giovedì 2 novembre 2023

Famiglie: MISSONI, MISTACHIELI, MITIS, MLADINEO

LUIGI MISSONI
Nasce a Gravosa vicino a Ragusa (il regno di Jugoslavia, con l’intento di cancellare il nome di antica repubblica, unificò Ragusa e Gravosa, chiamandole Dubrovnik) nel 1915 e segue la famiglia che negli anni ‘20 va in esilio in Italia. Consegue il diploma di ragioniere all’Istituto “Nolfi” di Fano e nel 1936 entra nell’Accademia militare di Modena. Nell’ottobre del 1939 è nominato sottotenente di fanteria. Parte per l’Albania dove è destinato al 3° Granatieri e partecipa a numerose azioni di guerra al comando di un plotone di fucilieri della 7° compagnia. Per l’estremo eroismo dimostrato nella battaglia di M. Shpat, il 14 dicembre del 1940 è decorato di medaglia d’oro al V.m. che gli viene appuntata al petto dalla regina Elena che lo chiama “cugino” per il rapporto di parentela della famiglia De’ Fenzi - De' Vidovich - Missoni con la Casa reale montenegrina, con la seguente motivazione: “Comandante di un plotone fucilieri, si distingueva in numerosi combattimenti per l’ardire e l’entusiasmo che trasfondeva nei propri granatieri, guidandoli alla lotta. Durante un violentissimo attacco condotto da preponderanti forze nemiche, si prodigava incessantemente per incitare i suoi uomini al combattimento, portandosi con eroico ardire ove più ferveva la mischia. Mentre aiutava due granatieri feriti a recarsi in luogo più coperto, veniva colpito gravemente al viso da una raffica di mitragliatrice. Invitato dal comandante la compagnia a portarsi al posto di medicazione, fieramente rispondeva che, poiché l’avversario incalzava, suo dovere era di rimanere fra i propri uomini. Partecipava quindi, di nuovo, valorosamente alla lotta, lanciando bombe a mano contro il nemico in forze giunto a distanza d’assalto. Una fucilata gli faceva esplodere una bomba nella mano destra, asportandogli l’arto. Mutilato nel corpo, ma saldo nell’animo, lanciava a più riprese ai suoi granatieri il grido di fede e di lotta “Viva l’Italia”, fino a quando, per la grande perdita di sangue, si accasciava al suolo. Espressione delle più salde virtù militari”.
Per le gravi mutilazioni riportate in battaglia, Missoni viene collocato a riposo, si dedica al giornalismo, collabora all’Avvenire di Bologna e nel 1942 pubblica uno studio intitolato L’Italia ritorna in Dalmazia. Si trova a Bologna, ospite dell’istituto Rizzoli dove gli veniva adattata la protesi all’arto amputato, quando viene firmato l’armistizio. Muore a Castelfranco Emilia, ucciso dalle bombe anglo-americane durante una pesante incursione aerea il 17 settembre 1944.



OTTAVIO MISSONI
Divenne il più famoso stilista italiano, "maestro del colore", tra i padri fondatori del Made in Italy con i suoi arazzi coloratissimi, patchwork, righe e un caleidoscopio di motivi e di tinte.

"Un uomo geniale, pieno di talento, un colorista fantastico, avrebbe potuto fare il pittore" racconta la moglie Rosita, classe 1931, con la quale fondò la casa di moda Missoni scegliendo, oggi diremmo in "modo sostenibile", di trasferire casa e bottega a Sumirago, dove poteva anche continuare ad allenarsi. Perché prima di essere uno stilista Ottavio Missoni era anche un atleta fenomenale, finalista dei 400 metri ostacoli alle Olimpiadi di Londra 1948, campione del mondo studentesco nei 400 metri piani e vincitore di otto titoli nazionali. E ancora nella categoria master, con titoli e medaglie nel nuoto, nel lancio del giavellotto e del peso.  
Nato e cresciuto a Zara, dove la famiglia si stabilì quando lui aveva pochi anni, ma triestino di adozione, Missoni ha sempre rivendicato le proprie origini orgogliosamente italiane con i sentimenti feriti di un esule. "Noi della costa non siamo né danubiani né balcanici, e se qualcuno oggi la chiama Croazia io insisto a dire che è e rimane sempre Dalmazia", soleva dire spesso.

I ricordi sono quelli di un esule: "L'ultimo Natale a Zara - aveva raccontato - è stato quello del 1941, poi sono andato militare. Quando ci furono i bombardamenti degli anglo-americani, io ero prigioniero in Egitto, mio padre e mio fratello erano imbarcati. A casa era rimasta mia madre che, ai primi del 1944, è fuggita da sola a Trieste lasciando tutto, ma portandosi via il pianoforte, che ancora abbiamo". Il resto andò perduto, anche la casa di famiglia. 

Nel 1935, a 14 anni, Missoni aveva cominciato a praticare seriamente l'atletica, nei 400 piani e nei 400 ostacoli. Nel 1939 era diventato campione mondiale studentesco a Vienna e dopo la guerra, che gli aveva portato via i migliori anni per lo sport, aveva partecipato alle Olimpiadi di Londra nel 1948 (classificandosi al sesto posto nella finale dei 400 ostacoli e correndo la staffetta 4x400) ed era poi arrivato quarto agli europei del 1950.

Nella sua carriera ha vestito 23 volte la maglia azzurra e conquistato 8 titoli italiani. Ma era rimasto sempre uno sportivo e, con l'avanzare dell'età si era dedicato ai lanci, partecipando perfino ai mondiali di giavellotto (per 'under 90', disse con autoironia prima di compierli). 
A Londra Ottavio aveva conosciuto Rosita Jelmini, figlia di imprenditori tessili lombardi, e con lei, diventata sua moglie, iniziò a sviluppare la sua attività, già iniziata da solo con una piccola produzione di indumenti sportivi, il nucleo di quell'impresa che avrebbe portato la coppia sulle vette della moda. 
Agli esordi, aprirono un laboratorio a Gallarate. Il salto avvenne nel 1958, quando la Rinascente commissionò ai Missoni 500 abiti a righe.

"Tentavamo di lavorare sul colore ma, con le macchine che avevamo allora, era difficile" ha ricordato Tai in seguito (Balthus lo definì "maestro del colore"). 

Dall'esigenza creativa si sviluppò la ricerca tecnica.
Nel 1969 Tai e Rosita costruirono lo stabilimento e la casa di Sumirago, nel Varesotto. All'inizio degli anni 70 fu successo mondiale: arazzi coloratissimi, patchwork, righe e fiammati arcobaleno e il famoso 'put together', espressione con cui Ottavio spiegò agli americani che si trattava di 'mettere insieme' fantasie di punti e colori che mai nessuno avrebbe osato accostare, in un caleidoscopio di motivi e di tinte. 
Una vita, quella di Missoni, dedicata allo sport, al lavoro ed all'associazionismo della Diaspora dalmata, non mancando mai di partecipare ai raduni annuali ed ai principali appuntamenti del Libero Comune di Zara in Esilio.
Le sue ultime settimane di vita furono però segnate dalla tragica scomparsa del figlio: era il 4 gennaio 2013, quando un piccolo bimotore britannico Norman BN2, decollato dallo scalo di Los Roques precipita nelle acque nel mar dei Caraibi. A bordo Vittorio Missoni, la compagna Maurizia Castiglioni, e una coppia di amici, insieme ai due piloti del velivolo, i cui resti furono rinvenuti mesi più tardi e dopo la morte di Ottavio, avvenuta la notte dell'8 maggio 2013.
L'originalità e la riconoscibilità di questa moda ha portato i Missoni nei più importanti musei. Gli arazzi in mostra e nel centenario della sua nascita, il Museo MA*GA di Gallarate (VA), che nel 2015 dedicò alla Maison un’ampia antologica, presenta il nuovo allestimento della Sala Arazzi Ottavio Missoni, in collaborazione con la Fondazione Ottavio e Rosita Missoni. 
La sezione, divenuta parte permanente della collezione, conserva una serie di grandi arazzi realizzati in patchwork di tessuto a maglia, allestiti in uno spazio immaginato dal figlio Luca Missoni e progettato da Angelo Jelmini, per sottolineare la valenza di queste particolari realizzazioni tessili di Ottavio Missoni il quale, a partire dagli anni Settanta, li elegge come esclusiva tecnica di espressione artistica, capace di concentrare in modo peculiare gli interessi trasversali, sia nella moda che nell'arte, per materia e colore. 
“In occasione dei 100 anni dalla nascita di mio papà - dice Luca Missoni - ci è sembrato naturale avvalorare l’esposizione dei suoi arazzi nella sala del museo a lui dedicata con una narrazione tematica del suo lavoro artistico. Una selezione di studi originali, da sempre disegnati usando pennarelli colorati su carta a quadretti, realizzati per progettare le sue creazioni e i suoi arazzi. Una scelta di tessuti in maglia, alcuni dei quali già esposti nel 1975 alla sua prima mostra alla Galleria Il Naviglio di Venezia".

TEODORO MISTACHIELI
Proviene dalla Dalmazia, ma la tradizione ignora il luogo della sua nascita. È sindaco e pro-rettore degli Artisti all’Università di Padova nel 1643.

FRANCESCO MITIS
Nasce a Cherso, è avvocato e tra il 9 febbraio al 4 luglio del 1849 combatte alla difesa della Repubblica Romana.

SILVIO MITIS
Nasce a Cherso nel 1853. Noto professore, diventa preside di liceo nel quale insegna. Scrive numerosi saggi sulla Storia d’Istria e Dalmazia e collabora con la “Rivista Dalmatica”. Muore a Pola nel 1934.

GIUSEPPE MLADINEO
Deputato della dieta del regno di Dalmazia per il Partito autonomista dalmata, filoitaliano, è stato eletto nella circoscrizione di Spalato dal 1871 al 1874.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.