Affari loro? No, sono anche affari nostri, innanzitutto perchè, come si vede dalla cartina, sono avvenuti anche entro la fascia del Regno d'Italia, ma anche perchè se Tito e soci non avevano remore a uccidere i connazionali, vecchi, donne e bambini, che remore volete che avessero a far fuori gli italiani che gli jugoslavi odiavano fin dai tempi del Risorgimento? E' inutile che la truppa dei contraddittori allo sbaraglio si avventuri a parlare di certi argomenti, e mandi ultimamente in giro un personaggio che in tono fintamente pacato, presentandosi con una claque di amici, infila alcune stupidaggini da un suo libro, tra cui che quelle terre non sono mai state italiane e lo diventarono solo nel 1918. Ha forse mai letto una pagina non dico della Storia di Venezia e dell'Italia pre-unitaria, ma perlomeno del Risorgimento? Evidentemente no. E allora cosa farnetica?
Prendo dunque atto dello sdegno e lo condivido. Ma perchè scandalizzarsi? E' l'ennesima sparata acidula e sboccata di gente che non sa tacere, proprio perchè, ignorando di essere ignorante, crede di sapere e perciò parla. Aggiungeteci il pungolo della coscienza, la reazione infastidita del buio che non sopporta la luce, luce sui cadaveri, quei cadaveri così ingombranti, così accusanti perchè tenuti nascosti, peggio ancora, così italiani, e capirete che questa gente ce la ritroveremo sempre davanti, coi suoi feticci, il suo giustificazionismo, le sue reazioni isteriche di fronte allo scoperchiarsi della Storia, ragion per cui, più che le indignazioni, sono le argomentazioni storiche e razionali che la devono mettere a tacere assieme alla ridicolaggine che bisogna rovesciarle addosso.
Anche a stare a sentire, per penitenza, ciò che dicono, si tratta di tesi sfilacciate che valgono quanto quelle di chi, dopo aver letto frettolosamente duecento pagine sul Risorgimento, si mette in cattedra con la pretesa di parlarne. E' gente che non sa quali erano i confini della Dalmazia, le sue città, la sua storia, i sui problemi, i suoi personaggi illustri, i suoi monumenti, e se le rivolgi una qualunque domanda elementare sul confine orientale non sa da che parte voltarsi. Il bello è che non sa neanche del “fascismo di confine” intorno a cui sventola da anni un falso volantino squadrista che avrebbe ingiunto a tutti quanti gli slavi di parlare l'italiano, dando a credere che i nomi del lago di Circonio, del monte Nevoso, di Santa Lucia d'Isonzo e di San Dorligo della valle li abbia inventati il fascismo per sostituirli ai nomi sloveni. Ma hanno forse letto un solo articolo di un solo decreto di quel regime che conoscono solo per sentito dire? Per esempio il decreto 31 maggio 1941 poi convertito in legge?
Un giorno qualcuno metterà le loro facce di bronzo, e ce le lascerà, nei famigerati lager di Borovnica, Maribor, Karlovac, Buccari, Spalato, Aidussina, nel fatiscente e macabro castello di Skopia Loka e in decine d'altri campi di eliminazione in cui migliaia e migliaia di nostri connazionali, militari e civili, vennero sottoposti a inaudite sevizie indegne dei selvaggi più retrivi, fatti morire lentamente di fame, di freddo, di malattie, torture ed estenuazione nelle marce, nei lavori forzati, nelle miniere e nelle cave per puro bestiale sadismo espletato peraltro contro tutti: fascisti, antifascisti, dissidenti politici, individui sospetti, comunisti deviati, militari, civili, preti, suore, e perfino reduci dei lager nazisti. L'OZNA, la polizia segreta jugoslava, e il suo spietato braccio operativo, il KNOJ, trascinava via tutti quelli che gli pareva e lo stesso Tito si compiaceva del “gelo nelle ossa”che incuteva in tutti quanti, slavi compresi. Non per nulla, ben 60.000 fra croati e sloveni si accodarono agli italiani nella fuga dal “paradiso jugoslavo”. Io ne conobbi uno anni fa a Riccione, felicemente sposato a un'italiana: mi raccontò della fuga su di una barca di fortuna, lui aveva 9 anni, il padre ferito dai colpi dei titini che sparavano dalle alture, pianti, preghiere, disperazione: furono salvi per miracolo ma il padre morì di lì a poco, la madre restò segnata per sempre, e lui per decenni ebbe gli incubi.
La giornalista dell'Avvenire che esattamente un anno fa scrisse in un suo articolo che chi nega la tragedia delle foibe e dell'esodo, e negare vuol dire anche giustificare, minimizzare e rivoltare le carte, appartiene a un passato morto e sepolto, deve ricredersi: nossignore, non sono morti e sepolti ma li abbiamo in casa, occupano perfino certi scranni, e, mal che vada, troveranno sempre grappoli di addormentati in piedi che li ascoltano e assentiscono battendo le mani.
—M. Cipriano
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