Cesare Betteloni (Verona, 26 dicembre 1808 – Bardolino, 27 settembre 1858). Dopo aver compiuto i primi studi a Como, proseguì la sua formazione personale presso il liceo veronese. Il lago di Garda fu per lui motivo di grande ispirazione poiché molte liriche furono ispirate dai paesaggi benacensi e in particolare il suo primo poemetto del 1834 fu intitolato proprio Il Lago di Garda. Soggiornò anche in Valpolicella, nella frazione di Castelrotto, nel comune di San Pietro in Cariano, dove possedeva una villa di famiglia. Dedicò al 1848, alle speranze e alle delusioni che caratterizzarono quell’anno, una serie di poesie, alcune giocose e satiriche, altre molto toccanti come Il canto dei Croati. Di stile decisamente romantico pubblicò nel 1855 l’opera considerata della maturità: Ultimi versi di Callofilo Benacense. Costretto alla depressione da una malattia e da alcune tristi vicende famigliari, si tolse la vita a Bardolino nella notte del 27 settembre 1858. Anche il figlio Vittorio fu un poeta, amico intimo di Carducci.
Ha dedicato diverse poesie ai Croati, corpo militare asburgico che nel Lombardo Veneto si macchiò di efferate violenze durante le Cinque giornate di Milano e che fu criticato dagli stessi scrittori austriaci.
Questi sono i primi versi a titolo esemplificativo de:
Già suona il tamburo, già
squilla la tromba
Marciamo croati
Tremendi soldati;
Già suona il tamburo, già
squilla la tromba
A popoli regi scaviamo la
tomba.
Ci chiamino infami, liburni,
ladroni,
Spregevoli, impuri,
Feroci panduri,
Ci chiamino infami, liburni,
ladroni,
Noi siam dell'impero
gl'invitti campioni.
Si lascin cantando le madri e
le spose
La madri cadenti,
Le spose piangenti,
Si lascin cantando le madri e
le spose
Le donne dei vinti farem più
dogliose.
La morte, lo stupro,
l'incendio, il saccheggio
O popoli udite
Tremate e fuggite.
La morte, lo stupro,
l'incendio, il saccheggio
De' nostri vessilli sia sempre
il corteggio.
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