domenica 22 ottobre 2023

ITALIANITÀ FIUMANA E DALMATA: LE PAROLE DI LUISA MACINA GERVASIO E DEL GEOGRAFO COSIMO BERTACCHI

Due testimonianze storiche che testimoniano e registrano l'italianità storica e culturale di Fiume e della Dalmazia.

Innanzitutto lasciamo direttamente la parola alla triestina Luisa Macina Gervasio, nota al tempo come Luigi di San Giusto per avere l'opportunità della pubblicazione dei propri testi (morì nel 1936), da "Italia nostra": "Fiume, che è parte così cara dei nostri sogni, oggi, nell'ora sperata della liberazione di tutte le terre nostre, giace in una posizione veramente incantevole sulle foci della Fiumara. Di là si gode la vista splendida delle coste istriane, del Monte Maggiore e delle isole del Quarnero. La popolazione di Fiume è intelligente e attiva, e si dedica quasi interamente alla navigazione e al commercio. Vi sono belle strade alberate e fiancheggiate da eleganti palazzi; vi sono teatri, scuole, istituti di beneficenza. È insomma una città ricca, alla quale non manca altro che la libertà!

In alto, dietro la città, si eleva nudo e roccioso il monte Tarsato, sul quale esiste ancora un convento di frati francescani, fondato da italiani; e vi sono ancora le rovine di un castello, già appartenente ai conti Frangipani. Il porto di Fiume è uno dei più affollati del mondo, e vi si vedono navi di ogni nazionalità. Ma nonostante questa affluenza di gente di stirpi diverse, che parlano ciascuna il proprio linguaggio, la popolazione di Fiume parla soltanto il suo dialetto. Fiume non ha rinunciato alla sua lingua, come non ha rinunziato alle sue speranze.

L'italianità di Fiume si afferma nel sorriso del suo cielo azzurro, suona nella leggiadria del suo dialetto, si cela nella grazia della sua architettura. L'italianità di Fiume è scolpita profondamente nell'animo dei suoi cittadini.".

Segnalando poi la comunanza linguistica e culturale, là dove ancora v'erano i Leoni di San Marco, si sottolinea come anche la Venezia Giulia e la Dalmazia siano Italia.

Di seguito invece le parole del geografo italiano Cosimo Bertacchi, che scrisse nel 1916 l'opuscolo "Italia del suo ferro cinta sulle alpi e sul mare", quando ancora non si era consumato il tradimento degli alleati:

"Tutto il mare dalmata fu dapprima mare romano, poi mare veneziano, e sempre, ancora deve esser mare soltanto italiano. Sino a Fiume giunge l'estremo lembo della grande barriera, che Dio pose tra l'Italia e gli altri popoli. Le Alpi Giulie han termine lì. E lì comincia la costa dalmata nostra! Nostra. Perché essa chiude l'Adriatico, a oriente: l'Adriatico, mare nostro."

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