martedì 17 ottobre 2023

MARINO DARSA

Sacerdote a diciotto anni, nel 1526 diventa uno dei due rettori della chiesa di Tutti Santi a Ragusa. Un decennio dopo, a 30 anni, riceve dal Senato una borsa di studio per specializzarsi in diritto canonico a Siena e anche qui viene eletto dagli studenti Vicerettore facente funzioni del rettore dell’Università. Si mette in contatto con alcune compagnie teatrali ed in breve tempo acquisisce fama di organizzatore di scollacciate feste goliardiche. In una di queste, che si svolge nella casa di un nobile del contado di Siena, Darsa recita la parte dell’amante in una commedia molto spinta, forse di sua produzione. Lo spettacolo viene interrotto dall’irruzione della polizia e Darsa è arrestato insieme agli amici e accusato per comportamento indecente.

Il sacerdozio mal si concilia con la sua attività di gaudente e nel 1545, dopo sette anni di vita allegra a spese del Senato perde ogni interesse per gli studi e torna a casa. Amante della bella vita, si indebita fino alla collo e, assillato dai creditori, si mette al servizio come umile cameriere del conte Rogendorf, pur di viaggiare verso Costantinopoli. Successivamente si reca in Austria, a Vienna, ma dopo tre mesi torna a Ragusa. Si reca, quindi, di nuovo a Costantinopoli, questa volta in veste di interprete, ma il soggiorno finisce prima del previsto. Si stabilisce a Ragusa dal 1548 e per i successivi dieci anni scrive e mette in scena quanto ha visto ed udito in quarant’anni di vagabondaggi ed i suoi spettacoli scuotono l’ambiente raguseo ed in particolare i gruppi di potere.

Amareggiato dalle avversità incontrate in patria, di cui non condivide il rapporto definito servile nei confronti dei turchi, entra in conflitto con l’oligarchia dominante nella repubblica e nel 1560 si trasferisce a Venezia e diventa Cappellano del Vescovo. Nel 1566, a Firenze, tenta di mettersi in contatto con Cosimo de’ Medici. In sei lettere (la prima, andata perduta, contiene un’ampia descrizione della situazione politica di Ragusa) chiede aiuto per ordire un colpo di stato contro il governo di Ragusa “guidata da venti pazzi e brutti mostri, ridicoli negli occhi del mondo”. Cosimo non prende in considerazione la proposta e queste lettere saranno probabilmente la causa della sua morte improvvisa. Muore a Venezia il 2 maggio 1567 all’età di 59 anni, per cause ignote. È sepolto nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo di Venezia.

Darsa non scrive in una sola lingua, scrive in italiano un gran numero di lettere e forse opere teatrali, in un linguaggio misto parlato dai popolani della Ragusa rinascimentale, composto da parole toscane, venete, ciacave e stocave. È il primo scrittore dalmata con sensibilità moderna e le sue commedie sono considerate oggi tra le migliori della letteratura europea e paragonate a quelle di Lope de Vega o Ben Johnson. Tutte le sue opere sono scritte nel decennio tra il 1548 e il 1558. Dotato di notevole abilità nel mettere in scena quanto aveva visto nella sua burrascosa vita, descrive personaggi reali trasportati dalla piazza al palcoscenico che sono facilmente riconoscibili, specialmente quando sono la caricatura di politici locali. Lontano dalle tematiche devote, riporta sulla scena una serie di giovani amanti, vecchi avari, servi, vagabondi e cornuti e caratterizza magnificamente i personaggi con la loro parlata, a seconda dello stato sociale e della origine. Accusato di plagio è stato difeso da marino Vetrani il quale ritiene che la causa di tutte le imputazioni fossero solo l’impotenza, l’invidia e l’incomprensione, e che fosse solo reo di aver portato sul palcoscenico un teatro finora sconosciuto a Ragusa. Ha scritto versi d’amore, commedie e una tragedia nel linguaggio parlato dal volgo di Ragusa.

Il 2 maggio 1567 moriva a Venezia. Gli scrittori di Ragusa Mauro Vetrani, Antonio Sasin, Savino de Bobali e Michele Monaldi hanno immediatamente reagito alla notizia della sua morte con caldi versi, scrivendo una lapide in italiano — In morte del signor Marino Darsa:


Oggi sulla sua tomba a Venezia nella chiesa di San Giovanni e Paolo c'è questa lapide che riporta questa dicitura:


GRANDE COMMEDIOGRAFO | CROATO DEL RINASCIMENTO | MARIN DRŽIĆ | NATO A RAGUSA (JU) NEL 1508 | MORTO A VENEZIA | IL 2 MAGGIO 1567 | E SEPOLTO IN QUESTA BASILICA | A RICORDO DEL POETA | L’ACCADEMIA JUGOSLAVA | DELLE SCIENZE E DELLE ARTI | DI ZAGABRIA 1972.

Un insulto alla persona di Marino Darsa, a Venezia, all'Italia e a tutti gli italiani che credono alle barzellette croate e dei suoi sostenitori rinnegati.

Vi lascio il nome con cui si firmava Darsa:

N.B I caratteri diacritici non esistevano nel 1500.



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