mercoledì 27 dicembre 2023

L'eccidio del castello di Wazenberg

Vogliamo raccontarvi ciò che successe il 26 ed il 27 dicembre 1942 a due famiglie, una nobile di origine italiana, l’altra benestante slovena, sterminate dai partigiani slavo comunisti nella Carniola perché cattoliche e, quindi, per il loro rifiuto di aderire al movimento partigiano comunista.

La famiglia di Mavsar era una famiglia benestante contadina slovena, proprietaria di molte decine di ettari di terreno, tradizionalmente religiosa, composta da padre, madre e dieci figli. Il capofamiglia, Jožef Mavsar, nel 1935 venne eletto sindaco del comune di Šentrupert (Sentruprecht, in tedesco) come candidato dell’allora Partito popolare sloveno. 

Per il suo prestigio e la sua bontà era molto popolare tra i suoi concittadini, garantendo con elargizioni in danaro e beni di prima necessità il sostentamento di molte famiglie povere.

A seguito dell’occupazione italiana della Carniola, nel marzo 1941, Jožef Mavsar quale Sindaco si rifiutò di riconoscere l’autorità militare, osteggiando l’azione dei presidi militari nella cittadina che governava e nel più ampio territorio circostante. Subì più volte interrogatori ed azioni repressive, ed uno dei figli, Pavel, venne internato nel Campo di detenzione Arbe per azioni di sabotaggio.

Nell'autunno del 1941, il Fronte di Liberazione (Osvobodilna Fronta) si rivolse una prima volta a Jožef Mavsar, chiedendo al facoltoso capofamiglia il sostegno politico e materiale ai partigiani: Mavsar sapeva che dietro il Fronte di Liberazione c'era il Partito Comunista e che il movimento aveva già compiuto diversi omicidi di eminenti sloveni innocenti. Pur consapevole di possibili reazioni e vendette, in quanto fervente cattolico rifiutò risolutamente qualsiasi collaborazione coi partigiani.

Dopo numerosi ulteriori contatti, tutti andati a vuoto, il 12 giugno 1942, i caporioni dell’Osvobodilna Fronta organizzarono una seduta del “tribunale del popolo" in cui condannarono a morte tre degli uomini sloveni più importanti e influenti a Šentrupert, che consideravano localmente il più grande ostacolo alla rivoluzione comunista: il pastore Franc Nahtigal, cappellano Franco Cvar e il Sindaco Mavsar. 

Pochi giorni dopo, il 16 giugno i partigiani catturarono Nahtigal e Cvar e il 18 giugno, insieme al contadino Alojzije Jakoš, li uccisero crudelmente smembrando i loro cadaveri.

Messo al corrente della sentenza di morte e non volendo mettere in pericolo la sua famiglia, Mavsar si separò da essa, rifugiandosi prima a Trebnje (Treffen, in tedesco) mentre sua moglie Terezija ed i suoi figli rimasero nella fattoria padronale. 

I partigiani attaccarono ripetutamente e saccheggiarono completamente la fattoria alla ricerca del Mavsar, e minacciarono di morte tutti i membri della famiglia.

Sempre più in pericolo, il Sindaco Mavsar si rifugiò nel castello di Wazenberg, uno splendido maniero di origine seicentesca abitato da una nobile famiglia di origine bizantina ed italiana: il Conte Felix di Logothetti, sposato con la Contessa, di antica famiglia veneziana, Stella Barbo di Waxenstein. Il castello era presidiato da un drappello di soldati italiani a difesa della famiglia comitale e di diverse personalità anticomuniste che furono ospitate in quel tempo.

A causa delle continue visite notturne di partigiani, minacce e rapine, l'intera famiglia Mavsar si trasferì ben presto nel castello. Di notte dormivano nel maniero e di giorno lavoravano i campi di proprietà.

La riunificazione della maggior parte dei membri della famiglia si rivelò però una mossa drammaticamente imprudente: venuti a conoscenza di ciò, i partigiani comunisti coordinati dal capobanda, tale Lado Ambrožič Novljan (un criminale cui vennero attribuite numerose altre stragi di civili), ebbero l’occasione di sterminarli in una unica azione, che venne messa a punto il giorno di Natale.

Il 26 dicembre, quando l'intera famiglia Mavsar - ad eccezione dei figli Pavle, Franc e Dolfi - era riunita a Wazenberg, una mirata, pesante offensiva dei partigiani permise di sopraffare il presidio militare italiano a difesa del castello e delle persone rifugiatevisi, presidio che venne annientato con l’uccisione sul posto dei soldati.

Un gruppo numeroso di partigiani fece irruzione nel castello uccidendo a coltellate il Conte Felix, la Contessa Stella ed uno dei due figli, il giovane Conte Diodato. Dopo la strage incendiarono il castello costringendo i i membri della famiglia, la servitù e gli altri ospiti ad uscire dal complesso.

Arrestati quasi tutti (soltanto il dodicenne Vilk ed il fratello poco più grande Jože riuscirono a scappare), i componenti della Famiglia Mavsar - il Sindaco Jožef, la consorte Terezija, i figli Darko (di anni 20, campione balcanico di giavvellotto), Ciril (di anni 19), Marija (di anni 17), Peter (di anni 14) ed il piccolo Stanko (di anni 9) - furono imprigionati nelle stalle del castello, torturati per l’intera notte, mutilati ed arsi vivi su di un ceppo appositamente preparato.

I resti dei sette membri della Famiglia Mavsar orribilmente assassinati (il piccolo Anton venne trovato abbracciato al collo della madre) furono sepolti in una fossa comune nel cimitero di Mokronog, perché i partigiani minacciarono di sparare ai becchini se il funerale si fosse svolto nella loro città natale di Šentrupert.

Ma la triste vicenda non è finita qui.

Il piccolo Vilk, undicenne, dopo la strage che uccise gran parte della famiglia, si trasferì nella più sicura Lubiana con i fratelli sopravvissuti, Jože (che era stato ordinato sacerdote) e Dolfi. Imprudentemente rientrati successivamente per alcuni giorni nella natia Šentrupert, furono segnalati da alcune famiglie del posto ed in un agguato il bambino venne ucciso a colpi di fucile il 23 marzo 1943.

Dolfi morì in uno scontro a fuoco il 2 maggio 1943.

Pavle, il fratello internato ad Arbe, per interessamento del fratello sacerdote Jože presso il generale Gastone Gambara, all’epoca Comandante dell’XI Corpo d’Armata con sede a Lubiana, venne liberato, continuando poi a rifiutare l’adesione al movimento partigiano. Verso la fine della guerra venne incluso nelle formazioni cattoliche anticomuniste dei belogardisti, venendo arrestato ed internato a Vitkring, in Carinzia, nel maggio 1945 e poi consegnato come prigioniero ai partigiani, che lo liquidarono.



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