Era il 30 giugno 1946 e quel giorno era programmata la 12^ tappa del Giro d’Italia, che andava da Rovigo a Trieste.
Gli slavo-comunisti della Venezia Giulia (per slavo-comunisti intendiamo i cittadini italiani di etnia slovena filotitini del Carso triestino e goriziano) avevano già proclamato che l’arrivo del Giro a Trieste sarebbe stato considerato come una inaccettabile provocazione e che doveva pertanto essere impedito dalle autorità di occupazione anglo-americane.
Già dal giorno precedente la situazione in città era infuocata: le associazioni patriottiche e i numerosi Esuli istriani riparati nel capoluogo giuliano, per onorare la manifestazione sportiva, avevano tenuto un concerto in piazza dell’Unità d'Italia.
Prima, durante e dopo il concerto, gruppi di slavi avevano tentato di disturbare l’iniziativa, ma avevano avuto la peggio: due erano finiti in mare e otto alla Croce rossa a medicarsi le contusioni. Alla fine, per sedare i tafferugli e disperdere la folla, la Polizia Civile era stata costretta ad usare le bombe lacrimogene.
Il giorno seguente, a mezzogiorno e mezzo, non appena superato il ponte sull’Isonzo nei pressi di Begliano, i ciclisti furono fatti segno di un fitto lancio di pietre e sassi. Uno di loro, Egidio Marangoni, venne colpito da una sassata alla testa e il sangue diffuse panico, mentre chiodi e puntine aggredirono i tubolari e afflosciarono la competizione.
La Polizia intervenne per disperdere gli aggressori, e nonostante fosse stata accolta a colpi di arma da fuoco, riuscì a mettere in fuga i facinorosi, i quali, comunque, avevano quasi raggiunto il loro obiettivo: impedire l’arrivo del Giro a Trieste.
La corsa venne così sabotata, la tappa pressoché neutralizzata, e molti corridori, tra i quali i più importanti come Bartali, Coppi, Ortelli e Crippa, decisero, spaventati, di non proseguire la corsa.
Fu allora che Giordano Cottur, con altri sedici animosi, decise che sarebbe comunque arrivato a Trieste!
Furono caricati con le biciclette su delle camionette scortate da soldati americani con il fucile spianato e portati all’hotel Excelsior di Barcola. Qui la corsa riprese, e fu proprio il triestino Cottur a tagliare il traguardo a Montebello.
La folla, appresa la notizia del vigliacco attentato di Begliano, scese in città fremente d’indignazione.
Le sedi delle organizzazioni e degli enti filojugoslavi furono assaltate e devastate. In via Valdirivo un maggiore jugoslavo aprì il fuoco sui dimostranti italiani, ferendone uno.
Nella tarda serata altri gravi incidenti nel rione di San Giacomo: dal Circolo slavo di via Caprin fu lanciata una bomba a mano in mezzo alle truppe anglo americane che erano intervenute per sedare incidenti tra manifestanti delle opposte fazioni.
Tre ufficiali statunitensi, uno britannico, un caporale britannico e quattro soldati americani dovettero essere ricoverati immediatamente all’ospedale militare.
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