Oltre 70 anni sono passati dalla perdita delle nostre terre e diversi Presidenti degli Stati Uniti da allora si sono succeduti alla Casa Bianca, ma la poesia è ancora di attualità perché la altisonante promulgazione del diritto di autodecisione dei popoli si è rivelata sempre una delle più grandi turlupinature di ogni tempo; lo possono ben dire insieme ai fratelli - istriani e dalmati 50.000 profughi fiumani, costretti ad affrontare la dura via dell'esilio per non essere sottoposti ad un'invisa dittatura straniera.
FIUME
Egregio Presidente, Ella si è messo,
Con grandissimo zelo, a far da Dio,
E vuol che tutto il mondo, genuflesso,
Benedica il suo verbo dotto e pio.
E l'uomo torni ancora creta informe
Per foggiarsi secondo le sue norme.
lo non voglio mancarle di riguardo
Ma pur convien che il mio pensiero esprima:
Per fare il Dio Ella è nato un po' in ritardo,
Perché quell'altro Iddio che è nato prima
— Forse aveva di Lei minore ingegno —
Ma in quel che ha fatto ha impresso un fiero segno.
E quel segno, signor, non si cancella.
Usi la lima pur, se L'è gradito;
La sillaba di Dio verace e bella
È incisa nel durissimo granito.
Oh, dove scrisse Italia il Dio di prima
Resta Italia, e si logora la lima.
Doveva nascer prima, Le ripeto
Quando Fiume non era ancora niente:
Terra sull'acqua verde, nudo greto
Che le schiume battean selvaggiamente;
Allora Ella potea soffiare un fiato
Nel fango e dire: Nasca qui il croato.
Quello era il tempo buon.
Tutto confuso Era.
La vita si gonfiava in dense
Bolle: Qua un'ala, là una groppa, un muso
Turgido, e un diguazzar di forme immense;
Risse, tonfi, barriti.
La titanica Terra parea una civiltà balcanica.
In quei mattini della vita, rossi,
Nascevano ittiosauri e megaterii
Che, come Lei, sono animali grossi
Che, come Lei, sono animali serii
Che ormai si vedon solo nei musei
Dove, ne ho fede, finirà anche Lei.
Radunato un consesso di quei mostri
Ella, con denti d'oro e cuor tranquillo,
Potea dare quei lidi ch'or son nostri
Anche all'urangotango o al coccodrillo.
Nulla dicea l'Italia.
In quella scialba Epoca
Ell'era il biancheggiar d'un'alba.
Ora s'è fatto giorno; ora la riva
È città bella, è porto, e vi dimora
Una gente latina agile e viva
Che parla questa mia lingua canora;
Or dov'erano dune aride e brume
Sta l'italianità pura di Fiume.
Intende egregio Presidente? Fiume!
Che parola di musica latina!
Mi dica Lei, che ha fior di senno e acume,
Se in lingua jugoslava o porcospina
C'è una sola parola come questa
Di suono e senso italico contesta.
Lei si chiama Woodrow; non me ne ho a male.
A me, magari, piace più Gaetano
O Battista o Cristoforo o Pasquale;
Ma a Lei fu dato un nome americano
Perché l'uomo più chiuso e più bislacco
Non La prenda per turco o per cosacco.
Il nome, signor mio, conta qualcosa,
È il segno della razza chiaro e piano;
Come ha un profumo tutto suo la rosa
Ciò che è italian si chiama in italiano.
Lei non sa l'italiano? Che disgrazia!
Lo impari! Ma però non in Croazia.
Vada a Fiume. Vedrà che là si spera
In italiano e in italian si vuole;
In italiano prega il bambino a sera,
In italiano risaluta il sole.
E se c'è chi ai croati tiene mano
Lo si manda in malora in italiano.
Trentamila italiani e più, signore,
Trentamila e più « sì » per far le nozze
Con Roma. E trentamila « no» di orrore
A chi schiavi li vuol di genti rozze,
Trentamila e più cuor trafitti a morte
Da chi si gioca della loro sorte.
Tutti questi italiani Ella vuol privi
Di patria? Nei suoi calcoli contorti
Le sembran pochi tutti questi vivi?
Ci aggiunga allor mezzo milion di morti,
Ci aggiunga i nostri morti, e poi vedrà
Che somma immensa d'italianità.
TURNO
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