martedì 10 ottobre 2023

IL CONFINE ORIENTALE D’ITALIA: IL VALICO DI NAUPORTO E ALCUNE INFORMAZIONI CHE È BENE SAPERE SU POSTUMIA

Quando si parla di confine orientale spesso si omette l’area carsica e per qualche secolo carniolana di Postumia e Longatico, forse perché nei tempi più recenti la popolazione era più compattamente slovena, forse a causa del fatto che queste aree, pur essendo da un punto di vista alpino al di qua delle Alpi Giulie e dunque geograficamente italiane, si troverebbero nell’area del bacino del Mar Nero. Eppure, anche queste aree incluse nei sacri confini della Patria meriterebbero di tanto in tanto una menzione.

1) Le testimonianze storiche parlano chiaro: sino al 1200, anche l’area di Postumia e Longatico aveva una forte presenza ladino-friulana, che fu per secoli maggioranza linguistica. Gli slavi, che si stavano avvicendando già da qualche secolo, divennero la maggioranza soltanto nei secoli a seguire, pur facendo sempre riferimento a centri cittadini italiani, pur essendo sempre a stretto contatto con i mercanti veneziani e pur essendo a contatto con la cultura italiana, le cui radici linguistiche e culturali si facevano ben sentire. 

Insomma, se fino a quel momento le Alpi ci avevano protetto, ora questo iniziò a venire meno, ma con una significatività molto ridotta, visto che i parametri etnici sono, come ripetiamo tutti i giorni, da subordinare a quelli storici e culturali per ovvi motivi.

2) Inoltre, quest’area fu inserita nei vari Regnum Italiae ostrogoti, bizantini e carolingi nati dopo il crollo dell’Impero Romano.

3) In terzo luogo, non considerare quest’area italiana soltanto perché l’architettura non è friulana ma piuttosto di ispirazione carniolana ed austriaca (non di certo slovena, perché non si sviluppò mai per ovvi motivi) sarebbe non solo un torto alla storia e una giustificazione alle colonizzazioni, ma anche un torto alla geografia.

E se si ritiene di dover cercare troppo lontano la latinità e l’italianità, sarebbe opportuno fare una riflessione: se Madre Natura ha così creato l’Italia, ne deriverà che l’Italia avrà certamente diritto al suo territorio così com’è definito da sempre e descritto da 2000 anni. Se un popolo si trova stabilito al di fuori di un territorio già ben definito e dove le radici latine non sono particolarmente radicate, si converrà che questo avrà anche il diritto di restarvi. Ben diverso il caso in cui si colonizza un’area già ben definita culturalmente e geograficamente e poi dopo alcuni secoli la si reclama! 


4) Purtroppo, nei secoli successivi le orde slave al servizio del ducato di Carniola, volendosi opporre al Patriarcato di Aquileia, insidiarono (secondo molte testimonianze, anche in modo violento) le popolazioni locali ed autoctone, finendo per ridurle. Comunque il francese Auguste De Marmont, nel suo censimento napoleonico delle Provincie Illiriche, registrò diverse centinaia di "cittadini di lingua italiana" nella Carniola occidentale (dov'era inclusa la Venezia Giulia): questo significa che ai tempi di Napoleone ancora era presente l'elemento neolatino nell'area di Tolmino ed Idria. Secondo alcuni calcoli sui censimenti austriaci del 1910, inoltre, gli italiani (ma dell’Alto Isonzo) potevano raggiungere il numero di 5.000 unità. 

Esuliamo da Postumia ancora per un istante per un'altra informazione interessante. A Santa Lucia d'Isonzo (attuale "Most na Soči") vicino Tolmino troviamo i resti di una casa romana, restaurati e tutelati, che fu in uso anche ai tempi di Carlo Magno: nella locale chiesa di S. Mauro, che venne menzionata per la prima volta negli scritti risalenti già al 1192, si trovano chiari riferimenti a cognomi tipicamente neolatini dell'area di Tolmino.


Inoltre, su Kataweb leggiamo una notizia che anche se priva di verifica (che cercheremo di svolgere) ha risvolti interessanti: Dante, dopo aver visitato Tolmino e Postumia, avrebbe annotato che vi si parlava un "italiano arcaico" simile a quello di Udine. Friulano, sostanzialmente!

Tornando al Postumiese, i centri cittadini, proprio perché fino a pochi decenni fa non si poteva parlare in questi territori di città quanto piuttosto di paesi, non offrono molto da visitare da un punto di vista architettonico, fatta eccezione per qualche chiesa.

Ma la semplicità rurale si coniuga perfettamente con una delle meraviglie più note al mondo intero che, ahinoi, avrebbe potuto continuare ad essere italiana come fu sino al 1947, ovvero le grotte di Postumia.


6) Aggiungiamo che secondo i censimenti del 1921 il 17% della popolazione di Postumia era di lingua italiana, e se questo dato poteva essere rafforzato dai funzionari là inviati dopo l'annessione del 1918, un numero comunque consistente come il 17% segnala che alcuni italiani già vi avevano continuato ad abitare nel centro della città nonostante tutto.

Quanto a Longatico, la località non fu annessa nel 1918, malgrado (sic!) fosse già stata occupata nell’ottica di annetterla e ormai fosse stata insediata un’amministrazione di tipo civile. Tradimento internazionale da una parte, fragilità e debolezza della diplomazia italiana dall’altra... 

Effettivamente, va detto che quest’area è di difficile comprensione geografica: confine a Planina o al valico di Nauporto? Non vi è un limite netto come per il Tricorno o il Monte Bianco, e le montagne diventano alte colline dove la cresta che separa la catena montuosa e dunque l’Italia dai Balcani è difficilmente individuabile e distinguibile. Sono comunque molte le interpretazioni che già secoli prima dell’Ottocento includono Longatico in Italia.

Longatico (toponimo italiano di origine latina, e mai slava), e con essa Circonio e Blocche, fu annessa tra il 1941 e il 1943, ma inquadrata nella provincia di Lubiana.

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