Pedena è una piccola cittadina nel centro dell'Istria, sulla strada tra Pisino ed Albona, edificata su un colle di 360 metri, dove in antichità sorgeva un "castrum" romano. A Pedena abitava la mia famiglia. Mio padre, Aldo Rensi, lavorava come capo telefonista alle dipendenze della Società mineraria "Arsa", che in quegli anni era in grande espansione. Tutte le gallerie delle miniere carbonifere albonesi erano state infatti fornite di impianto telefonico durante gli anni a1936/1940, in coincidenza con il vertiginoso aumento della produzione. In precedenza mio padre, di origine trentina, aveva lavorato come amministratore delle proprietà fondiarie dei conti Lazarini_Battiala. nobile famiglia di Albona. A Pedena aveva conosciuto mia madre Maria e dal loro matrimonio erano natri tre figlia, il sottoscritto Tullio e le mie due sorelle Chiara e Alda. un giorno mio padre acquistò a Pedena una bella casa a tre piani, circondata da un orto con stalle e cisterna, e la diede in affitto ai Carabinieri che la adibirono a caserma, mentre noi andammo ad abitare nel più piccolo edificio già utilizzato dall'Arma. Nel dicembre 1943, dopo l'armistizio, arrivarono i partigiani di Tito ed arrestarono parecchie persone della zona tra cui molti dipendenti delle miniere di Arsia. Presero pure mio padre che venne portato a Pisino dove venne imprigionato nelle celle del Castello dei Montecuccuoli. Lì rimase rinchiuso per diversi giorni assieme ad un centinaio di italiani finchè, ai primi di ottobre, giunsero i tedeschi che li liberarono. Appena rientrò a casa decise di trasferirsi con la famiglia a Trento. Partì dapprima assieme alla figlia maggiore, Chiara, che lasciò da parenti. Poi ritornò a Pedena per prendere il resto della famiglia. Prima di lasciare definitivamente l'Istria volle andare a salutare i colleghi di lavoro e gli amici che aveva ad Arsia. Era il 15 maggio 1944 e mio padre si avviò a piedi da Pedena ad Arsia per quello che doveva essere il suo ultimo viaggio. Di lui non si seppe più nulla. Sparì senza lasciare tracce. Qualcuno disse in seguito che era stato fermato e catturato lungo la strada, forse nei pressi dei Casali Sumberesi, dai partigiani slavi e gettato nella foiba di Vines, vicino ad Albona. Tutte le ricerche che mia madre subito fece fare non approdarono a nulla. L'Istria era sconvolta dalla guerra e il vortice degli avvenimenti aveva coinvolto in pieno pure Pedena. Vennero i partigiani ed attaccarono la caserma dei Carabinieri, casa nostra. Quando i 32 Carabinieri della locale stazione, circondati si arresero, gli slavi bruciarono l0'edificio e gettarono nel rogo pure un paio di Carabinnieri, uccisi a sangue freddo davanti a tutta la popolazione che vi dovette assistere. Io allora ero un bambino, avevo cinque anni, ma ho sempre davanti agli occhi l'immagine di questi due partigiani che erano entrati dentro la caserma e portavano giù i materassi che venivano imbevuti di benzina e rigettati nell'edificio in fiamme. Poi ricordo che sempre i due partigiani portarono fuori due macchine da scrivere e le fecero vedere al loro capo che però disse: "No, E' roba italiana. Ributtatele nel fuoco!" Ed io pensavo: " Che poco furbi siete! Portatele a casa che serviranno sicuramente in futuro!" Le macchine da scrivere finirono nel rogo che distrusse tutto. i pochi ruderi rimasti della caserma furono poi utilizzati per la costruzione di una casetta che sorse sullo stesso posto. La guerra poi finì, ma nemmeno negli anni successivi riuscimmo ad ottenere alcuna informazione su mio padre, che all'epoca della sua sparizione aveva 44 anni. Restammo in Istria fino al 1950 quando partimmo per Trento dove potemmo raggiungere Chiara... Nel 2000, con un amico, ritornai a Pedena. Molte persone si ricordavano di mio padre e di me e dei giochi che facevano insieme. Mi domandò perchè fossi ritornato e gli dissi che volevo recarmi presso la foiba di Vines, per gettarvi un mazzo di fiori, supponendo che quella fosse la tomba di mio padre. La sua risposta fu sorprendente: "No, Stai sbagliando,tutto! Tuo padre venne fermato da un gruppo di partigiani che sul momento gli fecero un processo sommario. Non avendo trovato alcuna colpa da imputargli, lo liberarono subito ,lui si incamminò tranquillo, ma un mascalzone gli corse dietro e lo uccise con un colpi di fucile alle spalle!". Allora, gli dissi, se le cose stanno così, portami con la nostra automobile, su quel luogo, per posare i fiori ...ma lui mi rispose, non posso venire ...E' ANCORA TROPPO PERICOLOSO. Da parte mia, però intendo continuare le mie ricerche e ritornare in Istria, a Pedena a Albona, dove forse incontrerò qualcuno che possa indicarmi il luogo ove mettere un mazzo di fiori a ricordo di mio padre.
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