L’architettura sacra dell’Istria conta un notevole numero di chiese e non poche sedi conventuali ma si tratta per lo più di un’architettura misurata, che risente della scarsità di risorse dell’antica provincia. Non manca qualche edificio di buon valore artistico, quale la basilica di Parenzo, ricordata dai libri di storia dell’arte, ma molte sono le costruzioni minori sia di città che di campagna e delle zone interne tanto povere da essere ormai disabitate. Costruzioni che non mancano tuttavia di presentare motivi di un richiamo formale e immediato grazie ad una ambientazione spontanea e priva di esibizionismo con contenuti poco o nulla conosciuti.
Un piccolo mondo in gran parte appartato e pertanto abbandonato il più delle volte a se stesso finché, nel risveglio generale degli studi verificatosi a partire dalla seconda metà del 1800 anche per quanto riguarda le arti minori popolari e il campo folcloristico, le cose sono cambiate. L’amministrazione civile austriaca ha dato inizio all’opera di ricognizione ed inventario di un patrimonio degno di considerazione, che nel primo dopoguerra veniva ripresa dalla soprintendenza italiana delle antichità e opere d’arte con buoni esiti dovuti al soprintendente Santangelo e al ricercatore A. Morassi, con restauri murari, rimessa in luce e salvaguardia specialmente degli affreschi medioevali inconcepibilmente coperti sotto calce nelle chiesette di Sanvincenti, Vermo, Muggia Vecchia, Portole, Cristoglie, con rilievi di piante e sezioni di non pochi edifici.Nel secondo dopoguerra destinavano la loro attenzione, tra l’altro, a questo patrimonio ricaduto talora in disordine e in condizioni di difficoltà studiosi quali il medico umanista Giusto Borri e il ricercatore e storico mons. Luigi Parentin.
L’ubicazione delle chiesette istriane si presenta addensata specialmente nelle zone occidentali della penisola, particolarmente a nord-ovest, ma non manca nelle zone interne anche più impervie e incontaminate. Le chiesette a contatto con il mare sono sedi di piccoli santuari mariani (Semedella presso Capodistria, Rovigno, Cigale presso Lussinpiccolo) e raccolgono pertanto numerosi ex voto marinari, particolarmente apprezzati per più motivi (anche di documentazione storica e tecnica) ma non solo, mentre le chiesette più interne, di cui si è fatto cenno, non mancano di pitturazioni murarie di vario soggetto, in cui si può ipotizzare l’influenza esercitata in loco da qualcuno dei non pochi feudatari tedeschi del primo medioevo, in uno con statue e sculture lignee dipinte e dorate. Non manca però ad arrivare anche qualche influsso veneto magari mediato da qualche pittore popolaresco della costa, come Ognibene da Treviso e come i capodistriani Clerigino che non disdegnavano di prestare la loro opera anche nel poco praticato interno.
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