Questa cartolina è stata stampata dall'editore Gaetano Feoli di Zara ed è stata spedita nel 1901 da Lissa al sig. Tito Alacevich a Roma. Il conte Tito Alacevich – erede di un'antica famiglia nobile della Dalmazia – allora presiedeva nella capitale del Regno d'Italia la Società dei Dalmati, costituita da un gruppo di italiani della Dalmazia che vivevano in Italia. Questa Società svolgeva opera apertamente irredentistica, e proprio in quei mesi era impegnata in una lotta (persa) per impedire che la Chiesa e l'Istituto di San Girolamo di Roma andassero alla chiesa croata, giusta Bolla di papa Leone XIII del 1 agosto 1901. Ecco cosa scrisse in merito "La Civiltà Cattolica":
"Così fu fondato il nuovo Collegio Geronimiano e nominatone Rettore il Rev. Dr. Pazman, che subito ne prese possesso. Ma il diavolo ci volle mettere dentro la sua coda. Un gruppo di cittadini Dalmati italiani, residenti in Roma, ricalcitrarono contro le savie e giustissime disposizioni del Pontefice. Prima vi s'opposero a parole, lanciando articoli di protesta sulle colonne dei giornali antivaticani e massonici, e poi vennero anche a vie di fatto. Il 29 agosto sul mezzodì il conte Alacevich, dalmata pubblicista, arrogandosi il titolo, che mai non ebbe, di Presidente della Congregazione di San Girolamo, accompagnato dal canonico Vitich e da altri dalmati della stessa lega, organizzò ed eseguì l'invasione dell'Istituto di S. Girolamo. Alle energiche proteste del Rev. Dr. Pazman, i dalmati risposero che essi ne erano i legittimi proprietarii, e non già i croati, veri intrusi. Il Pazman chiamò allora la polizia, ma questa invece di scacciare i Dalmati, se ne lavò le mani, dicendo che non poteva farvi nulla, salvo che lasciare una guardia alla porta per la tutela dell'ordine. I Dalmati, spalleggiati così dal Governo e dalla autorità di pubblica sicurezza, dopo avere occupate varie stanze dell'Istituto, inalberarono la loro bandiera alla finestra."
La questione diventa un caso diplomatico: intervengono il governo italiano e quello austriaco, e dopo un certo tira e molla l'Istituto viene riconsegnato ai croati. Nell'articolo della Civiltà Cattolica si fa anche la storia di questa rivendicazione, attribuendola alle pulsioni irredentiste italiane, rafforzate dalla questione albanese che in quel momento era sul tavolo e vedeva Italia e Austria contrapposte. Vengono citati i telegrammi di approvazione dell'operato di Alacevich e dei suoi, che arrivarono da varie parti d'Italia, dalla Dalmazia e dall'Ungheria. Fra di essi si cita quello del deputato ungherese Ferenc Kossuth, figlio dell'eroe Lajos Kossuth, che capeggiò la rivolta ungherese antiaustriaca del 1848-1849, soffocata nel sangue e fortemente contrastata dai croati. La Civiltà Cattolica così conclude:
"Insomma a che servirà tutto questo tramestio? A maggiore inasprimento di lotta tra italiani e croati in Dalmazia."
Nella cartolina si scrive che al conte Alacevich erano state spedite con assegno postale "le poche corone radunate", evidentemente raccolte fra gli italiani della Dalmazia. Campeggiano sopra il testo scritto le immagini di alcuni dei più noti uomini politici del partito autonomista della Dalmazia del XIX secolo: Galvani, Bajamonti, Lapenna, Giovannizio e Radman. Insomma: una cartolina che ci parla di un'epoca lontana, in cui ancora si lottava per il predominio in Dalmazia fra italiani e croati.
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