Brindisi 10 febbraio 1924. Scoprimento della lapide in ricordo del salvataggio dell'esercito serbo.
(fototeca Briamo - Biblioteca Arcivescovile "A. De Leo")
"Dal dicembre MCMXV al febbraio MCMXVI le navi d'Italia con cinquecento ottantaquattro crociere protessero l'esodo dell'esercito serbo e con duecentodue viaggi trassero in salvo centoquindicimila dei centottantacinquemila profughi che dall'opposta sponda tendevano la mano".
La cerimonia del 10 febbraio fu accuratamente preparata ed organizzata dal Comando Militare Marittimo di Brindisi con le autorità civili. I corsi Umberto e Garibaldi furono addobbati con bandiere, come anche la stazione ferroviaria, e per le strade della città suonava il concerto musicale di Francavilla Fontana.
Il programma prevedeva l’arrivo in tarda mattinata, con il treno proveniente da Roma, delle principali autorità militari tra cui il Comandante del Corpo d’Armata il generale Umberto Montanari e l’addetto militare alla Legazione di Serbia a Roma generale Milan Jetchmenitch, oltre ai prefetti, sindaci e varie autorità civili e militari provenienti dalle principali città pugliesi. Questi si riunirono in colazione nel circolo militare “Principe di Piemonte” presso il Castello Svevo.
La commemorazione sul lungomare ebbe inizio nel pomeriggio: su via Marina gremita di gente vennero sistemate tre tribune, sui palchi di prima, seconda e terza fila presero posto i combattenti, mutilati, orfani di guerra, rappresentanti delle cooperative e dei sindacati, insegnanti delle scuole elementari e complementari e le famiglie più importanti della città. Altri invitati si accalcavano sulla nave San Marco attraccata al molo mentre il piroscafo Vienna fu fatto approdare di fronte agli uffici del Lloyd Triestino.
Non appena l’epigrafe fu scoperta partirono le musiche dall’inno reale e serbo intonato dalla banda musicale di Francavilla Fontana e la fanfara del 47° Fanteria, i battaglioni schierati presentarono le armi ed i marinai allineati sulla San Marco lanciarono il triplice grido di “Viva il Re” tra gli applausi del numeroso pubblico presente e le salve delle navi in porto. Gli stessi marinai eseguirono in coro l’Inno al Piave ed altre canzoni patriottiche sotto la direzione del maestro brindisino Angelo Vitale.
Subito dopo la benedizione dell’arcivescovo Tommaso Valeri, presero la parola i diversi oratori sul palco addobbato con bandiere italiane e Jugoslave davanti alla Dogana. In ordine parlarono l’ammiraglio Diego Simonetti, il generale Montanari in rappresentanza del Ministro della guerra, quindi il generale Jetchmenitch, che nel suo discorso pronuncio le seguenti parole: "quale magnifico sforzo compié allora la Regia Marina Italiana trasportando in breve tempo nell'Adriatico e nel Mediterraneo, travagliati in quella stagione di fiere tempeste, circa centocinquantamila soldati serbi, alcune migliaia di cavalli, un certo numero di cannoni ed una folle enorme di profughi! Questo aiuto prestato con grande abnegazione nel 1915 e nel 1916, dall'amica Marina Italiana all'esercito serbo, recò inapprezzabile vantaggio alla causa comune degli alleati perché questo stesso esercito, tre anni dopo, con l'aiuto alleato, ruppe le linee nemiche del fronte di Salonicco e con ciò contribuì ad affrettare la fine della guerra. Oggi nell'ottavo anniversario di questa grande impresa della gloriosa Marina Italiana, impresa eternata in questa lapide, io, a nome dell'esercito dei Serbo – Croati - Sloveni, mi inchino dinanzi a questo monumento e, deponendovi questa corona, grido: Viva S.M. il Re d'Italia, il rappresentante de il primo marinaio della gloriosa Marina Italiana!"
Prese infine la parola il pro-Sindaco dott. Giuseppe Simone in sostituzione del sindaco Serafino Giannelli assente per indisposizione.
Sulla lapide vennero appese le corone di alloro della Marina Militare italiana, del Municipio di Brindisi e del Governo serbo sul cui nastro era scritto: "L'esercito Serbo - Croato - Sloveno alla valorosa Marina Italiana in segno di gratitudine"
Terminata la cerimonia, le truppe e le associazioni formarono un corteo che dalla marina sfilarono lungo i corsi sino al Teatro Verdi, per rendere omaggio alle autorità qui riunite. Il corteo proseguì su corso Umberto e terminò in via Indipendenza. Nel salone del Verdi fu allestito un ricevimento per le autorità e subito dopo gli invitati si accomodarono all’interno del teatro per seguire gli interventi dell’assessore comunale avv. Vincenzo Fiori e del commendatore Angelo Titi. Alle ore 18,30 gli ospiti furono accompagnati alla stazione per il saluto militare prima del rientro verso le rispettive sedi.
La vera domanda è perché questa storia sia rimasta taciuta. Forse dal momento che all’Italia vennero fatte importanti promesse territoriali sul mar Mediterraneo, questa sarebbe diventata una potenza egemone nella regione, fatto inaccettabile sia per la Francia che per l’Inghilterra. Le promesse del Patto di Londra rimasero infatti lettera morta.
Uno dei motivi è senz’altro che tali concessioni territoriali sarebbero state a discapito della stessa Serbia, che dopo la guerra avrebbe formato insieme agli ex territori dell’Impero d’Austria-Ungheria, il Regno di Serbi, Croati e Sloveni.
Anche nel primo dopoguerra ci fu una guerra mediatica, della quale fu vittima l’Italia, a tutto vantaggio di francesi e inglesi, cui fu riconosciuto il merito di aver salvato la Serbia.
Furono 350 imbarcazioni della marina militare italiana a portare in salvo l’esercito serbo, e non le navi francesi.
Probabilmente, se all’Italia fossero stati riconosciuti i meriti del proprio intervento umanitario la storia sarebbe rimasta la stessa, ma forse, oggi, nel cuore di Kalemegdan, la fortezza nel centro di Belgrado, non avremmo un monumento di dieci metri “alla Francia”, ma un riconoscimento alla nostra Italia.
A conferma dell’intervento umanitario dell’Italia è stata portata alla luce anche una lettera di ringraziamenti del primo ministro Nikola Pašić del 22 febbraio 1916, in cui afferma: “per il trasporto dei serbi dall’Albania, esprimo i miei più sinceri ringraziamenti alla monarchia italiana per l’immediato ed efficace intervento della marina del Regno d’Italia”.
Nonostante l’aiuto dato alle truppe e civili serbi in fuga, la Serbia, componente preponderante delle due Jugoslavie, ci ha ringraziato vessando la nostra gente d’Oltre Adriatico.
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