Nasce a Spalato il 18 settembre 1822, in una famiglia benestante e nobile, da Giuseppe, magistrato, e da Elena Candido di Sebenico. Orfano a sette anni, è affidato alle cure scolastiche di Francesco Carrara a Spalato e nel 1849 si laurea a Padova in medicina. Si arruola nella Guardia Nazionale di Spalato e per due anni fa pratica in qualità di medico condotto della vicina Signa. Dal 1860 è podestà di Spalato per venti anni, deputato della dieta del regno di Dalmazia in Zara e dal 1867 di quella Imperiale di Vienna. Da podestà e quale deputato di Spalato, ottiene molti vantaggi per la sua città. Continuando la tradizione romana di Salona, inaugura nuove scuole e società (sei scuole slave nel contado, un Gabinetto di lettura slava, una casa di riposo, alcuni Circoli ricreativi e culturali, una società operaia, una di Ginnastica), fonda la Banca dalmata e l’Associazione dalmatica, allo scopo di raccogliere mezzi finanziari per la riscossa economica e morale della dalmazia. Fa costruire diverse importanti opere pubbliche, introduce l’illuminazione pubblica a gas, costruisce l’officina-deposito per il gas, la fognatura civica, una diga, una splendida fontana sulla riva (abbattuta dopo la Seconda guerra mondiale ed ora forse in fase di ricostruzione), un primo tronco ferroviario. Riorganizza il cimitero e riattiva il vecchio acquedotto dioclezianeo. Sostenitore delle idee mazziniane, fautore della romantica visione della Dalmazia, “ponte mistico” tra le civiltà dell’oriente e occidente, difende la componente italiana della Nazione dalmata, depositaria essenziale ma non esclusiva del patrimonio spirituale e collettivo e strumento indispensabile per attuare una grande missione civilizzatrice che egli attribuisce alla Dalmazia. Aperto e coraggioso oppositore della politica antitaliana dell’Impero austro-ungarico, Bajamonti è uno scomodo avversario di cui Vienna cerca più volte di liberarsi. Agli inizi della carriera politica, nel 1853, è per breve tempo addirittura incarcerato. Dal 1860 è il capo indiscusso degli autonomisti dalmati italiani croati e serbi, in contrasto con gli annessionisti che chiedono l’istituzione del regno trino di Croazia, Slavonia e Dalmazia. Presenta la dichiarazione con la quale il Consiglio Comunale di Spalato chiede l’unione della Dalmazia al regno Lombardo-Veneto, allora ancora nell’Impero, per contrastare la proposta di annessione alla Croazia avanzata dalla Conferenza del Banato di Zagabria. dopo un proficuo ventennio trascorso come podestà e deputato, respinge nel 1880 l’offerta del Governo viennese di essere inviato come rappresentante consolare in Italia, perché tale incarico lo avrebbe allontanato dalla Dalmazia. In seguito, il Consiglio municipale di Spalato viene sciolto d’autorità su pressione e con l’aiuto della gendarmeria ed è nominato un Commissario al fine di indebolire l’autorità del Podestà spalatino. Dopo le elezioni del novembre 1882, che hanno luogo sotto l’aperta intimidazione delle forze militari imperiali presenti in città e di una nave ancorata in porto con i cannoni puntati contro le rive, Spalato si vede imporre il suo primo podestà croato. Bajamonti continua, comunque, a far parte della dieta dalmata, eletto nella Camera di Commercio di Zara. Riesce ad ottenere significativi vantaggi per la sua terra e nel 1885 chiede l’adesione della Dalmazia all’associazione Pro Patria, quale quinta provincia italiana dell’Impero. Istituisce nel 1886 la società Politica Dalmata e nel 1888 la società Economica di Spalato. Nonostante l’assoluta devozione al bene pubblico del comune e dei concittadini e connazionali dalmati, ai quali aveva dedicato tutte le energie e profuso l’intero patrimonio familiare, Bajamonti muore avvilito a Spalato, nel gennaio 1891, perseguitato dagli avversari politici e dagli usurai. La sua analisi politica sulla situazione della componente italiana in Dalmazia si può desumere da queste due frasi, estrapolate da una lettera inviata da Bajamonti a Ettore Tolomei il 18 febbraio 1890: “Il pericolo per noi Italiani della Dalmazia è veramente massimo: siamo posti o quasi, fuori legge; ci chiudono tutte le scuole; ci è contestato […] ogni diritto nazionale, politico […] civile… “ “…ai dalmati italiani era stato tolto il controllo di gran parte delle amministrazioni comunali e della dieta Provinciale [del regno di Dalmazia]. Erano state chiuse quasi tutte le scuole inferiori italiane e croatizzate quelle superiori…”.
Perorazione del 1887 di Antonio Bajamonti alla “Dieta provinciale dalmata” alla antagonistica borghesia croata schierata su posizioni nazionaliste: “Noi (dalmati) fino dai primi tempi vi abbiamo accolti nei nostri lidi e voi ce ne discacciate assegnandoci come unica dimora il fondo del mare, noi vi abbiamo dato istruzione e voi ci volete condannare all’ignoranza…noi abbiamo attinto alle comuni tradizioni e voi in omaggio alla passione di partito chiudete il libro della storia…"
Antonio Bajamonti nella natia Spalato il 13 gennaio 1891; poco prima di morire, pronunciò una frase che riassume tutto il suo senso di profonda sconfitta: «A noi Italiani di Dalmazia non resta che soffrire» Il cordoglio fu unanime in tutta l’Istria e la Dalmazia, e anche i giornali del Regno d’Italia dedicarono ampi spazi a questa figura di patriota.
Perfino alcuni uomini politici e giornali slavi, riconobbero il valore di Bajamonti, e la sua dedizione a Spalato e alla terra dalmata. È importante ricordare, per dare il senso del calvario dell’etnia italiana nella Dalmazia di quegli anni, il messaggio quasi disperato inviato per i funerali del Bajamonti dai giovani italiani di Cattaro: «Gioventù di nazionalità italiana di Cattaro, piangendo venerando patriota, augura che l’esempio da lui dato non rimanga infecondo.»
Purtroppo, questo grido di dolore rimase inascoltato: anche dopo morto, il povero Bajamonti era destinato a continuare a subire angherie, poiché la sua memoria fu a lungo infangata dai governi austriaci prima, e da quelli jugoslavi poi, mentre in Italia il suo nome finì tristemente nell’oblio insieme al ricordo dell’italianità dalmata.
Il primo teatro spalatino fu il "Teatro Bajamonti", inaugurato il 27 dicembre 1859 e finanziato in gran parte da Antonio Bajamonti. Questo teatro era capace di contenere 2000 persone, a seconda del tipo di rappresentazione.
Il teatro fu costruito nell'attuale Piazza della Repubblica. La costruzione della piazza fu iniziata nel XIX secolo da Bajamonti, che voleva mostrare che Spalato era completamente appoggiata alle tradizioni italiane. Lo dimostrano arcate come quelle veneziane, o rilievi sopra le finestre che riflettono influenza dell’antichità e del rinascimento.
La parte integrante della piazza è anche il largo, che si trova al lato meridionale, che fino al 1947 ospitava una monumentale fontana in stile neoclassico, rasa al suolo dalle autorità comuniste che la identificavano con l’occupazione miltare italiana.
Il Teatro Bajamonti rimase in funzione fino al 1880 e vide addirittura, la notte del 1881, il magnifico teatro da lui costruito anni prima, distrutto da un incendio.
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