lunedì 9 ottobre 2023

DALMAZIA E ITALIA

 DALMAZIA E ITALIA


La Dalmazia, come non fu mai nè per storia nè per civiltà terra balcanica, non lo è nemmeno per la sua posizione geografica e per la sua conformazione orografica, sebbene faccia parte dell’orlo occidentale di quel triangolo d’Europa proteso nel Mare Mediterraneo, che ha per base la longitudine da Trieste alle foci del Danubio e per vertice il capo Matapan e che è detto dai geografi moderni penisola balcanica. Essa invece, e per storia e per civiltà e per posizione geografica, è terra italiana e tale la dicevano anche tutti i trattati di geografìa anteriori alla separazione del Veneto dalle terre della sponda orientale dell'Adriatico, separazione avvenuta appena nel 1866.


La Dalmazia si trova tutta entro quella corona delle Alpi, che sono il confine naturale d’Italia, Le ultime propaggini del grande sistema alpino, le Alpi Dinariche in lunga catena di cime elevantisi a 1700 e 1800 m. corrono, formando un potente dorso granitico di confine, da Monti Velèbiti (Alpi Bebie), che divide a settentrione la Dalmazia dalla Croazia, all’Orien, che sovrasta le Bocche di Cattaro e con i suoi 1895 metri di altezza domina anche il Monte Leone montenegrino. Il versante occidentale e meridionale di queste Alpi è la Dalmazia, una striscia lunga di circa 500 km. di sponda (senza contarvi le cento isole ed isolette del suo arcipelago) che da una larghezza massima di 60 km. al nord fra il mare e il confine bosniaco va assottigliandosi a sud fino ad una larghezza minima di 5 km. e copre una superficie complessiva di 12.900 kmq. Questo è il versante adriatico, il versante latino, italiano, tributario con tutti i suoi fiumi, con tutti i suoi corsi d’acqua, nascenti dai monti Dinarici, del mare latino, del mare italiano, dell'Adriatico, come ne sono tributarie le Alpi trentine, l’Alto Adige, le Alpi Dolomitiche, le Alpi Giulie. 

Mentre invece subito dal confine di Dalmazia comincia il versante orientale, balcanico, la 

Croazia e la Bosnia-Erzegovina tributarie con le loro acque del Danubio (per mezzo della Sava e della Drina) e quindi del Mar Nero.

In un solo punto le Alpi Dinariche subiscono una interruzione di continuità ed un corso d’acqua uscente dall’Erzegovina in breve pianura le fende e si apre uno sbocco nel paludoso delta di Forte Opuseo, ove un dì sorgeva Narona romana, di cui gli abitanti di quei luoghi narrano di veder le rovine entro i flutti del fiume Narenta presso la torre veneziana di Norino, posta a difesa contro i Turchi.


E qui la geografìa si connette alla storia. Qui appresso era il confine meridionale della Dalmazia veneziana. Qui cominciava il territorio della piccola ma gloriosa repubblica marinara di Ragusa, gloriosa nei commerci, nelle lettere e nelle arti, superba della sua indipendenza fondata sui diritti municipali, originari romano-italici e durata fino al 1808, quando un colpo di mano del generale Marmont la sacrificava alle brame d’impero del grande uguagliatore Napoleone. Ma subito 

oltre il territorio della repubblichetta di S. Biagio ricominciavano le terre di S. Marco, con le Bocche di Cattaro, con Budua e con Spizza, che allora facevan parte non della Dalmazia, bensì dell’Albania veneziana.


Appena l’amministrazione austriaca ebbe queste terre con il Congresso di Vienna nel 1815 (Spizza soltanto con il Congresso di Berlino nel 1878), le riunì in una sola provincia, nella Dalmazia odierna. Ma oggi ancora esistono di fatto gli antichi confini divisori, poiché fra l’antico territorio della repubblica di Ragusa e i domini veneziani a nord e a sud avanzavano fino al mare due cunei territoriali appartenenti all'Erzegovina turca, (ora dopo il 1878 austro-ungarica) e isolanti Ragusa dai territori della temuta Venezia. Così l’Erzegovina arrivava ed arriva anche oggi con due sbocchi all’Adriatico: uno a sud delle foci del Narenta con 20 km. di sponda nella baia di Neum-Clesto e l’altro di 10 km. nella prima gola delle Bocche di Cattaro, nella Baia di Topla-Suttorina, pure suscettibile di sviluppo commerciale.


L’altipiano "croato", che dai Monti Velebiti al nord della Dalmazia si estende per 120 km. di costa fino a sud di Fiume italiana, non divide, non separa la Dalmazia dall'Istria e dalle altre province italiane geograficamente, come non ha mai impedito la loro unione politica e civile nella storia, sebbene Venezia mai avesse esteso il suo dominio su quel litorale. La continuazione geografica ed orografica della Dalmazia verso settentrione, è nelle sue isole di Pago, di Arbe, di Veglia e di Lussino, tanto vicine quest’ultime all’Istria, che l’amministrazione austriaca ha ritenuto opportuno di unirle politicamente a quella provincia e tanto vicine l’una a 

l’altra che esisteva un progetto (e già si era fondato a Vienna un consorzio di capitalisti per attuarlo) di collegare il tronco morto delle ferrovie dalmate lungo le isole di Pago e di Veglia mediante traghetti e ponti girevoli alla rete ferroviaria d’Istria e quindi d’Europa.


Ancora oggi come ai tempi di Roma, come ai tempi di Venezia, la Dalmazia è unita al mondo per il mare, e l’Adriatico l’ha unita sempre e l’unisce unicamente alla madre Italia. Il mare non disgiunge i popoli ; il monte, sì. A nord dei Pirenei non vi sono spagnuoli; ma oltre l’Oceano, l’America del Sud e del Centro è tutta spagnuola e gli Stati Uniti americani sono tutti inglesi. L’Adriatico in confronto, anche per la sua conformazione e per la sua storia — interrotta soltanto per un secolo dalla violenza austriaca — è un lago latino, un lago italiano per lingua, per commerci, per civiltà, per predominio politico, per il suo clima, per la flora e la fauna delle terre da esso bagnate.


La Dalmazia nella storia enella civiltà d’Italia.


È naturale quindi che anche la sponda orientale dell’Adriatico e, per noi più specialmente, la costa dalmatica in tutte le estrinsecazioni della sua vita civile, abbia conservato il suo carattere latino, italiano al pari della costa occidentale seguendone di pari passo revoluzione 

storica in linea nazionale e politica, anzi partecipandovi con le proprie forze autoctone come le altre terre d’Italia e qualche volta più che le altre terre.


La Dalmazia appartenne sempre alla civiltà mediterranea greco-latina e quando i due mondi occidentale ed orientale si separarono, la Dalmazia, come tutta la Italia, rimase fedele alla civiltà occidentale, latina; oltre i suoi confini, oltre le Alpi Dinariche, nell’odierna 

Bosnia-Erzegovina cominciava l’Oriente; prova ne è la religione cattolica-romana di origine apostolica (e non di propaganda posteriore) dei dalmati, mentre al di là delle Alpi è il dominio della chiesa bizantina greco-ortodossa, poi anche della fede maomettana. La Dalmazia di oggi non ha tracce di alcun’altra civiltà che non sia la romana e la italiana.


I primi abitatori della Dalmazia, a noi noti dalla storia, gli illiri, scomparvero da quelle terre senza lasciare orma del loro passato. Fu fantasia romantica dei tempi napoleonici quella di rievocare il nome illirico per i popoli abitanti oggi le contrade dell’antico Mirio. 

Oggidì l’usar il nome degli illiri per gli slavi meridionali, quando non è ignoranza, è una tentata frode. Gli antichi illiri furono completamente assorbiti dai nuovi 

popoli, sopravvenuti nelle loro terre, in Dalmazia dai romani, che già al principio del II. sec. a.C., si erano impadroniti di quella provincia senza mai più perderla.


La Dalmazia era tutta popolata di colonie 

romane formanti municipi propri in città e in borgate, sparse sulle isole, sulla costa e nell’interno, fra le quali le più importanti Epidaurum, Narona, Salona, (con oltre 

200.000 abitanti) Nona e Scardona con il suo porto moderno a Sebenico, quando irruppero le prime tribù slave in quelle contrade.

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