zara, tornò a rischio della vita nella capitale della Dalmazia per effettuare le consegne della Cassa e dei documenti dell'Istituto, definitivamente spostandosi a Venezia prima dell'ingresso delle truppe jugoslave in città (31 ottobre 1944). A Venezia continuò la sua carriera scolastica come preside: prima all'Istituto Magistrale «Nicolò Tommaseo» e infine all'Istituto Tecnico Commerciale «Paolo Sarpi», andando in pensione nel 1958.
Fu membro del comitato direttivo della Società Dalmata di Storia Patria fin dalla fondazione (1926), socio effettivo dell'Ateneo Veneto, socio onorario dal 1949 ad effettivo dal 1958 della Deputazione di Storia Patria per le Venezie, nonché socio corrispondente della Società di Minerva di Trieste.
Ildebrando Tacconi fu uno degli ultimi epigoni della dalmaticità italiana autoctona. Autore prolifico, s'interessò di storia, arte, filosofia, letteratura ed attualità, mettendosi al servizio dell'idea di italianità della Dalmazia.
A quest'idea dedicò tutto sé stesso: preferì rimanere ad insegnare nelle scuole medie superiori della sua terra piuttosto che accettare la cattedra di Slavistica, che un'università italiana gli offrì negli anni '30.
Il tema cui i suoi scritti si rivolgono ruotò quasi esclusivamente attorno alla Dalmazia. La forma esclusiva dei contributi di Tacconi rimase sempre quella dell'articolo specialistico: non si cimentò quindi mai in opere di più ampio respiro, probabilmente per poter pubblicare i suoi scritti ne «La Rivista Dalmatica», dedicataria esclusiva dell'intera sua produzione anche quando alcuni saggi erano nati inizialmente per altri scopi, come per esempio delle conferenze pubbliche, poi riadattate per la stampa.
Vera e propria summa del pensiero del Tacconi fu un ampio articolo dal titolo Contributo della Dalmazia alla vita e alla cultura italiana: apparso in una prima versione nel 1941, in coincidenza con l'occupazione della Dalmazia da parte delle truppe italiane, venne in seguito ripreso e molto ampliato nel 1966. In questo saggio viene articolata la tesi della "tradizione vigorosamente latina" che accomuna la sua regione natale alla penisola. Ogni aspetto viene analizzato: dall'analisi della presenza della chiesa cattolica in Dalmazia alla lingua, dalla presentazione degli scrittori latini a quella degli scrittori italiani, dalla storia all'arte, dagli apporti scientifici alla stampa periodica. La finalità del Tacconi è quella di mantenere viva - in un afflato apertamente irredentista - la memoria di vicende e personaggi altrimenti dimenticati dagli italiani o addirittura "lasciati" alla Croazia con "sacrificio":
«...a noi preme soprattutto dimostrare la continuità di una spirituale comunione che si perpetua nei secoli e «mai non resta».
Il tema filosofico occupò una parte importante degli scritti di Tacconi, in modo particolare nel primo periodo della sua vita di studioso (dall'inizio degli anni '20 al 1943). In quest'ambito rientrano i suoi saggi sullo spalatino Giorgio Politeo (1924) e sul comisano Antonio Petrich (1927-1928). Tacconi si confrontò spesso col pensiero e le opere del raguseo Ruggero Giuseppe Boscovich (vari saggi fra il 1928 e il 1937, con una ripresa fra il 1959 e il 1960), da lui considerato il massimo pensatore della Dalmazia. All'opera dei ragusei Benedetto Stay e Nicolò Vito di Gozze Tacconi dedicò svariati scritti negli anni '30, mentre sull'opera del matematico traurino Albino Nagy si concentrò in due diversi numeri de «La Rivista Dalmatica» fra il 1933 e il 1934.
Tacconi scrisse una trentina di articoli su diversi artisti della sua terra, dai più remoti (Radovan, Giovanni Dalmata, Andrea Alessi ecc.) ai suoi contemporanei (Bruno de Bersa, Tullio Crali, Roberto Ferruzzi ecc.). Oltre all'analisi dell'opera di questi artisti, a Tacconi preme connetterli al mare magno della cultura e dell'arte italiana.
Una notevole mole di lavori è dedicata ai rapporti fra l'Italia e la Dalmazia: sia nella cultura che nella politica, con innumerevoli accenni ai personaggi apertamente italiani della costa orientale dell'Adriatico, quali (in ordine alfabetico) Arnolfo Bacotich, Antonio Bajamonti, Antonio Cippico, Arturo Colautti, Alessandro Dudan, Vincenzo Fasolo, Roberto Ghiglianovich, Natale Krekich, Pier Alessandro Paravia, Giuseppe Praga, Oscar Randi, Francesco Rismondo, Giuseppe Sabalich, Nicolò Trigari, Luigi Ziliotto e altri; o legati alla storia di quelle terre, come (in ordine alfabetico) Bruno Coceani, Gabriele D'Annunzio (apertamente lodato dal Tacconi in diversi articoli), Giovanni Giuriati, Enrico Millo e altri.
Altro tema particolarmente caro a Tacconi fu quello dei rapporti fra Italia e Jugoslavia, e più in generale fra gli italiani e gli slavi nelle terre dell'Adriatico orientale. Le critiche di Tacconi si spartiscono equamente nella denunzia della politica italiana troppo accondiscendente (a suo dire) nei confronti dei vicini jugoslavi, e contemporaneamente nella denunzia dell'aggressività genericamente jugoslava e specificamente croata (sempre a suo dire) contro l'Italia e contro la memoria della presenza italiana in Istria, a Fiume e in Dalmazia.
Antonio Tacconi (Spalato, 22 aprile 1880 – Roma, 25 gennaio 1962) è stato un politico italiano.
Irredentista, giornalista, fu Fiduciario della Società nazionale "Dante Alighieri" per Spalato e per la Dalmazia, e Presidente dell'associazione scolastica "Lega culturale italiana".
Nominato senatore del Regno d’Italia nel 1923, Tacconi fu la guida politica della comunità italiana di Spalato fra le due guerre mondiali, divenendo sindaco della città durante l’occupazione fascista. Come la maggior parte dei suoi connazionali, fu costretto ad abbandonare la Dalmazia dopo la seconda guerra mondiale, per trasferirsi in Italia, dove morì nel 1962.
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