La verità è che gli Italiani nell'Impero Asburgico hanno vissuto cinquant'anni di sistematica persecuzione culturale, linguistica, religiosa e fisica.
"[...] Dopo la battaglia navale di Lissa del 1866, in Dalmazia come nel Trentino e nella Venezia Giulia tutto ciò che era italiano venne avversato dagli austriaci. Non potendo tedeschizzare quelle terre perché troppo lontane dall'Austria, venne favorita la cultura slava a danno di quella italiana. Nelle varie città dalmate a mano a mano l'amministrazione da italiana passava a croata. Nel 1861 gli 84 comuni dalmati erano amministrati da italiani. Nel 1875 risultava che 39 di essi avevano amministrazione croata, 19 italiana ed i restanti bilingue. I comuni con amministrazione italiana erano: Blatta, Brazza, Cittavecchia di Lesina, Clissa, Comisa, Lissa, Meleda, Mezzo, Milnà, Pago, Ragusa, Sabbioncello, Selve, Slarino, Spalato, Solta, Traù, Verbosa e Zara. Nel 1873 Sebenico passò all'amministrazione croata, così come nel 1882 Spalato, nel 1886 Traù, nel 1904 Arbe e nel 1910 Slarino che lasciava sola Zara.
Inoltre dal 1866 al 1914 - ad eccezione di Zara - vennero chiuse le scuole italiane e aperte quelle croate. Il tracollo della componente italiana in Dalmazia è dovuto soprattutto a questo fatto, non avendo più essi libertà di espressione culturale. La trasformazione delle scuole italiane in croate fu accompagnata da numerose proteste, persino nella remota Tenin in cui numerose famiglie chiedevano il mantenimento della lingua italiana. A Lissa una petizione fu portata addirittura all'imperatore. Fu così fondata negli anni novanta la Lega Nazionale, la cui sezione dalmata gestiva a proprie spese scuole private italiane. Esse erano presenti a: Cattaro, Ragusa, Curzola, Cittavecchia di Lesina, Spalato, Imoschi, Traù, Sebenico, Scardona, Tenin, Ceraria, Borgo Erizzo, Zara ed Arbe (oltre a Veglia, Cherso, Unie e Lussino).
Tutto questo avveniva in un clima di continue vessazioni da parte degli slavi che a mano a mano conquistavano il potere. Antonio Baiamonti fu podestà di Spalato prima che essa cadde nelle mani dell'amministrazione croata. Egli spese tutta la vita e le proprie sostanze per la sua città, sostanze che mai vennero rimborsate dagli austriaci nonostante le ripetute promesse. Morirà a 69 anni indebitato fino al collo. Diceva spesso: "A noi italiani di Dalmazia non resta che un solo diritto: quello di soffrire!. [...]"
(Matteo Bartoli, Le parlate italiane della Venezia Giulia e della Dalmazia, 1919)
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