- Gli autori
TRIESTE
Del Dott. Giorgio Pitacco
In difesa dell'italianità dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia
- Gli autori
TRIESTE
Del Dott. Giorgio Pitacco
Manifesto datato 1954 (con dati completamente inventati) che mostra la popolazione slovena nella Zona A del Territorio Libero di Trieste per insediamenti e in percentuale (TOTALMENTE FALSIFICATI)
Traduzione testo:
Sloveni della zona A del Territorio Libero di Trieste
(sotto: Popolazione attuale degli sloveni nella zona A del TLT in percentuale:)
Ecco perché non cediamo la zona A al fascismo italiano!
Da notare anche la propaganda anti-italiana riguardante l'Italia stessa: l'Italia democratica del dopoguerra è ancora nel 1954 definita dagli jugoslavi Paese fascista. Nient'altro che propaganda del governo comunista destinata ad incitare alla paura ed all'odio della popolazione slava nei confronti dell'Italia.
Quanto ai dati, secondo le stime statistiche registrate dal Governo militare alleato nel 1949, il Territorio 'Libero' di Trieste contava una popolazione totale di 370.000 abitanti, di cui 290.200 (78%) italiani e solo 71.000 (19%) sloveni. La zona A, sotto occupazione americana e britannica, contava una popolazione di 302.000 persone: 239.200 (79%) italiani e 63.000 (21%) sloveni.
Il manifesto però vuole far credere che quasi tutto il territorio è sloveno e che anche la stessa città di Trieste è slovena per il 30%. Bugie e falsità, come al solito.
Muggia viene indicata come slovena al 10-30% nel 1954. Una colossale falsificazione.
Dati demografici del censimento austro-ungarico (1910): 5.437 abitanti di cui 5.054 italiani (93%) e 88 sloveni (2%)
Dati demografici del censimento italiano (1921): 5.480 abitanti di cui 5.345 italiani (97%) e 59 sloveni (1%).
Fonte: Carlo Schiffrer, "La Venezia Giulia: saggio di una carta dei limiti nazionali italo-jugoslavi", 1946.
Questi dati riguardano la città vera e propria e non le frazioni circostanti, il che è giusto perché anche sul manifesto è indicata la città propriamente detta ed è falsamente indicata come slovena al 10- 30%.
Giovanni Andrea Dalla Zonca (Dignano, 4 agosto 1792 - Dignano, 27 novembre 1857) è stato un letterato, storico, politico italiano, tre volte podestà della città di Dignano, autore del Vocabolario dignanese-italiano, pubblicato dal CRS di Rovigno nel 1978, a cura di Miho Debeljuh.
La nobile famiglia dei Dalla Zonca è d'origine bergamasca: soltanto al principio del settecento abbiamo notizie del trasferirsi d'un suo ramo in Istria, dove viene aggregato all'albo dei nobili di Pola. A Dignano la famiglia si distinse subito e fu tra le prime, e possiamo ricordare almeno un altro Giannandrea Dalla Zonca, giudice a Venezia e poi direttore politico a Pola e vice-prefetto dell'Istria durante il periodo napoleonico.
Venendo al Nostro, che nacque a Dignano il 4 di agosto del 1792, Egli passò tutta la sua vita in paese e la dedicò indefessamente a servirlo. Più volte si assunse la responsabilità podestariale, e l'ultima si indusse ad abbandonare l'ufficio solo perché colpito da mal di cuore. I suoi interessi eruditi riguardarono questioni storiche, dalla toponomastica antica agli usi paesani, e specialmente la lingua. Stancovich si rivolgeva a lui per avere una traduzione in dialetto dignanese della parabola del «Figliuol prodigo» per una raccolta di testi dialettali da pubblicarsi a Torino. Dalla Zonca la fornì con sollecitudine e diligenza, e da allora sentì lo stimolo a continuare per suo conto gli studi linguistici.
Contemporaneamente collaborava assiduamente alla unica rivista culturale di quegli anni, «l'Istria» diretta da Pietro Kandler, ancor oggi utile fonte di tante notizie storiche. Su questo periodico comparvero le lettere aperte d'argomento etnografico dirette a Tommaso Luciani, e nacque lentamente tra i due grande amicizia fondata sul comune amore per le cose locali. Luciani, l'attivissimo patriota albonese, raccoglieva notizie storiche e linguistiche valendosene per pubblicazioni che valessero a suscitare negli italiani tutti la conoscenza e la simpatia per l'Istria. Egli seguiva con interesse le ricerche del Nostro: sappiamo così dal Luciani stesso che Dalla Zonca scrisse sonetti in dialetto dignanese e altri ne tradusse dall'italiano, come tradusse tutta la commedia delle «Donne gelose» del Goldoni, poi pubblicata nell' Archivio glottologico italiano di G.I. Ascoli. Raccoglieva intanto parole, frasi, modi di dire dignanesi, finchè si accinse a preparare un vero e proprio «Vocabolario del dialetto di Dignano» con la relativa grammatica.
A quest'improba fatica Egli dedicò molti anni, con speciale intensità dopo il 54, quando la malattia lo costrinse al riposo e all'inattività.
Migliaia e migliaia di schede si accumulavano sul suo tavolo, cui egli dava ordine e completamento con l'aiuto del compatriota ed amico Antonio Bonassin. Le sue fatiche non valsero tuttavia a dar forma definitiva allo immenso lavoro che è rimasto incompiuto.
Nel novembre del '57 il Dalla Zonca soccombette ad un altro assalto apoplettico, lasciando grande rimpianto di sè in quanti lo avevano conosciuto. Luciani lo disse «di nobile sentire, di spiriti generosi, di idee larghe, per forza e grandezza d'animo a nessuno secondo; amico a tutta prova leale, cittadino integro, vigilante, operoso, istriano del patrio decoro e progresso quant'altri mai zelantissimo». E non piccolo elogio.
Secondo il desiderio dell'estinto, i suoi numerosi manoscritti vennero affidati all'illustre amico Tommaso Luciani. Questi, che era stato vicino all'Autore con consigli ed incoraggiamenti, considerò suo dovere custodirli gelosamente e possibilmente pubblicarli, il che tuttavia non gli riuscì. I lavori inediti del Dalla Zonca (gli inediti sono i molti articoli comparsi su «l'Istria» dal '46 al '49), conservati più tardi nella Biblioteca provinciale dell'Istria, erano i seguenti: il vocabolario dignanese, un abbozzo di grammatica, la dialettale annotata versione delle Donne gelose, quattro sonetti originali ed alcune versioni.
Il suo vocabolario fornisce un ricco materiale per la storia della parlata dignanese e quindi per lo studio degli strati linguistici romanze in Istria. L’interesse verso questa parlata crebbe verso la fine del XIX secolo, che venne battezzata “istrioto” dal grande linguista goriziano Graziadio Isaia Ascoli (1829-1907).
Coscienzioso fino allo scrupolo, paziente e disinteressato, il Dalla Zonca va additato quale esempio di buon cittadino, che al suo paese diede l'opera sua civile reggendolo e difendendone gli interessi da Podestà, mentre con lo studio mirava a conservare il patrimonio glottologico, segno dell'italiana sua origine e del suo italiano destino.
Ha una strada a Dignano e nel 2007 le autorità cittadine hanno posto una targa commemorativa sulla sua casa natale.
Carlo Marin (Muggia, 1º marzo 1773 – Mantova, 16 giugno 1852) è stato un funzionario e poeta italiano. È stato un protagonista degli eventi del 1797 ed ha esercitato una profonda influenza sul nipote Ippolito Nievo, tanto da ispirargli il personaggio di Carlino Altoviti ne Le confessioni d'un Italiano.
Era figlio di Girolamo, podestà della Repubblica di Venezia, e di Chiara Belluna Bragadin. Apparteneva a una delle famiglie patrizie che avevano fondato Venezia. Fu educato dai padri Somaschi alla lettura dei testi classici italiani e latini e studiò Gaetano Filangieri e Montesquieu. Divenne amico dei fratelli Giovanni e Ippolito Pindemonte.
Funzionario amministrativo della Repubblica di Venezia, al tempo dell'Impero austriaco Carlo Marin mantenne le sue cariche. Fu castellano a Chioggia, tesoriere a Udine, segretario camerale a Verona, Vicenza e Ancona, intendente a Ferrara e a Verona e, come ultimo incarico, fu ciambellano a Verona. Nel 1846, dopo 53 anni di attività al servizio dello Stato, si ritirò in pensione e visse tra Sabbioneta e Mantova, insieme alla famiglia di sua figlia Adele. A Sabbioneta, dove il nipote Ippolito si recò spesso in visita, Carlo Marin abitò con il genero Antonio fino al 1849, quando Antonio Nievo fu allontanato da Mantova, per motivi politici, e mandato in Friuli. Quando Ippolito Nievo era a Palermo, con l'incarico di vice-intendente dell'esercito meridionale garibaldino, scrisse alla madre che il nonno Carlo sarebbe stato fiero di un nipote, così preciso e attento come amministratore.
Carlo Marin ha scritto versi che pubblicava talvolta in opuscoli, come quello per le nozze Adriana Balbi - Giuseppe D'Ezdorf. Ha pubblicato anche saggi di storia dell'arte. Manoscritti originali, con sonetti, aforismi, odi anacreontiche ed epigrammi - materiale in parte ancora inedito - sono di proprietà della Fondazione Ippolito e Stanislao Nievo. In queste liriche esprimeva il rimpianto per la Repubblica di Venezia, dolore per la sua fine, desiderio di tornare a Venezia, da cui si sentiva esiliato.
Il nome originario di Vallo della Lucania, secondo lo storico Giuseppe Maiese, era Castrum Cornutum, infatti i suoi fondatori provenivano da Cornutum, città della Dalmazia, da dove giunsero nel IX secolo. La loro presenza è testimoniata in documenti risalenti al 1052 ritrovati nella badia di Cava, in cui si parla del "casale dei Cornuti" come residenza ufficiale di un funzionario longobardo.
A Taranto vivono alcuni discendenti diretti del terrorista croato di origine italiana Vladimir Gortan (Vermo, 7 giugno 1904 – Pola, 17 ottobre 1929).
Uno dei parenti era Gortano Gortan, ufficiale del Corpo sanitario della Marina Militare e stimatissimo oculista (venuto a mancare tre anni fa).
II papà di Gortano Gortan era Luigi, cugino di Vladimir Gortan.
Ugo Carà (Muggia, 26 novembre 1908 – Trieste, 12 dicembre 2004) è stato uno scultore, grafico, progettista e architetto di interni italiano.
Ugo Carà nasce il 26 novembre del 1908 da Nicolò Carabaich, un medico condotto originario dell'isola di Veglia in Dalmazia, che conobbe a Muggia la futura moglie, Heléne Ladas, nata a Smirne (Turchia) ma di origini cretesi, mentre era ospite degli Strudthoff, i proprietari dei cantieri navali San Rocco.
Inizia a esporre nel 1928 firmandosi Carà e nel 1929 tiene la prima mostra personale ad Atene e, da allora, prende parte alle più importanti rassegne regionali, nazionali e internazionali: Biennale di Venezia, Triennale di Milano, Quadriennale di Roma, Quadriennale di Torino, Universale di Parigi e Bruxelles, Internazionale di Scultura di Carrara, e Mostra della grafica italiana a Tokyo, Los Angeles e Città del Messico. Opere dell'artista sono presenti in musei e collezioni private in Italia e all'estero, dal Museo Revoltella di Trieste alla Galleria d'Arte Moderna di Milano, dal Museo Avgust Černigoj di Lipizza nell'attuale Slovenia al The Mitchell Wolfson Jr. Collection di Miami, fino al Metropolitan Museum di Nuova York.
L’attività di Ugo Carà si è indirizzata, oltre che alla scultura, alla pittura e alla grafica, anche al disegno e all’architettura d’interni. Ne sono testimonianza la partecipazione alle Triennali internazionali delle Arti decorative e industriali di Milano e alle mostre di Arte decorativa italiana all'estero. Suoi progetti di arredamento sono stati realizzati dal 1949 al 1963 su famosi transatlantici, e dal 1956 al 1976 ha insegnato arredamento navale e d'interni all'Istituto Statale d’Arte Nordio di Trieste.
Carà viveva a Trieste in via Vasari 2 e lavorava nel suo studio in via dei Leo 6/A. È morto il 12 dicembre 2004 all'età di novantasei anni. Nel 2006, in seguito a una donazione del maestro al Comune di Muggia, è stato inaugurato il Museo d'arte moderna Ugo Carà di Muggia, che rappresenta l’unico corpus di opere dell'artista.