Quando i patriotti giullani videro che nulla era più da fare nelle loro città, ormai cadute sotto il più odioso regime poliziesco, corsero ad arruolarsi nella Legione Dalmato-Istriana di Venezia e nelle Legioni garibaldine di Roma.
All'eroica difesa di Venezia vennero gloriosamente associatí i nomi di molti giuliani, dei quali ricorderemo alcuni soltanto.
Caddero nel 1849, a Marghera, i triestini Francesco Erberti, caporale del Battaglione «Italia Libera» e Francesco Romano; il capodistriano Alessandro Almerigotti, il fiumano Francesco Marusich e il dalmata Giuseppe Isidoro Furlani della legione « Bandiera Moro» e il dalmata Pietro Sudarovich. Si distinsero ancora per il loro valore i dalmati: Stefano Zurovich appena sedicenne, Giorgio Carava e Luigi Seismit-Doda, divenuti poi generali dell'esercito taliano, e Demetrio Mircovich che fu uno del quaranta proscritti alla caduta della gloriosa Repubblica; i triestini: Giovanni Orlandini, comandante della Legione trevigiana e già direttore del battagliero settimanale « Favilla », Leone Fortis promosso poi capitano, e il pittore Giuseppe Gatteri, al cui nome venne più tardi intitolata una via di Trieste; gli istriani capitano Marcantonio Boris che in una ardita sortita, a Mestre, tolse un cannone al nemico, Alessandro Godinu, morto di colera, Gio Bevilacqua, Giandomenico Afaraspin, tenente al comando di un fortino di Malamocco, Luigi Ritossa, ferito nel giugno sul Ponte della laguna, Giov. Batt. Monfalcon e Gregorio Grimani di Parenzl, il piranese Pietro Pregnolato, morto a Fusina ne maggio 1848, e dove fu ferito Giacomo Draghicchio; Nicolò de Vergottini di Parenzo che con il Manin ed il Tommaseo fu tra i quaranta esclusa da l'amnistia,
Cosi alla difesa di Roma troviamo tra i volontari combattenti una larga rappresentanza di giovani guliani, tra cui gli eroici figli di Trieste: Giacomo Venezian che, ferito mortalmente al Casio Barberini, spirava nelle braccia de poeta suo concittadino Giuseppe Revere; Sansone Levi che per i suoi atti di valore si acquistava l'amicizia di Garibaldi; Filippo Zamboni, il valoroso capitano del Battaglione Universitario che si distinse nelle epiche giornate di Villa Panfill e a Palestrina, Riuscito a salvare la bandiera dai francesi la recò seco in esilo restituendola poi nel 1870 al Mumcipio di Roma capitale con le parole: «Ecco, io vi rendo la bandiera incontaminata: come sul campo, così sul mio petto. L'ho portata con me occulta per anni, cucita nelle vesti».
Ma non furono inferiori nell'ardore del combattimento e nella fede per l'unità d'Italia i figli delle altre provincie guliane che, per non dilungare toppo, tralasciamo di elencare. La più eloquente testimontanza de loro valore ce la diede nel 1849 G, D. Guerrazzi il quale scrisse: «Dalmati e Istriani in tanta solenne occasione vennero anch'essi a sigillare col sangue il patto di famiglia che lega tutti gli Italiani a Roma come le verghe intorno alla scure».
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.