Avvertenza
È nota oramai anche nel Regno, la lotta, che la popolazione italiana dell'Istria sostiene da anni contro l'invasione slava aiutata, finora sottomano, oggidì ufficialmente dal Governo austriaco. E sono ancora nella memoria di tutti i recenti episodj delle cosiddette tabelle bilingui fatte apporre nell'ottobre scorso dal Governo sulla porta degli Uffici giudiziarj delle città istriane, perché quella misura provocò proteste, dimostrazioni e perfino tumulti in varj luoghi della piccola provincia.
La notizia di questi fatti portata dai giornali provocò in non pochi un sentimento di sorpresa, ad altri parve esagerata; perché taluni, poco forti in geografia, non sapevano ancora che in Istria si parlasse italiano, altri non credevano che l'affetto alla lingua nazionale vi fosse così radicato e profondo.
Ad erudire li uni e disingannare li altri serviranno i documenti, che qui pubblichiamo. Sono Atti Ufficiali, perciò ineccepibili, i resoconti, cioè, delle sedute della Dieta Istriana, in cui si discusse la questione della lingua da usarsi nella trattazione degli affari dietali, quella delle tabelle bilingui e quell'altra gravissima della esclusione delli Italiani dalle liste dei giurati, prologo alla introduzione della lingua slava nella trattazione degli affari giudiziarj; e il Memoriale al Papa, deliberato dal Municipio di Trieste contro la propaganda, che preti slavi forestieri, guidati dalla Curia vescovile, fanno da anni per imbastardire, anzi snazionalizzare il paese.
Leggendo queste pagine, che assumono un valore di documento storico, ciascuno potrà agevolmente persuadersi di due cose: l'una, che la guerra alla nazionalità italiana nell'Istria non è, nè recente, nè lieve, ma anzi ormai vecchia e di una violenza sempre crescente; l'altra, che un popolo piccolo, povero, quasi dimenticato da' suoi connazionali trova pur tuttavia in sé stesso la energia per resistere e difendere risolutamente il suo più prezioso retaggio avito, la lingua materna. In tempi, nei quali si osa affermare che il sentimento di patria è ormai una anticaglia, e mentre i nobili ideali, che inspirarono i nostri martiri, vanno via via dileguando e scompajono nell'atmosfera afosa di una vita tutta intesa alli interessi materiali, come che sia conseguiti, lo spettacolo di questo popolo, che, senza chiedere, senza ricevere ajuti, lotta da solo per la difesa della sua nazionalità, non è privo di grandezza e di nobiltà e merita che taluno vi fermi su l'attenzione. L'avvenire è in mano di Dio, e qui non si vogliono far profezie: si parla di tutela della lingua e della coltura italiana in Istria, non d'altro lo notino li amici del quieto vivere. Ma chi sa che un giorno forse l'Italia non debba ringraziare la oggi quasi dimenticata Istria di avere da sola provveduto a difendere dall'invasione barbarica la sua porta orientale? Chi vorrebbe star garante che non possa tornare ancora vera la sentenza di Dante, il quale, mirando dalle alture della romana Pola il golfo di Quarnero, diceva di lui
Che Italia chiude e i suoi termini bagna?
Febbraio 1895.
Resoconti delle sedute della Dieta Provincia dell'Istria
10,12,14 Gennaio 1895
In Parenzo
PRIMA SEDUTA.
Parenzo, 10 Gennajo 1895 (ore 12 merid.).
Presidente:
sig. Capitano Provinciale Cav. D. MATTEO CAMPITELLI;
Commissario Governativo: sig. i. r. Consigliere di Luogotenenza ADOLFO SCHAFFENHAUER-NEYS.
Presenti 25 deputati
ORDINE DEL GIORNO:
1. Apertura della sessione.
2. Costituzione dell' Ufficio della Presidenza colla nomina di due Segretari e di sei Revisori.
3. Presentazione degli atti.
4. Elezione delle Commissioni.
Presidente. — Onorevoli Signori Deputati!
Convocati dalla Sovrana parola in quest'aula all'ordinaria annuale sessione, io vi porgo il mio cordialissimo saluto, augurando che l'anno testè iniziato corra felicissimo per voi e per le vostre famiglie.
Nel darvi il mio addio alla chiusa della lunga precedente sessione, io credeva decisamente di non avere l'onore di risalutarvi da questo seggio, tanto mi sentiva sfiduciato e compreso di mia insufficienza nel fungere l'importante ufficio.
Tosto però gli onorevoli di maggioranza, pur compresi della gravità delle circostanze, mi dichiararono unanimi la loro fiducia, eccitandomi a desistere dal mio proposito.
Quantunque assai confortato da si benevole attenzioni, non sapeva ritrarmi dal fatto proposito, se non fosse venuta a rinfrancarmi la parola Sovrana. Chiamato ad udienza speciale in Abbazia da Sua Maestà, ebbi da Lui felicitazioni per l'esito della sessione, ch'Ei giudicava importantissima, e risollevamento al mio spirito coll'assicurazione della Sua piena fiducia. Sicchè ogni mia perplessità dovea cessare.
Il numero, la mole e l'importanza delle pertrattazioni e deliberazioni vostre nella precedente sessione ed il conseguente lavoro per il rispettivo esaurimento, il tempo relativamente breve interposto fino alla presente e l'essere questa l'ultima del periodo elettorale giustificano il programma limitato della medesima, la quale in ogni caso non potrebbe essere lunga.
Oltre agli affari ordinari, che per sè stessi danno già ampio lavoro, non avrete da occuparvi che di qualche progetto rimasto dalla prece dente sessione o conseguente da anteriori vostri deliberati od incarichi.
Epperò mi riprometto che voi, solo compresi della vostra missione ed inspirati a serio patriottismo, accudiate con solerzia agli affari, che verranno presentati al vostro studio ed alle vostre deliberazioni, le quali seguiranno, non dubito, colla serena calma richiesta dall'importanza loro e dal decoro di questa eccelsa Assemblea.
Così noi adempiremo al dover nostro, rispondendo alle giuste aspettative del paese ed alle paterne intenzioni del Sommo Imperante, sempre graziosissimamente sollecito dei nostri interessi, e Cui, all'esordio della parlamentare nostra attività, vi invito di inneggiare con sentimento di leale sudditanza. Francesco Giuseppe I! Viva l'Augustissimo Imperatore
(I deputati, assurgendo, ripetono l'Εvviva.)
In nome di Sua Maestà Imp. Reale Apostolica, dichiaro aperta la Dieta, e mi onoro di presentare all'eccelsa Assemblea il Commissario governativo nella persona dell'Illustrissimo signor Consigliere di Luo gotenenza Adolfo Schaffenhauer-Neys.
(I deputati assurgono)
Comm. govern. — Eccelsa Dieta!...
(I deputati della maggioranza si levano in piedi, s'odono delle voci di protesta: Basta! Non vogliamo saluti; vogliamo giustizia — tabelle bilingui — giurati non bastano le promesse... Il pubblico applaude fragorosamente: Bravi! Bravi! Il presidente, scampanellando indarno, richiama energicamente il pubblico al suo dovere di mantenersi tranquillo, minacciando di far sgomberare la sala, I deputati della maggioranza abbandonano i loro posti ed escono fra i rinnovati applausi del pubblico. Tra il frastuono incessante il Commissario governativo, parla in lingua slava, superandolo colla voce. Il presidente impone ancora al pubblico di mantenersi tranquillo, e, continuando i rumori, dispone per l'allontanamento del medesimo.)
Pres. — (Mentre la sala va spopolandosi.) Deploro le dimostrazioni fatte dal pubblico.
(Intanto il Commissario governativo ha terminato di parlare in slavo e gli onorevoli di minoranza s'inchinano verso il banco del Rappresentante governativo.)
Non essendo più l'eccelsa Dieta in numero legale, sono obbligato di sospendere la seduta. Mi riservo di invitare i signori deputati ad una nuova seduta, della quale farò loro conoscere a tempo il giorno, l'ora ed il programma.
Intanto levo la seduta.
(Ore 12,15 pom.)
SECONDA SEDUTA
Parenzo, 12 Gennajo 1895 (ore 11 antim).
Presidente:
sig. Capitano Provinciale Cav. D. MATTEO CAMPITELLI;
Commissario Governativo:
sig. i. r. Consigliere di Luogotenenza ADOLFO SCHAFFENHAUER-NEYS.
Presenti 20 deputati.
ORDINE DEL GIORNO:
1. Comunicazioni.
2. Costituzione dell'Uffizio della Presidenza colla nomina dei due Segretari e dei sei Revisori.
3. Presentazione degli atti ed elezioni delle Commissioni.
4. Relazioni della Giunta provinciale:
a) sull'elezione suppletoria nel collegio di Montona con Buje, Visinada e Portole;
b) sulle elezioni suppletorie nel collegio della Città di Pirano ed in quello della Camera di commercio e d'industria.
5. Comunicazione della rinuncia degli Assessori provinciali dottor Gambini, dott. Cleva e dott. Bartoli, ed elezioni relative.
6. Elezione di un Assessore sostituto dalla Curia delle città
Presidente. — Essendo i signori deputati convenuti in numero legale, dichiaro aperta la seduta.
Per la non seguita elezione dei segretari, il verbale della prima seduta sarà letto nella prossima assieme a quello della odierna.
Prima di passare all'ordine del giorno, dò la parola all'on. Franceschi, quale capo della maggioranza dietale, per fare una dichiarazione,
de Franceschi. — (Legge.)
Gli ultimi avvenimenti, che si svolsero in provincia nell'anno testè decorso, commossero così vivamente la pubblica opinione, da porgere occasione agli Italiani dell'Istria di elevare all'indirizzo dell'Imperiale Governo i più forti reclami e le più energiche proteste pel modo ingiusto e partigiano, con cui si vedono trattati in tutto ciò, che riflette la loro vita nazionale, i loro nazionali diritti, quali furono loro dati dalla natura e dalla storia, e quali vennero anche sanciti e riconosciuti dalle leggi fondamentali, che reggono lo Stato. (Bravo! dal pubblico.)
Infatti l'applicazione delle tabelle bilingui ai Giudizi distrettuali della provincia, da nessuno reclamata, ma spontaneamente dall' Imperiale Governo decretata, la repressione eseguita, con largo apparato di forze militari, dei moti popolari di Pirano, e da ultimo il nuovo modo introdotto nella compilazione della lista dei giurati pel circondario del- l'i. r. Tribunale Circolare di Rovigno non potevano essere considerati dagli Italiani dell'Istria che come altrettanti attentati ai loro diritti storico-nazionali, di cui sentono di dover essere i soli rigidi custodi di fronte alle tante insidie, onde sono da ogni parte circuiti. (Bene! dai banchi dei deputati e dall'uditorio.)
Pres. — Prego il pubblico a non dar segni di approvazione o di disapprovazione. Egli deve mantenersi passivo, e rispettare la liberta di parola degli oratori e la maestà dell'assemblea.
de Franceschi. — Essi, gli Italiani dell'Istria, dovettero, purtroppo, anche in cotesta occasione, convincersi che l'Imperiale Governo non ha nessun ritegno a far palesi i suoi intendimenti di volersi schierare risolutamente e con manifesta ingiustizia dalla parte degli Slavi nella grave lotta, che da più anni si combatte in provincia fra l'elemento slavo e l'elemento italiano. (Bene! Bravo! dai banchi dei de- putati e dal pubblico.)
Di tal guisa le esagerate pretese dei signori Deputati della minoranza, che siedono in quest'aula, lungi dal trovare un freno ed una salutare reazione in uri contegno prudente e riservato dell'Imperiale Governo, ne traggono invece una nuova spinta per salire a maggiori altezze, ed a sua volta l'Imperiale Governo, interviene come fattore attivo onde perpetuare in provincia una lotta di carattere nazionale, che compromette seriamente la tranquillità delle popolazioni ed i loro più gravi interessi. (Bene! dai deputati.)
Il passato, purtroppo, ammaestra che l'Imperiale Governo non è disposto a fermarsi su questa china pericolosa, nella quale funestamente si è messo; e l'elemento italiano della provincia, che per la sua condotta fin qui tenuta, seria, dignitosa, prudente (Troppo, anzi! dai banchi dei deputati.) non ha mai trovato in esso esaudimento a' suoi giusti reclami, si domanda seriamente quale fiducia può esso riporre in un Governo, che ne' suoi atti, nelle sue disposizioni, nelle sue tendenze mostra a tutta evidenza il proposito di favorire in ogni guisa, sia pure non legittima, l'elemento slavo, senza riguardo veruno ai diritti nazionali degli Italiani della provincia, perfino anche quando questi diritti trovino la loro sanzione in positive disposizioni di legge. (Benissimo.)
I sottoscritti deputati, che costituiscono la maggioranza italiana della Dieta provinciale, gravemente impressionati di questo stato di cose, che non accenna guari a mutare indirizzo, sarebbero venuti meno al mandato di fiducia ricevuto dai loro elettori, se non si fossero resi interpreti anche in seno alla Dieta del grave malcontento, che tuttavia agita e commove la popolazione italiana dell'Istria per i fatti superiormente accennati.
Con questi criteri e sotto queste considerazioni i sottoscritti della maggioranza dietale intendono sia giudicata la loro condotta tenuta di fronte all'Imperiale Governo nella seduta d'inaugurazione della presente sessione dietale tenutasi addì 10 corrente. (Bene! Bravo! Applausi e battimani dal pubblico.)
- G. B. DE FRANCESCHI
- AVV. VERGOTTINI
- Dott. RIZZI
- Dott. CLEVA
- M. BARTOLI
- Dott. F. GLEZER
- TOMASI
- DOBLANOVICH
- Dott. G. LIUS
- SILV. VENIER
- Dott. M. TAMARO
- Avv. GAMBINI
- B. POLESINI
- Dow. dott. STANICH
- L. MARINONI
- G. A. WASSERMANN
- N. VENIER
- Dott. BUBBA
Pres. — Prego il pubblico a non obbligarmi di ripetere la raccomandazione di mantenersi tranquillo.
Trovandosi presenti i tre neoeletti deputati provinciali, io li invito a prestare la solenne promessa. Darò lettura della relativa formola, ed alla chiamata dei loro nomi gli onorevoli si compiaceranno di rispondere colla parola «Prometto».
(I deputali assurgono tutti dai loro seggi. Il presidente legge la formola della solenne promessa, indi chiama): On. dott. Felice Glezer.
Dott. Glezer. — Prometto !
Pres. — On. marchese Benedetto Polesini,
Polesini. — Prometto.
Pres. — On. Nicolò Venier.
Nicolò Venier. — Prometto!
(Il pubblico, che affolla l'uditorio, applaude e grida: Viva Pirano! Viva Pirano! poi continua con battimani.)
Pres. — (Rivolto all'uditorio.) Prego i signori di far silenzio.
Ho già detto prima che non posso permettere alcuna dimostrazione di plauso o disapprovazione. Non mi costringano a provvedimenti rigorosi.
Passeremo all'ordine del giorno.
(Omissis)
Prima di procedere agli altri punti dell'ordine del giorno do la parola all'Illustrissimo signor Commissario governativo.
Comm. govern. — Eccelsa Dieta!
Nella seduta dietale del 1 febbraio 1894 gli onorevoli signori deputati dott. Amoroso e consorti hanno interpellato il Governo come segue:
1. È vero che l'Imperiale Governo abbia promesso alla minoranza slava della Dieta provinciale che le proposte presentate in croato od in sloveno saranno ammesse alla pertrattazione?
2. A chi ha fatto l'Imperiale Governo questa promessa?
3. E nel caso affermativo: come può giustificare l' Imperiale Governo questa sua promessa col diritto indubbiamente spettante alla Dieta provinciale di stabilire la lingua di pertrattazione degli affari? A questa interpellanza, per incarico superiore, ho l'onore di rispondere che l'Imperiale Governo non ha fatto alcuna promessa alla minoranza slava della Dieta, che le proposte in lingua croata o slovena saranno pertrattate nella Dieta.
Passo ora a rispondere ad altra interpellanza.
ECCELSA DIETA!
Nella dodicesima seduta dietale del 15 febbraio 1894 gli onor. signori deputati Spincic e consorti hanno interpellato il Governo come segue:
1. Come giustifica l'Imp. Governo la propria dichiarazione d. d. 20 gennaio 1894 in vista al procedere, che viene usato colle interpellanze e proposte fatte in lingua croata e slovena; e comedi fronte a tale procedere proprio onore? mette questa dichiarazione in armonia col proprio onore?
2. È intenzionato l'Imp. Governo compito che vengano eseguite le leggi come quello, il quale ha per di prendere opportune misure affinchè nella Dieta provinciale dell'Istria:
a) vengano eseguite ed osservate: la legge prov. 7 maggio 1877, il Regolamento prov. per l'Istria approvato e pubblicato colla patente Imperiale 26 febbraio 1861, N. 20 B. L. I, avente forza di legge fonda mentale dello Stato e particolarmente il § 35 del detto Regolamento in tutte le sue parti; e finalmente il Regolamento dietale e partico larmente i §§ 20, 18, 32, 33, 37, 39, 41 е 42 riferibilmente alle interpellanze fatte, sia al presidente della Dieta, sia alla Giunta provinciale od alle Commissioni della Dieta, sia all'i. r. Governo; riferibilmente a qualsiasi proposta, nonchè rettifiche dei protocolli delle sedute fatte a voce od in iscritto in lingua croata o slovena e riferibilmente ai discorsi tenuti nella medesima lingua nel modo stesso che vengono eseguite per quanto riguarda le interpellanze, proposte e discorsi pronunciati in lingua italiana, che cioè sieno posti a discussione e sieno portati tanto nei protocolli delle sedute quanto nei protocolli stenografici;
b) affinchè i progetti di legge e proposte, sia dell'i, r. Governo, quanto della Giunta provinciale o delle Commissioni della Dieta, come pure le risposte alle interpellanze vengano comunicate alla Dieta provinciale anche in lingua croata;
c) affinchè in tale modo sia possibilitata anche l'esecuzione del § 40 del Regolamento dietale;
d) affinchè ottenga validità e forza tanto il § 1 della legge fondamentale dello Stato 3 ottobre 1861, N. 98 L., I., quanto anche l'art. 19 della legge fondamentale dello Stato 21 dicembre 1867, N. 142 L. I., anche per quei membri della Dieta provinciale, i quali si servono della lingua croata o slovena;
e) ed in generale affinché cessi nella Dieta provinciale dell'Istria l'ingiusto e l'illegale procedere in riguardo ai suddetti membri della Dieta, e che anche rispetto ai medesimi venga introdotto lo stato di equità e di legalità, onde possano adempiere i propri diritti costituzionali dalle leggi garantiti...
A questa interpellanza, per incarico superiore, mi pregio di rispondere nel senso, che il Governo si richiama semplicemente al tenore della dichiarazione fatta in oggetto li 20 gennaio 1894.
(Omissis.)
Pres. — Furono presentate varie mozioni. La prima di queste è dell'onor. dott. Bubba e consorti. Invito il Segretario on. Tomasi a favorire di darne lettura.
Segr. Tomasi. — (Legge.)
L'applicazione delle tabelle bilingui ai Giudizi distrettuali dell'Istria, in parte già effettuata e in parte tenuta per ora in sospeso, con minaccia però di prossima effettuazione, è fatto così grave per le immediate sue conseguenze d'ordine pubblico, da giustificare pienamente l'allarme destatosi nella popolazione italiana delle nostre città, e da imporre anche alla Rappresentanza provinciale l'obbligo preciso di unirsi alle voci di protesta innalzate dalle popolazioni e dai Municipi dei principali centri italiani e dalla Giunta provinciale, perchè dall'i. r. Governo venga ripristinato l'antico ordine di cose.
Considerato pertanto che l'applicazione delle tabelle bilingui ai Giudizi distrettuali della provincia, qualora venisse mandata ad effetto, come già voluta da S. E. il signor Ministro della giustizia, costituirebbe una nuova offesa al carattere nazionale italiano delle nostre città e borgate; (Bene! Bravo! dal pubblico.) e considerato ancora che l'inconsulta misura, lungi dal soddisfare ad un bisogno sentito, si risolve in una nuova significante concessione fatta dall' Imperiale Governo alla fazione croato-slovena, che vuole in ogni guisa sovrapporsi all'elemento italiano della provincia:
I sottoscritti fanno proposta che piaccia all'eccelsa Dieta deliberare:
"La Dieta provinciale dell'Istria deplora che l'Imperiale Governo, coll'ordinanza di S. E. il signor Ministro della giustizia sull'applicazione delle tabelle bilingui al Giudizi distrettuali della provincia, mancando al suo ben noto programma di conciliazione nazionale, abbia voluto fare una nuova inconsulta concessione all'elemento croato-sloveno della provincia, si associa al memoriale di protesta già innalzato in questo vitale argomento dall'inclita Giunta provinciale e incarica quest'ultima di chiedere all'Imperiale Governo, anche a nome della Dieta provinciale, la revoca immediata delle deplorate disposizioni. (Applausi e battimani dell' uditorio, e voci di: Bravo! Molto bene!)
Coll'ulteriore proposta in via formale:
Che la presente venga portata in pertrattazione nella prossima seduta dietale, senza il previo passaggio ad una Commissione speciale.
Parenzo, 19 gennaio 1895.
- Dott. BUBBA
- L. MARINONI
- M. BARTOLI
- Dott. GLEZER
- Avv. GAMBINI
- TOMASI
- Dott. Dom. STANICH
- NICOLÒ VENIER
- DOBLANOVICH
- SILV. VENIER
- AVY. VERGOTTINI
- G. B. DE FRANCESCHI
- G. A. WASSERMANN
- B. POLESINI
- Dott. CLEVA
- Dott, M. TAMARO
- Dott. G. LIUS
- Dott. RIZZI.
Pres. — Invito il pubblico a mantenersi tranquillo.
Domando se qualcuno desidera di fare, forse, proposta diversa da quella presentata dall'on. proponente in linea formale?
Nel silenzio della Camera, io, prendendo atto della proposta, mi riservo di portare la mozione alla pertrattazione dietale nella pros sima seduta.
Altra mozione, prodotta dall'on. Nicolò Venier e consorti vorrei pregare lo stesso signor Segretario di portare a conoscenza dell'eccelsa Dieta.
Segr. Tomasi. — (Legge.)
1. Considerato che l'ordinanza di S. E, il signor Ministro della Giustizia, riguardo all'applicazione delle tabelle bilingui negli i. r. Giudizi distrettuali della provincia, non richiesta nè sollecitata da nessuna parte, venne accolta come un insulto alla nazionalità italiana; (Bene. Bravo! dal pubblico.)
2. considerato che ogni popolo civile ha il diritto e l'obbligo di tutelare la propria lingua, come la cosa più cara lasciatagli in retaggio dagli antenati, retaggio, che deve mantenere con tutte le sue forze, sia pure con la vita, come quello, che gli ricorda la sua storia, le tradizioni delle sue glorie e le nobili aspirazioni dell'avvenire;
3. considerato che le dimostrazioni della città di Pirano contro l'accennata disposizione ministeriale, anzichè venir ritenute come una legittima espressione di risentimento nazionale, vennero represse con la forza, ed anzi l'applicazione della tabella bilingui a quel palazzo di Giustizia venne tosto mandata ad effetto con straordinario apparato militare spiegato in modo provocante nella piazza Tartini, intendendosi così di infliggere una punizione alla città di Pirano, rea soltanto di aver difeso strenuamente il proprio carattere nazionale eminentemente e puramente italiano; (Bravo! Bene! Calorosi applausi e battimani dal pubblico, che vengono repressi dal presidente.) I sottoscritti propongono che piaccia all'eccelsa Dieta deliberare:
La Dieta provinciale dell' Istria, informata delle proteste della Deputazione comunale, della Rappresentanza e della intera città di Pirano per l'ingiusta Ordinanza di S. E. il signor Ministro della Giustizia, che volle imposta a quel palazzo di Giustizia la tabella bilingue come punizione per le legittime sue dimostrazioni, incarica la Giunta provinciale di fare per simile Ordinanza energica protesta all'eccelsa Presidenza dei Ministri...
(Benissimo! Viva Pirano! Fragorosi battimani nell'uditorio.)
Colla proposta formale, che la presente venga pertrattata nella prossima seduta, senza il previo passaggio al referato di una Commissione.
Parenzo, 12 gennaio 1895.
- NICOLÒ VENIER
- AVV. VERGOTTINI
- Avv. GAMBINI
- SILV. VENIER
- B. POLESINI
- Dott. G. LIUS
- M. BARTOLI
- TOMASI
- G. A. WASSERMANN
- G. B. DE FRANCESCHI
- Dott. CLEVA
- Dott. RIZZI
- Dott. BUBBA
- DOBLANOVICH
- Dott. M. TAMARO
- Dott. Dot. STANICH
- L. MARINONI
- Dott. GLEZER.
(Il pubblico continua ad applaudire.)
Pres. — Prego, signori: se anche ammetto un applauso, non posso però permettere che questo si prolunghi di troppo.
La proposta verrà portata a discussione nella prossima seduta.
Vi è una terza mozione presentata dall'on. dott. Glezer e consorti. Ma questa sarà forse meglio di darla a leggere al proponente stesso, perché è scritta con calligrafia alquanto confusa.
Dott. Glezer. — (Legge.)
Attesochè nella compilazione della lista annuale dei giurati pro anno 1895 fatta presso l'i. r. Tribunale circolare qual Corte d'Assise in Rovigno, sul cadere del p. p. mese di novembre, col deliberatamente male interpretare ed applicare i §§ 9 e 14 della legge 23 maggio 1873, allo scopo di raggiungere con più facilità in un non lontano avvenire la slavizzazione dei Giudizi istriani, punto richiesta dagli stessi Slavi abitanti la provincia, si offesero gli Italiani dell'Istria nel loro diritto di fungere il munere di giurato e nel loro sentimento nazionale italiano coll'eliminare dalla lista annuale dei giurati pro 1895 quasi tutti gli Italiani istriani, i sottoscritti si onorano di presentare a cotesta eccelsa Camera la seguente
MOZIONE:
Piaccia all'eccelsa Dieta, confermando ed applandendo il Memoriale dell'inclita Giunta del 13 decembre 1894 inviato in argomento a S. E. il signor Federico Conte Schönborn, i. r. Ministro della Giustizia in Vienna, di incaricare la stessa inclita Giunta di avanzare formale protesta in nome della Dieta istriana all'eccelso i. r. Ministero della. Giustizia, acchè:
1. sia cassata la lista annuale dei giurati pro 1895 compilata sul cadere del p. p. mese di novembre dalla i. r. Presidenza del Tribunale circolare di Rovigno, quale Corte di Assise in Rovigno, e sia senz'altro ordinata la compilazione di una nuova lista, tenendosi strettamente alle disposizioni dei §§ 1, 9, 14 della legge 23 maggio 1873;
2. sia provveduto in modo che nell'avvenire non s'abbia a rinnovare un simile inconveniente... In linea formale si onorano i sottoscritti di proporre a codesta eccelsa Camera, che la presente mozione venga posta all'ordine del giorno della prossima seduta e pertrattata nella stessa senza bisogno di rimetterla in precedenza allo studio di qualsiasi Commissione.
Parenzo, 12 gennaio 1895.
- NICOLÒ VENIER
- AVV. VERGOTTINI
- Avv. GAMBINI
- SILV. VENIER
- B. POLESINI
- Dott. G. LIUS
- M. BARTOLI
- TOMASI
- G. A. WASSERMANN
- G. B. DE FRANCESCHI
- Dott. CLEVA
- Dott. RIZZI
- Dott. BUBBA
- DOBLANOVICH
- Dott. M. TAMARO
- Dott. Dot. STANICH
- L. MARINONI
- Dott. GLEZER.
Pres. — Anche la presente mozione — qualora non venga fatta da qualche parte una diversa proposta dal lato formale — sarà portata alla trattazione costituzionale nella prossima seduta.
Finalmente abbiamo una quarta mozione, e questa fu presentata dall'on. dott. Venier e consorti, la passo all'on. Segretario Tomasi, perché ne dia lettura.
Segr. Tomasi. — (Legge.)
Dopochè l'esperienza di molti anni ha dimostrato, essere la mancanza di norme precise sull'uso delle lingue in Dieta la cagione principale dell'irregolare e punto sollecito disbrigo degli affari;
visto, essere la lingua italiana la sola compresa e parlata generalmente in Istria e nella sua Rappresentanza provinciale;
(Bravo! Bravo! Finalmente! dal pubblico.)
visto che di fatto la lingua italiana fu sempre la lingua della Dieta e come tale in modo esplicito e ripetutamente riconosciuta dall' Imperiale Governo:
I sottoscritti sottopongono all'eccelsa Dieta per l'approvazione la seguente
PROPOSTA:
"Al § 13 del Regolamento sulla pertrattazione degli affari della Dieta provinciale dell'Istria ora in vigore vengono aggiunti in fine i seguenti due capoversi:
"La lingua di pertrattazione degli affari nella Dieta provinciale è l'italiana.
(Benissimo! Battimani.)
"Interpellanze, mozioni e proposte non potranno essere presentate che in questa lingua...
(Applausi calorosi dall'uditorio.)
In linea formale si propone che la presente proposta venga posta all'ordine del giorno, come primo oggetto, nella prossima seduta per l'immediata pertrattazione.
Parenzo, 12 gennaio 1895.
- SILVESTRO VERNIER
- Dott. MARCO TAMARO
- NICOLÒ VENIER
- G. BABUDER
- Dott. G. LIUS
- Avv. GAMBINI
- Dott. CLEVA
- AVV. VERGOTTINI
- M. BARTOLI
- TOMASI
- Dott, GLEZER
- Dott. BUBBA
- Dott. D. STANICH
- Dott. RIZZI
- L. MARINONI
- B. POLESINI
- G. B. DE FRANCESCHI
- DOBLANOVICH
- G. A. WASSERMANN
Porterò adunque la mozione all'ordine del giorno della prossima seduta, come primo oggetto, per accondiscendere alla domanda fatta in via formale in chiusa alla mozione stessa.
(Bene! Bravo! dai banchi dei deputati. Applausi dal pubblico.)
Passeremo al punto 3. presentazione degli atti.
(Omissis.)
Invito il signor relatore dott. Gambini a leggere la riferta sulle elezioni suppletorie nel collegio della città di Pirano ed in quella della Camera di commercio e d'industria.
Rel. Assess. dott. Gambini. — (Legge.)
ECCELSA DIETA!
Rimasti vacanti due seggi di deputato provinciale in seguito alle rinuncie ripetutamente date dagli on. signori Avv. Domenico Fragia- como ed Avv. Francesco Costantini, eletto il primo dal collegio della città di Pirano, il secondo dalla Camera di commercio e d'industria in Rovigno, S. E. il signor Luogotenente, con Notificazione 18 settembre 1894 N. 1714 P., stabiliva le relative elezioni suppletorie per il giorno 15 ottobre 1894, nel quale dopo esauriti in antecedenza gli atti preparatori prescritti dal Regolamento — venivano anche regolarmente tenute.
A Pirano, di 479 elettori inscritti ne comparvero 149, i quali, meno uno, diedero tutti il loro voto al candidato signor Nicolò Venier fu dott,. Francesco, che fu proclamato eletto a deputato provinciale. Costituitasi nella stessa giornata la Camera di commercio e d'industria in collegio elettorale, a termini di legge, e constatata la presenza di 11 dei 18 membri che la compongono, riusciva eletto con 10 voti l'on. dott. Felice Glezer, notaio a Pola.
I due atti elettorali sono conformi alle prescrizioni del Regolamento elettorale provinciale, e contro i medesimi non venne interposto reclamo.
La Giunta provinciale, pertanto, ha l'onore di proporre all'eccelsa Dieta di voler deliberare:
"viene approvata l'elezione a deputato provinciale:
a) del signor Nicolo Venier fu dott. Francesco nel collegio elettorale della città di Pirano;
b) del signor dott. Felice Glezer nel collegio elettorale della Camera di commercio e d'industria dell'Istria...
Pres. — Apro la discussione sulla proposta letta ora dall' on. dott. Gambini. (Dopo una pausa.)
Nessuno prendendo la parola, dichiaro chiusa la discussione.
Seguendo il metodo da me sempre adottato, porrò a voti singolarmente i due punti della proposta.
Invito quindi quei signori, che intendono di approvare la prima proposta che suona: Viene approvata l'elezione a deputato provinciale del signor Nicolò Venier fu dott. Francesco nel collegio elettorale della città di Pirano, a volerlo dimostrare coll'alzarsi.
— Approvata.
(Viva Pirano! Applausi dalla galleria e battimani.)
Quei signori, che accettano la proposta di approvare l'elezione del signor dott. Felice Glezer, nel collegio elettorale della Camera di commercio e d'industria dell'Istria, sono pregati a volerlo dimostrare col levarsi.
(Si vota.)
— Approvata
Passeremo a trattare il 5° punto dell'ordine del giorno relativo alla rinuncia degli assessori provinciali...
(Escono dall'aula i deputati dott. Gambini, dott. Cleva e dott. Bartoli.)
de Franceschi. — Domando la parola.
Pres. — Accordo la parola all'on. de Franceschi.
de Franceschi. — A nome della maggioranza dietale, esternando la piena fiducia ai membri dimissionari dell'inclita Giunta provinciale, propongo che sia ufficiato l'illustrissimo signor Capitano provinciale d'interporre i suoi buoni uffici, affinchè essi patriotticamente si decidano a ritirare le date dimissioni, rimanendo al posto da loro onorevolmente fin qui occupato. Propongo inoltre che per tal modo sia ritenuto come esaurito il punto dell'ordine del giorno ora in pertrattazione.
(Bene: Bravo! Approvazioni dai banchi dei deputati e dall'uditorio.)
Pres. — Viene da qualche altro domandata la parola in argomento?
Cav. Wassermann. — Domando la parola soltanto per appoggare intieramente la proposta presentata dall'on. de Franceschi.
Pres. — È appoggiata anche dagli altri la mozione dell'on. de Franceschi?
(Tutti si alzano.)
Di fronte al desiderio cosi esternato dall'eccelsa Assemblea, io ritiro dall'ordine del giorno il 5° punto, e dichiaro che ben volentieri assumo l'incarico, che volle deferirmi l'eccelsa Dieta, di officiare i signori assessori a voler rimanere in carica fino allo scadere del loro mandato. In seguito a ciò, passeremo dunque a trattare il punto 6° dell'ordine del giorno: elezione di un sostituto assessore dalla Curia delle città e borgate, ecc.
Il posto di un assessore sostituto della accennata Curia era vacante già dalla morte dell'on. Sbisà; e nella passata sessione non si è proceduto al suo rimpiazzo.
Invito pertanto gli onorevoli signori deputati eletti dalla Curia delle città, ecc., che sono: cav. Giacomo Babuder, dott. Giuseppe Bubba, dott. Matteo Bartoli, dott. Matteo Campitelli, dott. Pier' Antonio Gambini, dott. Felice Glezer, dott. Giacomo Lius, Leopoldo Marinoni, Benedetto Polesini, dott. Domenico Stanich e Nicolò Venier qui presenti, a compiacersi di deporre le schede col nome della persona, che essi intendono di eleggere a sostituto assessore.
(Viene eseguita la consegna delle schede.)
Prego gli on. signori Doblanovich e de Franceschi a fungere da scrutatori.
(Viene eseguito lo spoglio delle schede.)
Furono presentate 10 schede e tutte portano il nome dell'on. marchese Benedetto Polesini, che proclamo perciò eletto assessore supplente per la Curia delle città, borgate e della Camera di Commercio
(Omissis.)
La seduta è levata alle ore 12.30 p.
TERZA SEDUTA
Parenzo, 14 Gennajo 1895 (ore 11.45 antim.)
Presidente:
sig. Capitano Provinciale Cav. D. MATTEO CAMPITELLI.
Commissario Governativo:
sig. i. r. Consigliere di Luogotenenza ADOLFO SCHAFFENHAUER-NEYS.
Presenti 20 deputati
Presidente. — Essendo i signori deputati in numero legale, dichiara aperta la seduta.
Invita l'on. Segretario de Polesini a dare lettura dei verbali delle due precedenti.
Segr. de Polesini. — (Legge il protocollo della I seduta.)
Pres. — Viene elevata eccezione contro il testè preletto protocollo ?
— Nel silenzio della Camera lo dichiaro approvato.
Segr. de Polesini. — (Da lettura del verbale della II seduta.)
Pres. — È fatta qualche osservazione a questo II protocollo?
— Non avendone fatte, lo dichiaro approvato.
Passeremo alle comunicazioni:
Le Commissioni elette nella seduta precedente si sono costituite nominando: la finanziaria, a preside l'on. dott. Silvestro Venier, a segretario l'on. dott. Lius; la scolastica, a presidente l'on. dott. Rizzi, a segretario l'on. dott. Tamaro; la politica-economica, a presidente l'on. de Franceschi ed a segretario l'on. dott. Vergottini.
La Società d'asilo all'i. r. Università di Vienna ha prodotto l'istanza per la concessione di un sussidio pro 1894-95.
— Venne passata alla Commissione finanziaria.
Il Comitato stradale di Montona — mediante l'on. Tomasi — ha presentato domanda per la trattazione d'urgenza del progetto di costru-zione a nuovo del ponte grande sul Quieto.
- L'atto venne rimesso alla Giunta provinciale per le sue proposte.
In adempimento all'incarico, di cui mi onorava l'eccelsa Camera, io mi sono fatto apportatore della dimostrazione di fiducia e del voto espresso pel ritiro delle loro dimissioni agli onorevoli signori Assessori Bartoli, Cleva e Gambini, i quali, sommamente apprezzando tale confortante dichiarazione, dichiararono di aderire al voto espresso mantenendo il loro ufficio di Assessori, pregandomi nel tempo stesso di porgere all'eccelsa assemblea i loro più vivi ringraziamenti, ai quali unisco i miei pel modo delicato, col quale venne sciolta la crisi, che mi angustiava, dando con ciò gli onorevoli signori deputati di maggioranza prova di loro assennato patriottismo.
(Bene! Bravo! dai banchi dei deputati.)
In seguito alla mozione d'urgenza fatta dall' on. Tomasi nella precedente seduta, la Giunta provinciale ha spiccato ancora sabato un telegramma a S. E. il sig. Ministro del Commercio nell'affare della ferrovia, dalla quale Eccellenza, però, fino ad ora non si ebbe alcun riscontro.
Furono presentate due interpellanze, una dell' on. dott. Bubba appoggiato da vari altri signori deputati.
Invito il signor segretario Tomasi a dare lettura di questa interterpellanza.
Seg. Tomasi. — (Legge.)
INTERPELLANZA ALL'IMPERIALE GOVERNO.
Le scuole popolari di una classe sola in S. Lorenzo del Pasenatico e Fontane, benché decretate bilingui, non ebbero mai attivata, dal tempo della loro istituzione, cioè dall'anno 1883 e rispettivamente dal 1875 in poi, la sezione con lingua d'insegnamento slava, avendo i genitori fatto inscrivere i loro figli esclusivamente nella sezione italiana delle scuole suddette. Pel fatto, esse scuole furono dunque sempre, e vanno anche al presente, considerate, per quanto riguarda la lingua d'insegnamento adoperatavi, quali scuole puramente italiane. Malgrado ciò, l'i. r. Autorità scolastica provinciale ha recentemente decretato che le medesime debbano essere attribuite alla sorveglianza dell'Ispettore scolastico distrettuale incaricato dell'ispezione delle scuole con lingua slava d'istruzione.
Ravvisando i sottoscritti in questa decisione una violazione dell'ordinanza ministeriale 23 luglio 1894, N. 811, secondo la quale la competenza della ispezione scolastica distrettuale delle scuole popolari fra gli Ispettori a tal uopo nominati viene determinata unicamente dalla lingua d'istruzione adoperata nella scuola rispettiva, essi domandano:
1. Come giustifica l'i. r. Autorità scolastica provinciale la decisione surriferita?
2. È essa disposta a ritirarla, disponendo nel tempo stesso che la ispezione delle scuole popolari italiane di S. Lorenzo del Pasenatico e di Fontane sia affidata a quello degli Ispettori scolastici pel distretto politico di Parenzo, cui è devoluta, a sensi della Ordinanza ministeriale succitata, la ispezione di tutte le altre scuole con lingua italiana d'insegnamento?
Parenzo, 14 gennaio 1895.
- Dott. BUBBA
- Avv. GAMBINI
- G. B. DE FRANCESCHI
- Dott. Dom. STANICH
- Dott. CLEVA
- DOBLANOVICH
- Dott. Rizzi
- WASSERMANN
- Dott. GLEZER
- TOMASI
- L. MARINONI
- SILV. VENIER
- AVV. VERGOTTINI
- N. VENIER
- Dott. TAMARO
- B. POLESINI
- Dott. LIUS
Pres. — Avendo l'interpellanza l'appoggio prescritto dal Regolamento, la passerò al sig. Commissario governativo.
La seconda interpellanza è stata presentata dall'on. Vergottini appoggiata da altri signori deputati.
Invito lo stesso signor Segretario a dare lettura anche di questa interpellanza.
Segr. Tomasi. — (Legge.)
A seconda del § 28, alinea 4, delle legge sulla stampa del 17 dicembre 1862, nessuno può essere chiamato a responsabilità per le conunicazioni conformi al vero di pubbliche discussioni del Consiglio dell'Impero e delle Diete. Con Decreto 13 gennaio 1895, N. 25 dell'i. r. Capitanato distrettuale di Parenzo veniva sequestrato il N. 668 del periodico L'Istria d.d. 12 m. c., motivandosi tale misura con l'inserzione della dichiarazione della maggioranza sul suo contegno nella prima seduta della Dieta.
Considerando che tale arbitrario sequestro lede un diritto ed una precisa categorica disposizione di legge, i sottoscritti non possono, nè debbono punto acquietarsi ad un atto tanto arbitrario ed incostituzio nale, e per conseguenza interpellano l' Imperiale Governo:
Da quali criteri è partito l'Imperiale Governo nel procedere al sequestro del N. 678 del periodico L'Istria del 12 mese corrente per la pura ristampa della dichiarazione della maggioranza sul suo contegno nella prima seduta della Dieta?
Come l'Imperiale Governo mette in consonanza e giustifica il detto sequestro di fronte alle categoriche e precise disposizioni di legge?
Parenzo, 14 gennaio 1895.
- AVV. VERGOTTINI
- B. POLESINI
- Dott. TAMARO
- G. B. DE FRANCESCHI
- Dott. GAMBINI
- Dott. GLEZER
- Dott. LIUS
- MARINONI
- Dott. STANICH
- N. VENIER
- G. WASSERMANN
- Dott. CLEVA
- Dott. S. VENIER
- Dott. BUBBA
- M. BARTOLI
- TOMASI
- Dott. RIZZI
Pres. — Anche questa seconda interpellanza, avendo l'appoggio voluto dal Regolamento, verrà ceduta al signor Commissario gover nativo.
Passeremo al secondo punto dell' ordine del giorno.
Invito l'on. dott. Silvestro Venier a motivare la mozione da lui presentata nella precedente seduta.
Dott. Venier. — In una provincia di carattere prettamente italiano non occorrerebbe d'illustrare la proposta, che fa la Rappresentanza della provincia stessa, che la lingua di pertrattazione della Dieta sia esclusivamente l'italiana. (Bene! dal pubblico.)
Noi della maggioranza dietale non avremmo fatta una tale proposta, se non assistessimo, da una serie d'anni, allo spettacolo deplorevole, che una frazione di questa eccelsa Dieta, col sistema d'ostruzionismo, impedisca il libero sviluppo della pertrattazione degli affari, condanno degli stessi e degli interessi provinciali.
Non è l'esercizio di un diritto, che intendono di esercitare i deputati della minoranza; essi vogliono fare piuttosto delle dimostrazioni e vogliono, anche da quest'aula, agitare le inconscie masse delle nostre campagne.
Questo loro contegno impone alla Rappresentanza provinciale l'obbligo preciso di metter ordine ad uno stato di cose, che non può durare, e che è contrario ai veri interessi della provincia.
Assecondare il desiderio della minoranza dietale sarebbe rinunziare da parte nostra al predominio della italianità della provincia; (Mai! dal pubblico.) e noi a questa rinunzia mai arriveremo.
La lingua, che si vorrebbe parificare all'italiana in questa eccelsa Dieta, non è lingua del paese. I differenti ed informi dialetti slavi, che si parlano in provincia, non si avvicinano a nessuna delle lingue slave e non corrispondono minimamente alla lingua, che viene parlata dalla minoranza dietale. (Benissimo!)
È avvenuto più di una volta che correligionari nazionali dei corifei slavi, i quali assistevano alle discussioni dietali, interpellati, se avessero compreso il tenore dei discorsi pronunciati dai deputati della minoranza, risposero che non avevano potuto comprenderli.
Dunque la lingua, che viene usata dei signori della minoranza dietale, non è conosciuta in paese, come lo è dappertutto la lingua italiana. (Bene ! Applausi dal pubblico.)
D'altronde lo stesso Imperiale Governo, rispondendo più volte alle interpellanze direttegli, ha dichiarato che la lingua della Dieta è la lingua italiana.
La Dieta provinciale, quindi, nel votare la proposta che non è soltanto mia, ma che è condivisa da tutti gli onorevoli della maggioranza, i quali sono tutti solidali nel principio della nostra nazionalità non farà altro che adempiere ad un suo preciso dovere. (Bravo! Bene! dai banchi dei deputati e dal pubblico. Applausi.)
Pres. — Ho già ricordato nella precedente seduta che il pubblico deve mantenersi passivo a quanto viene detto e fatto dalla Dieta. Viene richiesta da qualche altro la parola?
Tomasi. — Domando...
Pres. — Il signor Commissario governativo ha la parola.
Comm. govern. — (Legge.)
ECCELSA DIETA!
Per motivi di merito e di equită devo energicamente oppugnare la proposta fatta con questa mozione, d'escludere, cioè, la lingua, slava dalle pertrattazioni degli affari della Dieta provinciale.
In Istria vivono, giusta l'ultimo censimento, ben 185 131 Slavi e 118,027 Italiani. Nella Dieta provinciale siede una considerevole minoranza di deputati slavi.
La pretesa della popolazione slava e dei deputati, che sia, cioè, riconosciuta anche la lingua slava, quale lingua di pertrattazione degli affari nel seno della Dieta provinciale è perciò più che giusta. (Oh! Oh! dai banchi dei deputati.)
Osservo specialmente che l'uso di due lingue non inceppa l'andamento degli affari in altre Diete provinciali, e che non corrisponde punto alla verità l'asserzione, essere la lingua italiana la sola compresa e parlata generalmente in Istria, (No! No!) essendo notorio che intiere regioni della provincia si servono della lingua slava, quale lingua usuale e molti comuni ed altri organi autonomi, quale lingua d'ufficio. (Interruzioni.)
L'Imperiale Governo non è mai partito dal punto di vista che la lingua italiana sia la sola lingua di pertrattazione nella Dieta istriana; esso si è anzi ripetutamente adoperato affinchè, specialmente le interpellanze e le mozioni slave, che si vuole ora escludere, non venghino (sic) escluse dalla pertrattazione.
Per questi motivi l'Imperiale Governo deve energicamente protestare (Interruzioni.) contro la proposta di escludere la lingua slava dalle pertrattazioni dietali e si riserva il medesimo tutti gli ulteriori passi contro un eventuale deliberato preso a sensi della mozione degli onorevoli signori deputati dott. Silvestro Venier e consorti.
(Il pubblico esclama: Siamo solidali coi deputati!)
Pres. — Prego, non posso tollerare che si parli dal pubblico. Desidero che le mie parole siano intese e messe in pratica: altrimenti, saro obbligato, con mio dispiacere, di prendere energiche misure.
L'on. Tomasi...
Tomasi. — Plaudendo alla giusta, patriottica proposta dell' on. dott. Venier, io dichiaro, per parte mia, di associarmivi pienamente, incondizionatamente.
Fra gli ultimi venuti in quest'aula, sacra a ben cari ricordi storici non è ch'io dica il disgusto, lo sconforto, l'amarezza provati nel vedere come la parte minore, faziosa, prepotente di questa eccelsa Camera non già vi provocasse una seria, calma, serena, oggettiva pertrattazione degli affari dietali, ma una violenta e tumultuosa confusione linguistica tale, da inceppare, frustrare anzi ogni pratico e buon risultato finale.
E ciò nell'assoluta coscienza che, mentre noi di questa parte non si capiva verbo di quanto veniva detto o scritto da quei signori, eglino poi comprendevano benissimo, perfettamente quanto noi, nonché nel nostro, nel loro stesso interesse si andava proponendo e deliberando nella nostra lingua, nella lingua comune della provincia, nella lingua, che per storia, diritti e consuetudine sta da sola, anche senza ufficiali riconoscimenti, ad affermarsi come lingua colta, civile, superiore, generalmente compresa. (Bravo!)
Ma ormai, bisogna dire per fortunate circostanze, la corda si è spezzata, forse, o senza forse, per voler esser troppo tirata, e rotti tutti quei legami, che ci potevano congiungere ad un doloroso passato, (Bene!) l'immacolata italianità dell'Istria deve nettamente rispecchiarsi nell'italianitä purissima della sua Dieta. (Bravo!)
Onde, italiana l'Istria, la sua Dieta non può, nè deve usare altra lingua di pertrattazione, che non sia quella, nella quale si accentuarono i nostri maggiori in quella memorabile prima Dieta, che forma una delle pagine più gloriose della storia istriana, (Benissimo!) il cui ricordo vive potente ancor oggi in tutti i cuori del popolo istriano con riverente pensiero d'affetto e di riconoscenza verso quei coraggiosi, i quali, fin d'allora, e assai bene, intuirono da qual parte nemica sarebbe venuto il colpo mortale minacciante, nonchè la loro nazionalità, quella dei loro figli e nepoti; (Bravo!) non può usare altra lingua che non sia quella segnata dalla Provvidenza stessa, quando nei più alti, imperscrutabili destini, mandava lì a Pola, presso del Quarnero il sommo Vate d'Italia a cantare l'italianità dell'Istria in quei versi che, né per mutar d'eventi, nè per volgere di secoli, perché sillaba di Dio, giammai saranno cancellati della coscienza nazionale istriana. (Bravo! Applausi, Dott. Gambini: ... — Con immortali caratteri di monti e di marine Dio ha segnate le patrie! Benissimo! Vivi applausi.) Per cui, senza dilungarmi con parole, che sarebbero e sono perfettamente inutili, e lasciando ad altri più degno di me di dire ulteriormente, faccio atto, ripeto, di piena, incondizionata adesione alla proposta dell'on. collega dott. Venier. (Bene! Bravo! Fragorosi applausi dai deputati e dal pubblico.)
Pres. — Viene richiesta ancora la parola?
— L'on. Commissario governativo.
Comm. govern. — (Legge.)
Non posso che ripetere che l'Imperiale Governo deve energicamente protestare contro questa proposta. (Ilarità. Dott. Bartoli: E noi protestiamo contro il Governo!)
Pres. — Chiede altri la parola? (Dopo una pausa.)
Non chiedendola, chiuderò la discussione...
Asses. dott. Gambini. — Prego sig. Presidente.
Pres — La parola all'on. Gambini..
Asses. dott. Gambini. — Mi era prefisso, al pari dei miei colleghi della Giunta provinciale, di non parlare. Mi vi costringe l'ill. sig. Commissario, il rappresentante l'i. r. Governo, che con insolita fierezza insorse in quest'aula a combattere il nostro buen diritto, le sante nostre aspirazioni. (Bene!)
Mi varrò dell'occasione per toccare anche di qualche lacuna, che è necessario colmare, perchè non si dica che la grave questione non fu a sufficienza ponderata e sviscerata. (Benissimo!)
Non parlerà la Giunta. La Giunta non ha bisogno di spiegare il proprio pensiero in proposito, imperocchè l'abbia già enunciato e svolto diffusamente per mia bocca nella seduta dietale 12 novembre 1890. Parlerò io a nome mio, non come parte di lei, ma come uomo, che pone sovratutto e sovratutti il sacro altare del proprio paese. (Applausi.)
La proposta oggi dibattuta non è nuova. Fu fatta altra volta al principio della nostra vita costituzionale, al principio di quella vita, cui tanto felicemente alludeva l'on. Tomasi, quando rammentava le venerate memorie di coloro, che primi sedettero qui e primi c'insegnarono come si ama la patria. (Vivi applausi.)
Nella tornata dietale 13 aprile 1861 il dott, Amoroso, discutendosi l'organico pegli uffici provinciali, emendava una proposta del defunto vescovo Legat, di quel Prelato preclaro, che ha lasciato cara memoria di sé e non fu punto imitato dai suoi successori (Bene!) — mozione, con cui desiderava che glimpiegati della provincia conoscessero i dialetti sloveno ed illirico del paese — il croato non era ancora inventato (Bravo! Ilarità)... il dott. Amoroso, dico, la emendava nel senso che la lingua italiana fosse la lingua ufficiosa di pertrattazione della Dieta provinciale. L'emenda del dott. Amoroso — prego l'illustrissimo sig. Commissario governativo di stare attento — veniva accolta con tutti i voti dei presenti meno tre, non opponente il delegato del Governo, che cosi ne riconosceva tacitamente la piena legalità. (Benissimo!)
Ove fosse stato di parere diverso, non l'avrebbe approvata tacitamente; onde a che l'atteggiamento contrario attuale dopo, che tanta acqua è passata sotto i ponti dei nostri fiumi e torrenti?
È una contraddizione in termini, ed un Governo, che si rispetta, non incorre in contraddizioni, specie quando con uniformi dichiarazioni successive, quali quelle ricordate dal dott. Venier, sanciva anche poste riormente, di recente, e persino due giorni or sono, i fatti compiuti. (Bene! Bravo!)
Aggiungi che in altra seduta del 63, avendo proposto il deputato Jurinaz di pubblicare i protocolli e le leggi in italiano e slavo, egli restava in assoluta minoranza. Quattro voti contro tutti gli altri, e fra quest'ultimi anche il rappresentante l'i. r. Governo. Così anche il Governo escludeva implicitamente ogni altra lingua, che non fosse l'italiana, dalle nostre pertrattazioni. (Udite! Udite!)
La proposta non è nuova, ripeto: è una semplice codificazione di dettaglio di altra passata in giudicato; è la declaratoria di una massima, come un'ordinanza esecutiva per l'applicazione di un dato principio di legge; una codificazione reclamata dal nuovo stato di cose creatoci da quei buoni amici, che oggi brillano per la loro assenza, e voluta, imposta da quel sistema di ostruzionismo marcato a fuoco dal dott. Venier, che con fina astuzia, a mezzo della facile arma della lingua, introdussero arditamente in quest'aula per rendere impossibile ogni lavoro proficuo e per inscenarvi indecorose dimostrazioni, che in passato non si erano mai vedute.
Se il signor Commissario governativo asserisce che in Istria vi sia una maggioranza slava numerosa, ha ragione; se parla di una maggioranza apprezzabile, s'inganna a partito. In Istria abbiamo circa 40,000 cosiddetti Sloveni, e 140,000 cosiddetti Croati, nella massima parte poveri agricoltori e analfabeti, che non parlano lingue, ma una dozzina e più di dialetti difformi, commisti ad altri idiomi, ed accanto a loro 7000 Tedeschi, o di altre nazionalità, e 120,000 Italiani, i più dei quali sanno leggere e scrivere e rappresentano coltura, capitale, industria, possidenza, commerci. Chi dunque costituisce quella maggioranza, cui l'odierno sistema elettorale dà il diritto di supremazia? Non certo i cosiddetti Croati o Sloveni! (Bravo! Bene!)
D'altronde, cosa vuole il proponente e con lui la maggioranza? Imitare le Diete consorelle.
Altrove, nell'Impero, ove si parlano due o più lingue, se ne usa in Dieta una sola, non per sopraffazione, ma per puro ordine, per continuare regolarmente nelia pertrattazione degli affari. Fanno eccezione se bene ricordo la Boemia, Gorizia, il Tirolo e la Dalmazia. Ma in Boemia i deputati conoscono quasi tutti, o tutti, ambo le lingue del paese, e lo spettacolo, che danno le Diete della Dalmazia, del Tirolo e di Gorizia non può servirci d'esempio.
A Gorizia ogni vita parlamentare è defunta. Là il presidente apre le sedute, da la parola ai relatori, che leggono i loro operati, e ordinariamente li pone a voti senza che nessuno domandi la parola. Proposta e votazione, ecco tutto. Se questa è discussione, è vita parlamentare, è anima, lo dica Pill. signor Commissario governativo! In Dalmazia, ridotti per violenta esclusione a tre o quattro in Dieta gl'italiani — tra cui credo di contare un caro amico universitario, il prof. Serragli in Dalmazia, posti che li ebbero sotto i piedi collo stato d'assedio militare e fratesco, il partito slavo, in mancanza di un'opposizione calcolabile nazionale, si divise con astuto artificio politico in due fazioni, con a capo da una parte la governativa il noto repubblicano del 1848, dall'altra la radicale il diffamatore a tempo perduto delle cose nostre, il già autonomo, ora russo, che risponde al nome russo per eccellenza di Prete Bianchini. (Ilarità, applausi.)
In Tirolo, benché trattati coi guanti, favoriti dai liberali e godenti parità di trattamento, gli Italiani abbandonarono la Dieta, nè vi rientreranno, finchè non si riconosca che altri sono i bisogni, le esigenze e gli interessi legittimi loro ed altri quelli dei Tedeschi.
Nè s'invochi l'esempio a nostro svantaggio; chè qui esigenze, bisogni ed interessi sono gli stessi per Slavi e Italiani, e, mentre in Tirolo si usano due lingue, la tedesca nel tedesco, e l'italiana nell' italiano, da noi se ne ha per lo meno quattro — due sotto varie forme dialettali — in uso.
Un esempio da seguire l'abbiamo, si, ma ce lo dà Vienna, la capitale. A Vienna — e qui prego di nuovo l'illustrissimo signor Commissario governativo di ascoltare attentamente le mie parole — a Vienna ogni deputato è libero di parlare la propria lingua, perché glielo concede, secondo me, più che il famoso § 19 della Costituzione, il diritto naturale, il quale dà ad ognuno la facoltà di esprimersi nell'idioma, che succhio col latte dal seno della propria madre. Nessuno però può presentarvi in altra lingua che non sia la tedesca interpellanze, mozioni o dichiarazioni discutibili.
Colla adozione della proposta del dott. Venier, noi intendiamo di imitare solamente il Parlamento di Vienna e prego l'illustrissimo signor Commissario governativo a dirci, se cosi possono essere lese le leggi fondamentali dello Stato.
L'illustrissimo signor Commissario governativo ha detto con altre parole che la minoranza in questa Dieta provinciale, usando della propria lingua, non può inceppare l'andamento degli affari. Mi dispiace che egli non sia stato qui, quando da quei banchi (Accennando a destra) turando, con baccano indescrivibile, la bocca ai deputati di parte italiana, partivano, fioccavano con insolita violenza indecenti apostrofi e vituperi, non soltanto contro di noi, contro la nostra degna e venerata Presidenza, ma contro la persona stessa di chi qui rappresentava l'Imperiale Governo. (Benissimo!)
I deputati di parte italiana non hanno imparato sia ringraziato Iddio in casa loro, nè la Vergogna! nè i Pereat! nè i Fuori!; li hanno imparati da quel signori, che primi li hanno scagliati pur rispettati e temuti da chi li sedeva (Accennando al banco del Commissario.) in questa aula eccelsa. (Bene!)
Ho detto ciò, perché accentuamente l'illustrissimo signor Commissario governativo ha opinato che la mozione del dott. Venier tenda ad escludere dalle pertrattazioni dietali la lingua slava. Potrà, reputo, essere convinto che noi, intendendo di non voler conculcati i nostri diritti, per quanto concerne l'uso della lingua, non intendiamo tuttavolta di ledere quelli di chiechessia.
Si sfoghino pure quei signori entro i limiti della convenienza, ma non intralcino altrimenti a danno nostro e dei contribuenti la discussione.
Per quanto riflette le note dichiarazioni dell'Imperiale Governo in fatto di lingua di pertrattazione della Dieta, vi ha già risposto brillantemente testè l'on, dott. Venier.
L'Imperiale Governo ha riconosciuto come nostra la lingua italiana dicendo chiaro, e rispondendo in italiano ripetutamente ed anche ieri l'altro, alle interpellanze slave; onde è ozioso il voler fare ora un passo indietro e tentare diplomaticamente di far distinzioni ove non è stato detto di distinguere prima, perchè non si poteva farlo per la logica inesorabile delle precedenze avveratesi.
No, no, egregi signori, votando la proposta dell'on. dott. Venier, non daremo arbitrario significato all'azione precorsa dall'Imperiale Governo, non violeremo il diritto d'alcuno, faremo soltanto il nostro dovere. Rubando una frase al dott. Bubba, non ci resta altra via per isfuggire alle insidie, onde siamo circuiti, per ricondurre le cose nella via dell'ordine e della legalità,
Riandiamo il doloroso passato di fronte agli avversari e vediamo, se non c'imponga anch'esso di provvedere al presente coll'occhio diretto saggiamente all'avvenire.
Dieci o dodici anni circa or sono, questi signori (Accennando a destra.) ricercavano umili e cortesi la nostra benevolenza e se ne valevano per parlare ripetutamente in slavo. In seguito, ci chiedevano la destra e noi, credendoli al pari di noi istriani, loro leali e cortesi la stendevamo, non badando, se se ne avvantaggiavano per proporre interpellanze all'Imperiale Governo nei loro idiomi. Più tardi, ci chiedevano un amplesso fraterno, e, quantunque già agitati e riluttanti, loro nol negavamo e consentivamo generosi, porgessero proposte slave, purchè tradotte in italiano. Incerti pel turbinar degli eventi, speravamo in buona fede che la pace sarebbe finalmente stata così ridonata al paese, e che il paese ci avrebbe benedetto,
Arte e simulazione! Pari alla lupa, che dopo il pasto ha più fame di pria, come scrisse ieri il semi-ufficioso «Mattino» di Trieste, essi, forti di potenti influenze interne ed estere, qui prosuntuosamente liberali, a Vienna pronunciatamente ultramontani e retrivi, essi non ebbero più ritegno e rivelarono tutte le loro tendenze. Fu ventura, fu predestinazione, ché, gittata finalmente la maschera, misero a nudo l'intenzione di rapirci l'antica impronta nazionale e, sopprimendoci, di strapparci con essa il cuore. (Applausi vivissimi.) Un grido di sdegno corse l'Istria e quel grido ci penetrò freddo acuto come un pugnale negli intimi recessi delle viscere. (Bene! Bravo!) Quando poi per l'opera e la parola d'un Ministro fu chiaro che anche da altra parte si mirava a spegnere in più o meno lungo lasso di tempo i secolari nostri diritti storici, (Bene! Bravo!) oh allora il vaso traboccò e la pazienza ebbe un termine. (Bene! Benissimo!)
È al nostro cuore che si mira, si udì prorompere da ogni parte - e senza il cuore, si muore. (Bene! Bravo! Applausi.) Ecco il grido, che ci destò tra le fiamme guizzanti nell'aere, non come potrebbero dire gli avversari e sembra credere l' ill. sig. Commissario governativo preoccupazioni pigmee di partito o prepotenze di sentimenti, non audacie imprudenti o velleità capricciose e caparbie di resistenza al Governo. (Bene! Bravo!) Fu coscienza irresistibile di popolo, fu forza sovrumana, che s'impose imperiosa, fu istinto indomabile di conservazione. (Bene! Benissimo! Applausi vivi e prolungati) E noi quel grido, che si ripercosse da un capo all'altro dell'Istria, noi quel grido, lo udimmo tuonare come la voce del Signore sul biblico monte, e qui venimmo a rispondere ad una voce chè nessuno è mancato all'appello a quella parte, che mi udirà certo benchè assente (Accennando sempre alla destra.) e ai di lei protettori d'oltre Alpe dignitosamente, senza jattanza, senza improntitudine riverenza dovuta, ma con pari fermezza all'Imperiale Governo colla riverenza dovuta, ma con pari fermezza.
Non più indugi fatali, di cui dovremmo rispondere ai posteri, non più illusioni bugiarde. Si tenta di minarci l'esistenza; messo a parte ogni riguardo, si vuol cangiare con duplice forza in croata quella, che fu ed è gente italiana. (Bene! Bravo! Applausi continuati.) Il cuor nostro, tutto sacrato alla patria, non dobbiamo renderlo che a quella forza suprema, che è Dio, a Dio, che non può tradirci, accarezzando anche questo ultimo lembo di terra latina del suo splendido sorriso di cielo e di sole... (Applausi vivissimi e prolungati)... A Dio, che, conscio dei nostri dolori e della santità e giustizia della nostra causa, saprà ho fede in lui per quanto contrari, impetuosi e violenti imperversino i venti, condurci a buon salvamento. (Bene! Benissmo! Bravo! Applausi entusiastici dal pubblico e dai banchi della Camera.).
Pres. — (Agitando prolungatamente il campanello.) Prego tranquillità. Non posso permettere che gli applausi si prolunghino così. Se questi dovessero rinnovarsi, sarei nella spiacevolissima necessità di far allontanare il pubblico dalla sala. Ha la parola il signor Commissario governativo.
Comm. govern. — L'on, deputato signor dott. Gambini mi ha male compreso. Io non ho detto che l'uso di due lingue in questa Dieta non inceppa il regolare andamento degli affari; ho detto che l'uso di due lingue non inceppa la pertrattazione degli affari nelle altre Diete provinciali.
Pres. — Chiede altri la parola?
Assess. dott. Gambini. — Domando nuovamente la parola per una semplice osservazione.
L'esempio delle altre Diete — l'ho già dimostrato — non fa per noi. D'altronde, se noi volessimo seguire il consiglio datoci oggi implicitamente dall'Imperiale Governo per bocca dell' ill. suo signor Comnissario, non sarebbero due le lingue possibili in questa eccelsa Dieta, ma quattro; l'italiana, la slovena, la croata e la tedesca (Voci: Abbazia! i. r. Marina a Pola! Benissimo!)
In questo caso, domando io all'ill, signor Commissario governativo — nel cui imparziale giudizio confido, perchè imparziale l'ho conosciuto finora, in qual modo potrebbe continuare una regolare e feconda pertrattazione di affari? (Bravo!)
Attendo curioso la risposta.
Pres. — Viene richiesta ancora la parola? (Silenzio.)
Non venendo domandata, dichiaro chiusa la discussione ed invito, se crede, l'on. proponente...
Dott. de Venier. — Domando la parola.
Prima di tutto, devo accettare la dichiarazione fatta dal signor Commissario governativo, che nelle altre Diete l'uso di due lingue non porta alcun inceppamento nella trattazione degli affari. Con ciò egli viene a confessare che nella nostra Dieta l'uso della lingua slava ha portato un gravissimo inceppamento alla trattazione dei principali interessi provinciali, (Benissimo!)
Osserverò ancora al signor Commissario governativo che la pretesa, che nella Dieta provinciale dell'Istria sia introdotta anche la lingua slava, non proviene minimamente dalle nostre popolazioni, ma unicamente per le loro mire particolari da quei sette od otto deputati, che siedono alla sinistra in quest'aula, onde posso sostenere, senza tema di essere smentito, che le idee dei nominati deputati non sono neppur lontanamente condivise dalla maggioranza delle popolazioni delle nostre campagne.
In quanto al diritto, che essi deputati hanno di valersi della propria lingua, su questo punto ha risposto esaurientemente l'on, dott. Gambini, lo farò soltanto osservare, come ho detto dianzi, che la lingua parlata e compresa da tutta la Provincia è solamente la italiana, mentre i diversi dialetti slavi che provengono dalla diversità di origine delle colonie slave, che abbiamo in provincia sono compresi solamente da chi li parla e non già da tutta la popolazione. (Bene!)
Il signor Commissario governativo ha infine elevato proteste contro la proposta da me fatta a nome di tutta la maggioranza dell'eccelsa Dieta. Io e con me la cennata maggioranza rimandiamo quella protesta al Commissario governativo, e protestiamo da parte nostra, perché nel Parlamento a Vienna ai nostri deputati italiani non è concesso di poter far trattare le loro proposte in lingua italiana. (Bravo!)
Pres. — Viene domandata da altri la parola? (Silenzio.)
Nessuno chiedendola, dichiaro chiusa la discussione ed invito i signori, che accolgono la proposta dell'on. dott. Venier appoggiata da tutti gli altri onorevoli della maggioranza, e che è del seguente tenore: (Legge.)
PROPOSTA:
Al § 13 del Regolamento sulla pertrattazione degli affari della Dieta provinciale dell'Istria ora in vigore vengono aggiunti in fine i seguenti due capoversi:
La lingua di pertrattazione degli affari nella Dieta provinciale è l'italiana.
Interpellanze, mozioni e proposte non potranno essere presentate che in questa lingua.
Assess. dott. Bartoli. — Domando la parola circa al modo di votazione.
Pres. — Accordata.
Assess. dott. Bartoli. — A sensi del § 48 del Regolamento sulla pertrattazione degli affari della Dieta provinciale, propongo che la votazione sulla proposta ora in pertrattazione avvenga per appello nominale. (Bene!)
Pres. — È appoggiata la proposta dell'on. Bartoli?
— Trova largo appoggio.
Quelli, che la accolgono vorranno dimostrarlo col levarsi. (Si vota.)
— Accolta.
Passeremo quindi all'appello nominale. Invito i signori, che saranno chiamati a votare, di voler rispondere: si o no. (Incomincia la chiama e gli appellati rispondono.)
- Babuder cav. Giacomo — si.
(Bravo! Bravo! dal pubblico, il quale scoppia in calorosissimi ap plausi e battimani, che si prolungano, ad onta delle scampanellate del presidente.)
Avverto il pubblico di non interrompere e di mantenersi tranquillo, per non obbligarmi a prendere — come dissi prima — misure severe.
(continua la chiamata)
- Bartoli dott. Matteo — si
- Bubba dott. Giuseppe — si
- (Io non ho diritto di votare.)
- Cleva dott. Giovanni — si
- Doblanovich Domenico — si
- Franceschi de Giambattista — si
- Gambini dott, Pier Antonio — si
- Glezer dott. Felice — si
- Lius dott. Giacomo — si
- Marinoni Leopoldo — si
- Polesini de Benedetto — si
- Rizzi dott. Lodovico — si
- Stanich dott. Domenico — si
- Tamaro dott. Marco — si
- Tomasi Agostino — si
- Venier Nicolò — si
- Venier de dott. Silvestro — si
- Vergottini de dott. Tomaso — si
- Wassermann cav. Giov. Augusto — si
Gli altri deputati, che non furono chiamati sono assenti. Quindi la proposta è accolta all'unanimità.
(Bravi! Bravi! Appiausi fragorosissimi dal pubblico — Battimani dai deputati).
Passeremo alla seconda mozione, cioè a quella presentata dall'on. Bubba e consorti.
— Invito il proponente a motivarla.
Dott. Bubba. —L'anno, che abbiamo or ora sepolto nella pace del sepolcro, consegnandolo al novero dei passati, lasciò al suo successore un certo retaggio di bilinguità il termine è nuovo, ma è nuovo anche l'oggetto che è riuscito la cosa più curiosa e più strana del mondo.
Fino a pochi mesi or sono, noi, poveri ingenui, si credeva che il carattere predominante della provincia fosse il carattere nazionale italiano profondamente radicato in una civiltà di più secoli vegeta ancora e rigogliosa; credevamo che quanto è opera della natura, ragione della storia e portato dei tempi dovesse resistere ad ogni violenza, ad ogni urto di passioni, ad ogni azione di governo. Da questa beata illusione venne però bruscamente a destarci lo credereste o signori? una semplice Ordinanza ministeriale. E da questa prendo le mosse per illustrare la proposta, per la quale chiedo, onorevolissimi colleghi, il vostro suffragio.
Di S. E. il signor Ministro della giustizia, conte Federico Schönborn, dirà la storia che egli, sedente al Governo di Vienna, conosceva le condizioni dell'Istria nostra, come possiamo noi per avventura conoscere le condizioni della Nubia o del Senegal. (Bravo!)
Già veramente questa la non è cosa nuova per noi. Siamo tanto avvezzi a vedere presso il Governo centrale trattate le cose nostre con assoluta ignoranza di fatti e con i più storti criteri, da indurre noi alla più curiosa delle meraviglie, se mai taluna volta per avventura ciò potesse non accadere. (Benissimo!)
Pensò dunque S. E. il Ministro della giustizia a un nuovo modo di venire incontro ai desideri non mai saziati, nè mai saziabili, dell'elemento croato-sloveno (Dott. Gambini: Oh! s'anco ha mangiato, non è mai satollo!), che agita con turbolenze e dissidi nella provincia nostra. Io non conosco, nè sono naturalmente entrato nei pensamenti di S. E. il Ministro; ma mi pare di poter indovinare che questo, e non altro, sia stato il movente, che lo fece cosi facilmente sdrucciolare sulla via pericolosa della bilinguità.
Naturalmente la innovazione, che fu introdotta colla famosa Ordinanza innovazione gravida di conseguenze, come il fatto lo ebbe poi a dimostrare doveva venire in qualche guisa giustificata; e pare che in proposito abbia il signor Ministro trovato appoggio nella statistica. Certamente, non è andato più in là delle cifre nude e crude, senza pensare che sul libro della statistica non tutti sanno leggere, e questa volta non vi seppe leggere neppur lui. (Bravo!)
Infatti la cifra della popolazione croato-slovena, come parte della popolazione istriana desunta dalla statistica, nel caso nostro della bilinguità significa nulla, o poco assai, fatta eccezione per quella parte dell'Istria amministrativa, che noi appelliamo Liburnia, e che è stata sempre, lo è al presente, e lo sarà anche in avvenire, fino alla consumazione dei secoli, considerata come una mostruosa appendice al nostro paese nettamente delineato e circoscritto da chiarissimi confini, che non si estendono da quella parte al di là della nevosa vetta del Monte Maggiore. Dico dunque che nel caso in considerazione S. E. il signor Ministro maneggio la statistica ad usum Delphini, e non mi sarà difficile il farne dimostrazione.
Tenuto di vista il fatto che l'Ordinanza ministeriale, la quale volle introdotta la bilinguità nelle insegne, nei timbri, nei formulari d'ufficio e cosi via, ebbe di mira i soli Giudizi distrettuali, o, in altre parole, l'amministrazione della Giustizia in genere, è naturale che la innovazione dovesse venire reclamata da nuovi bisogni, o sollecitata da qual che parte come atto di giusto riconoscimento a diritti nazionali. Senza queste precedenze, quell'Ordinanza ministeriale si risolve in un colpo di testa, a cui non si deve cosi facilmente lasciar correre chi si trova al governo della pubblica cosa.
Se S. E. il signor Ministro avesse ritirate esatte notizie sulle condizioni dell'Istria in fatto di amministrazione della giustizia, e sotto questo punto di vista avesse consultati i dati della statistica, avrebbe rilevato, che tutti gli affari legali, anche presso le popolazioni della campagna, croate o slovene che siano, vengono sempre pertrattati nella sola lingua italiana, universalmente compresa; (Bravo!) avrebbe rilevato che presso la maggior parte dei Giudizi la produzione di atti legali in altra lingua diversa dalla lingua italiana è un caso raro, che si manifesta quasi sempre sotto le specie di un fenomeno patologico, in quanto tale produzione, che data, del resto, da jeri, vuole essere interpretata come atto provocatorio e dimostrativo in senso nazionale; avrebbe rilevato ancora che i pochi atti legali prodotti in lingua croata o slovena procedono o da qualche istituzione di credito della Boemia, della Moravia, o della Carniola per affari qui conclusi con intendimenti di propaganda slava, o da qualche avvocato venuto dal di fuori e insediatosi in provincia coi medesimi intendimenti. (Bravo! Bene! dai banchi dei deputati e dal pubblico.)
Gli avvocati e notai esercenti in provincia non hanno mai sentito il bisogno di apprendere uno o l'altro degli idiomi slavi per attendere ai loro affari di professione, e da questo loro esclusivo uso della lingua italiana non si è mai lamentato inconveniente veruno; non lo lamentarono mai gli stessi Croati e Sloveni della campagna, per i quali il famoso provvedimento della bilinguità pare sia stato dettato.
Del resto, non consta che essi neppure questo provvedimento l'abbiano reclamato; e non l'hanno reclamato, o signori, per la semplice ragione che non ne sentivano il bisogno. Gli abitanti della campagna, siano o non siano di nazionalità slovena o croata, in fatto di alfabetismo rappresentano una percentuale bassa assai, per non dire trascurabile addirittura; e quindi per loro che le leggende delle tabelle, i timbri e i formulari d'ufficio siano estesi nell'una o l'altro lingua, è cosa, che non riveste nessun carattere di pratica importanza. (Bravo!) Ed è cosi che l'Ordinanza ministeriale, alterando uno stato di cose, che sin qui soddisfaceva regolarmente a tutti i bisogni, si risolvette in un atto provocatorio all'elemento nazionale italiano dell'Istria, (Benissimo!) atto, che nelle nostre città sedi di Giudizio, e perfino nelle più umili borgate, tutte senza eccezione prettamente italiane, destò una significantissima reazione.
Per questa reazione, il cui eco si ripercosse oltre monti ed oltre mare, e della quale si occupò con speciale interesse la stampa dell'Impero e dell'Estero, venne a galla, o signori, una questione istriana per lungo tempo dibattutasi presso l' Imperiale Governo, e nella quale gli egregi nostri deputati dott. Rizzi e dott. Bartoli ebbero larga parte ed onorevole. (Bravissimo!)
Questa così detta questione istriana s'impose per un momento all'attenzione del mondo civile ed ebbe per noi l'insperato effetto di far meglio conoscere noi e le condizioni nostre anche là, dove importava sommamente che fossero conosciute. (Bene!)
Ne minore fu l'effetto morale che in linea di affratellamento arrecò fra le popolazioni italiane dell'Istria, le quali, di fronte all'invadente azione del Governo, lesiva de loro nazionali diritti, sentirono vivamente il bisogno di stringersi più dappresso, di serrare le file, di procedere compatte per pugnare in agguerrita falange le battaglie della loro nazionale esistenza.
E così il Governo incautamente procedendo, conseguì l'effetto precisamente opposto a quello, che s'era prefisso. L'opera d'imbastardimento da esso continuata anche per la via deplorata della bilinguità risvegliò in noi più vivo il sentimento nazionale, ci fece sentire di essere più forti di quello che in realtà credevamo prima di essere! (Giusto!) mentre passando per una nuova serie di titubanze e d'incertezze, prima nell'applicazione, poi nel ritiro, e quindi nella sospensione della famosa Ordinanza, l'Imp. Governo diede miserabile spettacolo di quel tanto decantato principio di autorità e prestigio (Ilarità.) da esso invocato a giustificazione di una misura altrettanto inconsulta, quanto ingiusta.
La mozione da me presentata, perché sia restituito l'antico ordine di cose, è diretta a chiedere al Governo un atto di riparatrice giustizia. E voi, onorevoli colleghi, appoggiando e votando la mozione, farete opera saggia e patriottica insieme, quale il nostro onore di Italiani lo esige, e quale il nostro paese ansiosamente l'aspetta.
(Bravo! Benissimo! dai banchi dei deputati Battimani — e applausi fragorosissimi dal pubblico. — Il presidente scampanella, esorta coi gesti il pubblico alla calma ed esclama: Signori! non mi pongano nella dispiacente necessità di farli allontanare.)
Pres. — Chiede qualche altro la parola in appoggio o contro la mozione presentata dall'on. dott. Bubba? (Silenzio.)
Comm. Govern. — (Legge.) Riguardo a questa mozione, non posso che accennare alle già note relative dichiarazioni del Governo fatte nella Camera dei deputati, e di osservare, che, dopo aver ricevute queste dichiarazioni, la cosa apparisce ben differente di quanto viene esposto nella mozione e nei motivi della medesima, e che apparisce con riflesso a quelle dichiarazioni la presente mozione quale ingiustificata ed infondata.
Sono perciò costretto di oppugnare da questo punto di vista l'accettazione della medesima.
Devo anche energicamente respingere come del tutto infondati gli attacchi rivolti nella mozione e nei motivi della medesima contro l'Imperiale Governo.
(Dott. de Vergottini. E se egli se li merita?)
Pres. — Desidera ancora qualcuno la parola?
— L'on. Stanich.
Dott. Stanich. — Il campo, in questo oggetto, è stato talmente sfruttato dall'onorevole mio collega, dott. Bubba, che senz'altro mi rimarrebbero poche cose a dire in proposito.
Senonchè anch'io, adempiendo ad un preciso mio dovere, mi permetterò di accentuare alcune circostanze per dimostrare quanto inconsulta e dannosa sia stata la cennata Ordinanza di S. E. il sig. Ministro di Giustizia.
La lingua generalmente conosciuta in Istria come ha molto bene dimostrato l'on. preopinante dott. Bubba è la lingua italiana: ed io, quale notaio di professione, posso meglio di ogni altro sostenerlo, inquantochè, nella mia pratica ho avuto continue relazioni d'affari con persone della cosidetta nazionalità slava, sia del distretto di Pola, che delle Isole, nonchè di altre parti della provincia.
Tutta questa gente, la quale ha per propria lingua materna un dialetto parlato in Istria, ha dato sempre una spiccata preferenza alla lingua italiana, della quale unicamente si serve in tutti i suoi atti e nelle sue relazioni della vita giudiziaria. Io mi sono trovato nella condizione, che quando qualche parte riceveva delle autorità giudiziarie un atto in croato, si trovava in grandissimo imbarazzo, perché non poteva comprenderne il contenuto; e per conseguenza reclamava e protestava di non volerlo ricevere, in quanto che non sapeva a quale patrocinatore rivolgersi, dal momento che neppur esso gli offriva la sicurezza di saperlo decifrare e comprendere esattamente, Perciò anche la popolazione della campagna, che parla un dialetto slavo, ha sempre manifestato una spiccata preferenza nell'usare la lingua italiana, come quella, che è generalmente conosciuta. (Bene!)
D'altra parte l'Ordinanza di S. E. il Ministro di Giustizia è una misura inconsulta e per nulla affatto necessaria. Inconsulta, perché non ha fatto altro che viemaggiormente accentuare, o dirò meglio, perpetuare la lotta nazionale nella nostra provincia. Non necessaria, perché nessuno l'ha mai reclamata, e meno che meno gli Slavi, per i motivi da me prima addotti. Quindi l'Imperiale Governo non fece altro che dare una specie di soddisfazione all'elemento croato d'azione, il quale è senz'altro estraneo affatto ai veri bisogni della provincia e della sua popolazione slava. (Bene! Giustissimo!)
Quell'Ordinanza, di conseguenza, non fece altro che aprire un nuovo abisso fra l'elemento italiano e l'elemento slavo dell'Istria,
Noi sappiamo quanto bisogno ha la popolazione slava delle campagne di coltivare le buone relazioni coi centri popolati della nostra provincia, che sono tutti italiani. Se i contadini hanno bisogno di qualche cosa, si rivolgono agli Italiani, e questi li sovvengono in tutti i loro bisogni; e nel far questo, gli Slavi si servono della lingua italiana, perché compresa dalle persone, alle quali ricorrono.
L'accennata lotta, quindi, non può altro che portare un gravissimo danno all'elemento slavo, il quale anche perciò considererà l'emanazione di quella Ordinanza come una misura veramente dannosa. Per dimostrare ancor maggiormente quanto sbagliata per la nostra provincia sia stata la malaugurata Ordinanza, basti accennare al fatto che nessun altro decastero, sia di Finanza, che del Commercio, ha trovato necessario di adottare nei suoi Uffici dipendenti questa misura; e perciò l'Ordinanza stessa è assolutamente fuori di posto.
Per tutti questi motivi, lo voterò per la mozione presentata dall'on. dott. Bubba. (Bravo! Applausi dai deputati e dal pubblico.)
Pres. — Chiede altri la parola? (Silenzio.)
— La desidera forse di nuovo il signor proponente? (Accenna di no) Non venendo richiesta, dichiaro chiusa la discussione, e passeremo alla votazione. Quei signori che intendono di accogliere la proposta, che suona: (Legge.)
La Dieta provinciale dell'Istria deplora che l'Imperiale Governo coll'Ordinanza di S. E. il signor Ministro della Giustizia sull'applicazione delle tabelle bilingui ai Giudizi distrettuali della provincia, mancando al suo ben noto programma di conciliazione nazionale, abbia voluto fare una nuova inconsulta concessione all'elemento croato-sloveno della provincia, si associa al Memoriale di protesta già innalzato in questo vitale argomento dall'inclita Giunta provinciale, e incarica quest'ultima di chiedere all'Imperiale Governo, anche a nome della Dieta provinciale, la revoca immediata delle deplorate disposizioni...
...sono pregati di dimostrarlo col levarsi.
— Accolta con tutti i voti meno uno: dunque alla quasi unanimità. (Applausi dal pubblico.)
Passeremo alla terza mozione.
Do la parola all'on, Nicolò Venier, perché possa motivarla.
Nicolò Venier. — La città di Pirano con una popolazione dedita esclusivamente al lavoro della campagna, alla navigazione nel qual campo si distingue per la sua arditezza e slancio commerciale ed alla faticosa industria della confezione del sale che allo Stato rende oltre un milione di fiorini all'anno se ne stava tranquilla, contenta del lucro, che gli procurava la sua attività, quando improvvisamente venne svegliata e scossa dagli alti fattori dell'i. r. Governo.
Il giorno 7 ottobre 1894 si sparse per la città la notizia che una Ordinanza di S. E. il signor Ministro della Giustizia disponeva che le tabelle degli ii. rr. Giudizi dell'Istria d'ora in avanti portassero, oltre la scritta italiana, anche la slava.
Questa innovazione, che tradiva il nostro passato improntato sempre a carattere italiano, (Bene! Bravo!) commosse la popolazione, che in nessun caso volle si ponesse in dubbio la nostra nazionalità.
La mattina del 14 ottobre — che resterà sempre memorabile nella storia della città di Pirano per unità di sentire — una massa imponente di popolo si raduno nella piazza Tartini dinanzi al palazzo del Commune e mandò una deputazione dal signor podestà, perchè in giornata fosse indetta una seduta d'urgenza della Rappresentanza comunale per protestare contro l'inconsulta disposizione. Avuta risposta evasiva, venne comunicata al popolo, che soddisfatto si sciolse al grido di Viva Pirano! Viva il podestà!. (Applausi.)
Pres. — Prego il pubblico di mantenersi tranquillo.
Nicolò Venier. — Venne indetta, come promessa, la seduta per la sera stessa, ed ebbe luogo con grande concorso di popolo, come a nostro ricordo non si ebbe mai. Tutte le classi e tutte le età erano rappresentate; sembrava che lo sfregio fatto alla nostra lingua avesse, come per istinto naturale, eccitato i dieci mila cittadini di Pirano; e la popolare dimostrazione non ebbe bisogno di sobillatori, come si andò insinuando, ma fu spontaneo naturale risentimento, e quindi conseguente necessità di protesta.
La Rappresentanza comunale, degna della città, accoglieva a voti unanimi la seguente protesta: (Legge.)
"La Rappresentanza comunale di Pirano:
1. Ritiene un insulto all'italianità del Comune la slavizzazione del Foro testè ordinata dall'i, r. Governo;
2. Dichiara di protestare contro tale misura, che turba la tranquillità, la pace del Comune;
3. Manifesta di non poterla tollerare, perché il Comune si sente legato in modo indissolubile alle sue tradizioni, alla sua storia, alla sua impronta, ai suoi costumi sempre italiani, come sempre lo saranno;
4. Incarica la Deputazione comunale di comunicare l'odierno voto all'eccelsa i. r. Luogotenenza, all'eccelsa Corte d'apello, all'inclita Giunta provinciale, nonchè agli onorevoli deputati del Consiglio dell'Impero. Questa protesta venne accolta da immensa ovazione da parte di tutti cittadini affollanti la sala, gli anditi, le scale del palazzo comunale e da quelli, che se ne stavano in piazza.
Passati gli entusiasmi del momento, Pirano non rimase tranquilla e si animò maggiormente quando con atto leggero venne levata la tabella con iscrizione italiana; e nella giornata del 21, con atti energici manifestò il suo sdegno, sdegno naturale, chè un popolo deve sopportare qualsiasi insulto, fuor che quello fatto alla propria lingua. (Benissimo.)
Vennero i militari il giorno 22, ed cittadini di Pirano li aspettarono intrepidi, chè ognuno d'essi sapeva essere decoroso l'incontrare qualsiasi pericolo, ed anche la morte, per sostenere i diritti della propria patria. (Bene! Bravo!)
Male sarebbe avvenuto alla città ed anche ai soldati, se il signor Podestà, presente il Commissario governativo signor Hochegger, non avesse fatto la promessa al popolo eccitatissimo, che la tabella italiana sarebbe in breve posta al suo posto, come difatti, presente P'Autorită giudiziale, il giorno dopo venne posta una vecchia tabella con iscrizione italiana. Il popolo, festante per simile promessa, percorse la città, che intanto si era tutta illuminata, cantando canzoni popolari.
Il 5 novembre tristissimo nella storia di Pirano ogni speranza però veniva meno. Alle 4 e mezzo del mattino il militare occupò la piazza Tartini schierato in due colonne, mentre molte pattuglie di gendarmi percorrevano le città; i pubblici esercizi si chiusero e così rimasero tutta la giornata; cosi pure le finestre. La piazza deserta di cittadini dava l'aspetto triste che si stesse per eseguire una sentenza di morte. Difatti, con apposito vapore arrivarono gli esecutori, che, scortati da un forte drappello di gendarmi, si recarono al palazzo del Giudizio, dinanzi al quale stavano pure il rappresentante l'i. r. Governo in grande tenuta e gli ii. rr. Impiegati del Giudizio. (Ilarità.) Alle sei e mezzo, più lucida e più dorata del solito, provocatrice come la inconsulta Ordinanza, venne appesa la tabella bilingue sul poggiuolo del palazzo.
Pirano schiacciata dalla forza, vinta, ma non doma, (Bravo!) pose sulle finestre delle case i suoi drappi neri in segno di lutto e di protesta, il fatto venne compiuto come lo volle il Ministro della famosa coalizione; ma la coscienza della città di Pirano rimarrà sempre come fu per il passato, chè, come disse l'illustre Tommaseo: «La coscienza d'una nazione può dormire per anni, ma fino che la nazione stessa non sia scomparsa dalla faccia della terra, la sua coscienza non morrà...» (Calorosissimi applausi dai deputati e dal pubblico Il presidente agila il campanello.)
Quindi lo sappiano i nostri padroni, che con un colpo di penna, sia pure di mano potente, o con inconsulte disposizioni non si cambia la lingua di un popolo. (Vivissimi applausi.)
Quando si ebbe sentore di ciò, che si stava apparecchiando nella piazza Tartini, la Deputazione comunale si era radunata, ed appena l'Ufficio telegrafico fu aperto, spedi alla Presidenza dei Ministri il se guente telegramma (Legge.)
Presidenza Consiglio Ministri
Vienna
Deputazione comunale considera applicazione tabella bilingue oggi avvenuta grande apparato forza militare come atto di punizione giusto risentimento nazionale città di Pirano e protesta energicamente contro enorme ingiustizia..
Il castigo imposto come portava la seconda disposizione ministe riale commosse ed indigno tutta lIstria civile, e da tutte le sue città furono spedite proteste a Vienna e dispaceri di condoglianza al podestà di Pirano. Questa generale partecipazione al dolore di quella città confortò la popolazione, che vide, essere l'Istria tutta unita, pronta a qualsiasi sacrifizio... (Si si, sempre! Bravo! dai deputati e dal pubblico.) e non potersi da nessuno chiamare la terra del morti. (Bene!)
Di queste imponenti e generali dimostrazioni e proteste l'eccelsa Dieta deve tener conto, e, come protestarono tutte le città, l'inclita Giunta provinciale e l'illustrissimo signor Capitano, deve anche essa, tutelatrice della nostra nazionalità, protestare, come io protesto.
(Bene! Bravo! Applausi fragorosissimi dai banchi dei deputati e dai pubblico, il quale grida: Viva Pirano!)
Pres. — (Agitando forte e lungamente il campanello.) Prego il pubblico a mantenersi tranquillo. Se vuole applaudire, si limiti però ad un breve applauso, ma non lo prolunghi di troppo.
Desidera qualche altro la parola?
— L'on. Tamaro...
Comm. Govern. Domando la parola. (Legge.)
Io non posso che ripetere, anche riguardo a questa mozione, quello, che ho detto prima, e cioè accennare alle già note dichiarazioni del Governo fatte nella Camera dei deputati, (Interruzioni.) e di osservare che, dopo aver ricevute queste dichiarazioni, la cosa apparisce ben differente di quanto viene esposto nella mozione (Interruzioni dai ban chi dei deputati) e nei motivi della medesima, e che apparisce con ri flesso a quelle dichiarazioni la presente mozione quale ingiustificata ed infondata.
Sono perciò costretto di oppugnare da questo punto di vista l'accettazione della medesima. (No! No! dai banchi dei deputati. Ilarità)
Devo anche energicamente respingere come del tutto infondati gli attacchi rivolti nella mozione e nei motivi della medesima contro l'Imperiale Governo.
Pres. — Domanda alcuno la parola?
Dott. Glezer. — Io.
Pres. — Gliela accordo.
Dott. Glezer. — Egli è propriamente che attonito e commosso dalle eloquenti parole pronunciate dall'on. Nicolò Venier sui fatti della sua diletta Pirano, di cui ei può dire: et quorum pars magna fui, mi trovo astretto di appoggiare, all'unisono coi suoi pensieri, la sua proposta tendente a togliere dal poggiuolo di quel palazzo di giustizia la tabella bilingue imposta dall'Imperiale Governo quale punizione, solo perché i Piranesi, forti della loro storia e dei loro sentimenti, strenuamente propugnarono e difesero i sentimenti della nazionalità istriana, perché non vengano minimamente conculcati da una Ordinanza, la quale non ha che l'impronta dell'assoluta ingiustizia verso la patria mia. (Bravo! Bene!)
Signori deputati, io credo che voi dovrete con me convenire, che una simile punizione è cosa, che non trova riscontro nella storia; è una punizione del tutto nuova, ma che non umilia chi la riceve, sibbene avvilisce chi la infligge. (Benissimo!)
Un Governo, che si rispetta, deve prima pensare e ponderare sui fatti, che sta per intraprendere, affine di non commettere errori; ma, se li commette, non può poi con altri ancor più censurabili fatti cercare di correggere gli errori stessi. (Bravo! Applausi.)
Diffatti, onorevoli signori, io vi domando: puossi nell'anno 1894, cioè quasi alla fine del presente illuminato secolo, mai pensare che un Governo infligga una punizione ad una popolazione con l'affissione di una tabella bilingue solo perché ha difeso la propria nazionalità? (Benissimo! Applansi.) lo credo che questo sia un colmo, e, ripeto, una cosa, che è ricordata negli annali della storia.
Se il Governo avesse presa notizia più da vicino della nostra provincia come disse l'on. dott. Bubba non avrebbe certamente agito in quel modo. Ma il Governo, non ci ha mai consultati; il Governo non ci ha mai conosciuti ! Egli ha ritenuto che la nostra provincia faccia parte, forse, della Corea, dove oggi ferve una battaglia decisiva fra due potenti, che si contendono la vittoria per la di lei sottomissione. Se il Governo avesse conosciute le nostre condizioni, io credo che non avrebbe commesso errori di questa fatta; non avrebbe dato spettacolo di sè colla inconsulta spedizione dell'Audax che portava pomposo a Pirano la insegna per la punizione! (Bravo! Applausi.)
A me sembrò quella spedizione qualche cosa di comico, o meglio una scena della celebre operetta scritta dal noto scrittore tedesco; mi sembrò che il Governo denigrasse con quel fatto sé medesimo. E difatti la spedizione della tabella bilingue a Pirano, fu deplorata generalmente.
Signori deputati, io ritengo inutile, dopo l'indovinata esposizione dell'on, Nicolò Venier, che mi dilunghi. Egli è perciò che, sapendo come quell'uomo parlò coll'entusiasmo di un vero istriano e coll'amore. di un vero piranese; sapendo che egli disse la pura verità; comprendendo come quella verità sia affermata dall'Istria intiera; sapendo che egli, colla sua parola, fu di conforto nei giorni di trepidazione e di dolore a Pirano; sapendo che egli sostenne alta la bandiera della sua municipalità voterò per la mozione da lui presentata, e vi prego a voler fare anche voi altrettanto. (Bene! Bravo! Applausi calorosissimi.)
Pres. — (Agitando il campanello.) Prego silenzio. Devo ripetere quanto dissi prima, che cioè il pubblico deve lasciare piena libertà di parola agli oratori; non deve dar segni di approvazione o disappro vazione e deve rispettare la maestà dell'assemblea.
Dott. Tamaro. — Domando la parola.
Pres. — L'on. Tamaro ha la parola.
Dott. Tamaro. — Sarò breve, per non attediare la pazienza del l'eccelsa Camera.
Come concittadino dell'on, proponente, e come Italiano, sento l'obbligo di esternare la mia ampia approvazione su quanto fu testè detto. Francamente mi sembra una vera puerilità che un forte Impero abbia da adoperare delle insegne per punire una città. Se io fossi Slavo poi, protesterei più forte di tutti contro la pretesa di far servire poche parole della mia lingua in segno di castigo di una nazione diversa della mia. (Bene! Bravo!) Ma io credo, invece, che certi Slavi si siano fissi in mente di dar lustro così alla propria favella. La lingua italiana per riuscire alla eccellenza odierna dovette passare per la trafila di sommi prosatori e poeti, che tutti conoscono, perché di fama mondiale; i moderni corifei slavi di queste regioni credono, invece, di rendere illustre la loro col voleria far passare per la trafila delle pubbliche insegne. (Bravo!) Basta questo, infatti, perché tutto il mondo si persuada che fra la lingua italiana e la slava non esiste differenza alcuna! Lasciamo pure che s'illudano: ma che un Governo alimenti siffatte illusioni no, non è serio.
Ed è così che anche le tabelle, come un tempo le secchie divennero di poema veramente degne! Ed ora aspettiamo un nuovo Tassoni, che ne celebri le gesta.
Infatti, a persuadere i popoli e le nazioni che non vi esistono più disparità di classi, di coltura, di civiltà, di intelligenza e di merito si sono inventate le tabelle poliglotte invenzione proprio degna del secolo di Humbold, di Darwin, di Liebig, di Cavour e di Moltke! Che volete, il socialismo s'è infiltrato anche nelle tabelle, e il mondo è slavo.
Però io nutro speranza che la tabella famosa di Pirano non resterà al suo posto. E questo dico, non per far sfregio alla nazione slava, a cui auguro tutto il ben di Dio... ma in casa propria. (Bene!) Qui no; perché questa è terra italiana, e come tale dev'essere rispettata. Si vuole proprio usare giustizia? Si lasci alla polizia d'ogni singolo Comune il rompicapo di mettere o di far mettere quelle tabelle, che crede. Cosi il Governo avrà un fastidio di meno e provvederà molto meglio alla propria dignità, al proprio prestigio.
E con queste poche parole, io, per non dilungarmi d'avantaggio, dichiaro di appoggiare con tutte le mie forze la proposta avanzata dall'on. Nicolò Venier. (Bravo! Applausi).
Pres. — Desidera altri la parola?
Comm. gover. — Domando la parola... (Si alza e legge)... per protestare di nuovo, energicamente, contro gli attacchi rivolti dagli on. Tamaro e Glezer contro l'Imperiale Governo. (Ilarită.)
Pres. — Viene richiesta da altri la parola?
— Non prendendola...
Dott. Bubba. — Domando la parola.
Pres. — L'on Bubba.
Dott. Bubba. — Nei supremi momenti della vita pubblica, quando la sorti d'un popolo, che sente fieramente di sé, per imperiosa volontà di principe o Governo vengono minacciate perfino nelle condizioni più necessarie della sua civile esistenza, i giusti risentimenti di questo popolo assumono talora forma e carattere della più accentuata espressione, pari al grado della viva passione, che lo agita e commuove: e, messo da parte ogni prudente riserbo, quando la prudenza è divenuta ormai per esso una colpa, si lascia trascinare senza fatica a scatti improvvisi di violente commozioni, come lo vuole l'oltraggio dell'ingiuria patita. (Bene!) È allora che, fatto appello alla forza del diritto, alla coscienza dei propri destini e alle ragioni indefettibili della storia, esso sorge vindice di sè, inesorabile ed implacato, pronto a soccombere, anziché piegare la cervice ad ingiuste esigenze, (Benissimo! Bravo!) per le quali vorrebbesi, correndo a ritroso le leggi della natura, alterare perfino quello, che costituisce il carattere, la fisonomia della sua storica individualità.
Gli Italiani dell'Istria, che sanno di costituire un popolo civile, superbo delle sue origini, innamorato della sua storia splendida di pagine gloriose, che dei propri destini sente altamente e fieramente, gli Italiani dell'Istria, che nei deputati costituenti la maggioranza dietale hanno i loro legittimi rappresentanti qui mandati a difendere i propri interessi, e fra questi il più vitale, quello del loro patrimonio nazionale, furono in questi ultimi tempi esposti alle dure vicissitudini, travelti, come sono, in un'acerba lotta nazionale contro altre genti, cui non la ragione, ma la forza è diritto. Il presidio della legge è per loro divenuto un'ironia; le Autorità dello Stato, a cui fanno appello nelle più gravi contingenze della vita pubblica, dei loro reclami o non si curano, o ne prendono solamente notizia, tanto per studiare il modo di negar loro con la destra, ciò, che in pari tempo con generosa larghezza si concede con la sinistra ai loro avversari; (Bravo!) per loro l'equità esiste inquanto essi stessi siano condannati a farne senza; e così tutto, in una parola, concorre a far credere che per l'Imperiale Governo, il popolo italiano dell'Istria nell'organismo complicato dello Stato austriaco sia non più che una quantità trascurabile.
Gli avvenimenti di una eccezionale gravità, che si svolsero in provincia nell'anno testè decorso, ebbero il loro supremo epilogo nei fatti di Pirano avvenuti colà in occasione dell'applicazione a quel palazzo di giustizia della insegna bilingue volutasi forzatamente imporre, quasi a punizione per le dimostrazioni provocate dalla ormai famosa Ordinanza di S. E. il signor Ministro della Giustizia. Quei fatti sono già consegnati alla storia; e, come fanno fede della fierezza di quella popolazione, che non volle cedere, se non rimpetto alla brutale violenza per conservare integro ed intatto quel purissimo carattere nazionale italiano, che per essa è vanto e titolo d'onore, così porsero testimonianza solenne della supina imprevidenza dell'Imperiale Governo. II quale, quasi fossero poche e di lieve momento la ragioni di malcontento, che agitano le popolazioni dell'Istria, si lasciò guidare da un malinteso principio di autorità per ostinarsi a voler conservata al Giudizio di Pirano la tabella bilingue ivi applicata in un momento di estrema debolezza, quando invece l'Imperiale Governo credette di essere forte. (Bene!) Fu invocato dalle Eccellenze ministeriali il cosiddetto prestigio dell'autorità, principio questo presso ogni Governo rispettabilissimo, ma perché come tale sia considerato e valutato dai governati, è mestieri che l'opera del Governo non sia preceduta da inconsulte misure. E, nel caso considerato l'applicazione della tabella bilingue al Giudizio di Pirano è stata addirittura una vera enormità, quando si ritenga il fatto incontrovertibile dell'esiguo numero di Slavi esistenti in quel distretto, tutti parlanti l'idioma italiano, del quale esclusivamente si servono in ogni bisogno e in ogni contingenza della vita pubblica; ed è stato in pari tempo un errore grossolano di volerla ostinatamente mantenere applicata, ad onta delle solenne manifestazioni di tutta una popolazione seria, gagliarda, piena d'entusiasmo, disposta a tutto sacrificare, sostanza e vita, pur di non patire l'ingiuria sanguinosa di uno sfregio nazionale. (Benissimo!)
La violenza, o signori, non fu e non creò mai il diritto. La storia e la natura hanno le loro rivendicazioni (Bene!) E forse mai nessun Governo, al pari di quello, che ci regge, ne ha fatto di tale verità tante esperienze, anche in tempi a noi assai vicini. Gli stessi fatti di Pirano, di cui noi in questo momento, per gli effetti, che produssero, con vivissima soddisfazione ci occupiamo, furono la causa precipua, il motivo prossimo di quel gagliardo risveglio di vita nazionale, che s'è manifestato dall'un capo all'altro della penisola istriana. Il Governo, o signori, il Governo, che per le sue mal notorie tendenze di favorire in provincia l'elemento croato-sloveno per contrapporlo allo espandersi naturale e fatale dell'elemento nazionale italiano, fu lui, il Governo stesso, che si rese inconscio istromento di una gagliarda manifestazione di carattere nazionale, anche là, dove il sentimento nazionale pareva o poteva credersi affievolito.
Intanto la tabella bilingue continua a permanere, guardata a vista dalla pubblica forza, al poggiuolo del palazzo di giustizia di Pirano, segnacolo di ostentazione dell'imperiosa volontà del Governo. L'ho detto già: contro la forza soperchiatrice è vano il resistere: ma debbo pur soggiungere che quella tabella bilingue è scintilla, da cui potrebbero svilupparsi fiamme di altri incendi, (Bene!) e la più elementare prudenza dovrebbe fare avvisato l'Imperiale Governo che non sta nel suo interesse, nell'interesse dell'ordine pubblico, che esso dice di voler ad ogni costo mantenuto, il perpetuare una causa sicura di eventuali ulteriori disordini. (Benissimo!) Non sarà dunque atto di debolezza, ma provvida misura di pubblico reggimento, se l'Imperiale Governo allontanerà la insegna bilingue dal Giudizio di Pirano. Proceda dunque senza esitazioni, senza titubanze a questa invocata misura: la sua sarà opera saggia e sopra tutto opera di riparatrice giustizia.
Affrettando coi voti il giorno, in cui l'Imperiale Governo metta mano a questo atto di riparatrice giustizia, mando intanto da questo seggio un affettuoso saluto alla mia nativa Pirano, e dichiaro che voterò con entusiasmo la risoluzione proposta dall'egregio collega sig. Nicolò Venier.
(Bene! Bravo! Dai banchi dei deputati. Applausi calorosi e prolun gati. Il presidente agita forte il campanello.)
Pres. — Desidera forse qualche altro la parola? (Silenzio.)
La vuole forse di nuovo il signor proponente? (Accenna di no.)
Comm. Govern. — Domando io la parola... (S'alza e legge.)... per respingere energicamente gli attacchi rivolti dal signor oratore contro l'Imperiale Governo. (Ilarità)
Pres. — Invito quei signori, che intendono di accogliere la proposta dell'on. Nicolò Venier, la quale suona... (Legge.)
La Dieta provinciale dell'Istria, informata delle proteste della Deputazione comunale, della Rappresentanza, dell'intera città di Pirano per l'ingiusta Ordinanza di S. E. il signor Ministro della Giustizia, che volle imposta a quel palazzo di Giustizia la tabella bilingue, come punizione per le legittime sue dimostrazioni, incarica la Giunta provinciale di fare per simile Ordinanza energica protesta all'eccelsa Presi denza dei Ministri...
...a volerlo dimostrare col levarsi. È accolta con tutti i voti, meno uno.
Passeremo alla quarta mozione.
Invito l'on. proponente dott. Glezer a svilupparla.
Dott. Glezer. — Non era, eccelsa Dieta, dimenticato ancora in provincia il rumore suscitato dalla pubblicazione della malaugurata Ordinanza sulle tabelle bilingui non era, dico, dimenticato il rumore, avvegnachè non si dimenticheranno mai i gloriosi giorni delle ultime gesta dei valorosi figli di S. Giorgio, giornate eguali ad altre memorabili del risorgimento di paese a noi vicino perché quelle giornate segneranno una splendida pagina della storia istriana contemporanea, avendo confermato, colla italianità di Pirano, l'italianità dell'Istria intera; (Giusto!) avvegnachè non si dimenticheranno mai la dimostrazione delle donne di Rovigno, che al noto ritornello della canzone della Lega nazionale, proclamarono viemmaggiormente e pubblicamente che la donna istriana si sente ed è donna italiana, (Benissimo) e che, come tale, vuole colla dolce favella di Dante insegnare ai proprii figli il dovere di combattere per la conservazione della nazionalità e della lingua nostra; avvegnachè non si porranno mai in non cale i fatti della strenua Valle, castello feudale ai tempi della Serenissima, che provarono una volta di più, di fronte a quanto dissero e dicono continuamente i nostri avversari, che i cittadini istriani dell'interno non pensino all'unisono coi cittadini della costa della provincia che l'Imperiale Governo fece un altro sfregio alla nostra nazionalità, e ciò solo perché noi, offesi, abbiamo reagito per mantenere incolumi i diritti, la fede, la coltura, la nazionalità, che i nostri antenati ci ebbero belli e splendidi a tramandare. (Bene!)
Alludo, signori Deputati, alla compilazione della lista annuale dei giurati per l'anno 1895, fatta nel decorso mese di novembre presso P'i r. Tribunale circolare di Rovigno.
Quella lista a mio debole parere intacca ancora più viva mente, più acerbamente il nostro sentimento nazionale italiano.
Per quella lista, noi Italiani fummo posti fuori della legge; con quella lista si volle far ritenere che la coltura e l'intelligenza non sieno attualmente in mano di noi istriani italiani; con quella lista si volle far credere che le lingue slave, che si pretendono parlate in paese e che io appellerò gerghi sieno lingue, che abbiano per giunta una tale elevatezza, da avere il predominio nella nostra provincia.
Chiunque voglia esaminare le condizioni della nostra provincia si accorgerà facilmente del contrario.
Ma l'Imperiale Governo volle invece ritenere, ad arte, per vero quanto dissero in merito alle lingue slave ed al bisogno della nazionalità slava i nostri avversari, che a modo di denunciatori vomitano continuamente delle falsità a nostro danno nelle aule parlamentari di Vienna, levandoci però l'incomodo della loro presenza in questa sala, prezioso monumento della nostra storia. (Bene! Bravo!)
Per quell'Ordinanza, male applicata di fronte alle disposizioni della legge, venne di più dimostrato, che noi Istriani italiani non siamo nemmeno capaci di fungere il munere di giurati; che in noi mancano av vedutezza, assennatezza ed onestà, mancanze tutte, io credo, che nes suno mai ci ha potuto, nè ci potrà addebitare.
Con quell'Ordinanza l'Imperiale Governo, assecondando le bramose voglie di pochi giullari nostri avversari frase che lessi questa mane in un foglio vuole lentamente, senza che noi ci accorgiamo, slavizzare in prima i nostri Giudizi. E difatti i nostri amici, i nostri congiunti, i nostri figli, che oggi servono lo Stato, sono preteriti, dall'Imperiale Governo, nei loro avanzamenti, solo perché essi non conoscono le lingue slave; si accettano e si evadono, spesso inconsciamente, atti slavi, senza che tali atti siano compresi, come avviene quasi sempre. dalle parti stesse, che si vuole li abbiano firmati. (Benissimo!)
Alla chetichella, l'Imperiale Governo importa nei Consessi dei Tribunali e nelle Procure di Stato dei forastieri puro sangue slavi per arrivare alla tenuta dei pubblici dibattimenti in lingua slava, e perfino nella mia Rovigno, dove l'alito slavo non arrivò ancora a sfiorare neppure la più lontana sponda del ridente suo porto. (Bravo!)
Eccelsa Dieta! Di fronte a queste intemperanze, di fronte ai lagni ed alle grida di dolore da parte dei nostri Comuni e delle nostre Corporazioni, io credo sia obbligo della Dieta istriana d'interporre la sua valida parola presso il Governo, sia suo compito di fare proprie le lagnanze e proteste dall'inclita Giunta provinciale avanzate in argomento al Ministro della Giustizia, di quella Giunta, che, quando si tratta della nostra nazionalità e della nostra lingua, mai indietreggia, nè indietreggierà, ma rimarrà sempre pronta alla lotta come gladiatore vinto, ma non domo, che pugna l'ultima decisiva battaglia a salvamento della propria vita e della propria indipendenza. (Applausi.)
Ciò premesso a spiegazione dei nascosti intendimenti della novella Ordinanza che l'Imperiale Governo dichiara del resto non esistere, asserendo che la nuova lista dei Giurati si fonda nelle disposizioni della legge 23 marzo 1873 vediamo come lo stesso Governo vi abbia contravvenuto.
Pel disposto del § 1 di quella legge, sono Giurati tutte quelle persone di sesso mascolino che abbiano compiuto 30 anni, sappiano leggere e scrivere, godano il diritto d'incolato in un Comune appartenente ai paesi rappresentati al Consiglio dell' Impero, abbiano il domicilio di un anno nel Comune, ove dimorano, e paghino dieci fiorini di imposta diretta. Queste dunque sono le disposizioni precise della legge e contro le stesse non è lecito ad alcuno, e meno che meno ad un pre sidente di Tribunale od all'Autorità politica di venir meno.
Ma per mancare a queste saggie, eque disposizioni del § 1 testè citato, che fece l'Imperiale Governo? Egli volle, dopo ar anno, dopo ar anno, ripeto, farsi forte del § 9 di quella legge per tirare, come si dice, l'acqua al suo mulino. Ma, male interpretando quel paragrafo, escluse quasi tutti gli Istriani italiani dalla giuria, perché non conoscevano una delle lingue slave parlate nel paese, come se questo bisogno fosse stato sentito dagli Slavi nostri comprovinciali, fosse stata richiesta una riforma al Tribunale circolare di Rovigno dagli Slavi stessi, quando non si eccettuino quattro o cinque avvocati slavi, che non so se sieno comparsi due o tre volte in tutta la loro esistenza quali difensori penali al sullodato Tribunale.
Si volle quindi dare una differente coloritura a quel paragrafo, e spiegandolo ed interpretandolo malamente si venne ad escludere quasi tutti i nostri Istriani italiani della giuria.
Ciò però non è legale!
Il § 9 consiglia che si debba aver riflesso e dare la preferenza a persone di carattere assennato, ed a quelle, che conoscono più lingue parlate nel paese. Tale dicitura, del resto, non implica minimamente l'esclusione di coloro che non conoscono che una sola lingua, come nel caso concreto di noi Italiani, che parliamo soltanto la nostra bella favella italiana. (Bene!)
Da ciò ne ha conseguito per accennare brevemente a fatti constatati, perché voi, o signori, tutto il resto lo avrete appreso dalla pubblica stampa che il distretto di Buje colle città e borgate di Grisignana, Umago e Cittanova, perché dichiarato italiano, di 48 giurati che aveva nell'anno 1894, non ne ebbe più alcuno (Bravo! Bene!); che Orsera e Parenzo, come luoghi prettamente italiani, di 27 giurati, che avevano nel 1894, non ne ebbero alcuno; che la città di Pola, la quale dava un forte contingente di giurati, non ne ebbe alcuno, che sia cittadino polese, eccettuati due impiegati municipali miei cari amici ed altre due persone private, le quali, d'altra parte, non conoscono la lingua slava. I rimanenti sono tutti Slavi, venuti da vari paesi del di fuori, o Tedeschi. La città di Veglia pure non ebbe alcun giurato.
Io non comprendo come in questi forti, popolosi ed intelligenti distretti e città, l'inclito i. r. Tribunale circolare di Rovigno che a mio avviso, senza una precisa Ordinanza non l'avrebbe fatto poteva scartare di sana pianta tutti gli Italiani, che vi abitano, e che per le loro doti di mente e per la loro onestà diedero mai sempre prove di saper fungere degnamente l'ufficio di giurati.
Ma l'Imperiale Governo comprese di subito, che fare uno scarto di tutti era impolitico; e quindi, per orpellare l'affare e per corrispondere anche alle esigenze della punitiva giustizia perché cogli Slavi soltanto non avrebbe mai potuto comporre una giuria altamente si compiacque collo scegliere di qua e di là qualcuno dei nostri Istriani italiani, che intendono, secondo lui, qualchecosa del gerghi slavi. Da quali criteri poi sia partito per dichiarare che quei pochi Italiani ammessi nella lista sapessero la lingua slovena o, croata che sia, io non lo so; forse nel decidere avrà seguita la stessa via, che seguì nel respingere le assennate osservazioni di qualche Podestà a carico di uno o l'altro degli inscritti nella lista principale, come avvenne di quella di Parenzo, che, dichiarata una persona non degna per le sue qualità morali di fungere da giurato, fu inclusa nella lista annuale del 1895 compilata dall'i. r. Tribunale circolare di Rovigno solamente perché in possesso della lingua slava. (Bene!)
Sembrerà però strano, signori Deputati perdonatemi se devo ancora dilungarmi per dimostrare quanto di male sia stato fatto nel compilare quella lista, sembrerà strano, dico, che tale lista, pel corrente anno sia venuta fuori come avemmo il dispiacere di leggere, quando una Commissione era chiamata a studiarla e difenderla. Purtroppo, signori, sono arrivato all'ultima infrazione, e con dispiacere devo farne dei lagni, sicuro d'altronde, che se l'ordine preciso non fosse partito dagli alti seggi del potere, il Tribunale di Rovigno non si sarebbe condotto come si condusse, e me lo affida quella egregia persona, che lo dirige, che, se anche sloveno, è amico nostro e gode la generale fiducia e simpatia.
II § 11 della legge stabilisce che le liste principali mandate dai singoli Comuni debbano venire sottoposte all'esame di una Commissione composta del presidente del Tribunale, dal relatore, di due giudici e di tre uomini di fiducia eletti del signor presidente. Ma così non avvenne! La lista annuale fu portata dinanzi alla Commissione bella e pronta ed i poveri fiduciari tre miei concittadini, persone superiori ad ogni dubbio la votarono per sorpresa, e cosi acquistò pieno valore, non essendo contro la stessa ammissibile qualsiasi ricorso. Nė questi tre fiduciari si sarebbero accorti del tiro loro giocato, se non fosse venuta in pertrattazione la seconda lista annuale, cioè quella dei giurati supplenti. Uno dei votanti, per compiacere le superiori disposizioni, dichiarò che non essendo a Rovigno chi comprendeva lo slavo, i supplenti si doveano scegliere dai paesi circonvicini, e ciò contro il disposto della legge, che li vuole invece scelti in prima linea fra quelli del luogo ove ha sede la Corte d'assise.
Però la voce di un votante di nascita slavo, ma che rispetta la nostra nazionalità, energicamente soccorso dal voto di altra persona, che Parenzo non può dimenticare, si oppose a che venisse fatto questo strappo alla legge, ed a loro si deve, se i giurati supplenti furono scelti fra quelli della città, in cui ha la sua sede il Tribunale, voglio dire Rovigno. (Bene!)
Non valsero le postume proteste dei fiduciari contro la compilazione della lista principale dei giurati pel 1895: questa uscì fuori come voluta dal Tribunale circolare di Rovigno o di quelli, che avevano comandato di completarla in tal modo. E uscì fuori, per giunta quale insulto al nostro sentimento istriano italiano decorata dalle famose pipe anche dove pipe non ci andavano, (Ilarità.) e dando la preferenza allo slavo nella nomenclatura dei nomi delle città e borgate, come si può vedere, ispezionandola là dove si accenna alle città di Pisino, Pinguente (Dott. Gambini: Scandalo!) e delle borgate di Pedena, Bescanuova, ecc., есс.
Detto ciò, ho terminato, colla lusinga di avere dimostrato qualmente la compilazione della lista in questione abbia offeso il sentimento nazionale degli Istriani italiani e, qualmente con essa sia perpetrata una infrazione della legge. E perciò mi riprometto che l'eccelsa Dieta vorrà compincersi di votare la mozione da me assieme agli altri miei colleghi presentata, affinchè l'Imperiale Governo voglia cassare la lista che reca uno sfregio alla nostra nazionalità, e voglia conseguentemente ordinare che la lista stessa sia nuovamente compilata, secondo i dettami della legge da me accennata, e che in avvenire simile inconveniente non abbia mai più a ripetersi, imperocchè non si può mai sapere, se da tali fatti possano derivare delle gravi conseguenze e massimamente nell'Istria stanca di questo trattamento dell'Imperiale Governo. (Bravo! Bene! Applausi.)
Pres. — Basta! Basta! Hanno già tanto applaudito, che non potrei permettere...
Comm. Govern. — Domando la parola. (Legge.)
Respingo energicamente anche questi nuovi insulti... (Dott. Bartoli: Oh! Insulti! Voci: Oh! Oh!...) attacchi rivolti dal signor oratore contro l'Imperiale Governo.
Per ordine di Sua Maestà l'Imperatore d. d. 13 gennaio corrente, dichiaro chiusa la Dieta.
(I deputati si alzano e gridano in coro: Evviva l'Istria! Vivissima agitazione nell' aula.)
Pres. — (Rivolto al pubblico.) Prego un po' di quiete.
In seguito all'ordine comunicato dal signor Commissario governativo, io sono costretto di levare la seduta. Intanto pregherò i signori deputati a volersi trattenere qui ancora pochi istanti fino a che sia completato il protocollo.
(I segretari dichiarano che il protocollo non può essere compilato fino a domani.)
Allora, o Signori, io credo che non avrete niente in contrario che esso si ritenga approvato, dopo riveduto dall'Ufficio della presidenza e controfirmato da tutti e due i Segretari.
(Segni di consentimento.)
lo vi dò dunque il mio saluto, chè forse non ci rivedremo più in quest'aula. (Voci: Come? Non più! Speriamo di si!) lo sono gia vecchio...
Signori! Prima che vi allontaniate, io vi invito, come abbiamo fatto all'apertura della sessione, di dare espressione al vostro sentimento di sudditanza, portando un evviva a Sua Maestà l'Imperatore. Evviva S. M. Francesco Giuseppe I — Evviva! (I deputati ripetono l'evviva. Il pubblico s'allontana gridando: Evviva l'Istria!)
(Ore 2,15 pom.).
MEMORIALE
INVIATO AL SOMMO PONTEFICE
DAL
MUNICIPIO DI TRIESTE
Gennajo 1895.
È un fatto che, popolazione italiana di questa città si trova negletta ed abbandonata in linea religiosa, come se gli Italiani cattolici non. avessero diritto ad una educazione religiosa e l'autorità prefata fosse qui posta unicamente per tutelare gli interessi religiosi degli Slavi, che formano una tenue parte degli abitanti.
A provare questo fatto doloroso basta prendere in esame l'ultimo censimento della popolazione Secondo quella statistica, l'intero Comune di Trieste conta 147,458 abitanti cattolici, di cui 113,753 italiani e 26,842 slavi.
Di questi ultimi vivono 8627 nelle sei parrocchie del territorio, in quelle cioè di Cattinara, Basovizza, Opicina, Prosecco, Contovello e Santa Croce e nelle rispettive chiese, compresa la figliale di Trebiciano, tutte le prediche e altre funzioni, meno la messa, sono te nute in lingua slava.
Nelle quattro parocchie suburbane di Servola, S. Giovanni, Roiano e Barcola vivono:
- nella 1. 1164 Italiani e 2733 Slavi
- nella 2. 3086 e 1425
- nella 3. 4384 e 1172
- nella 4. 941 e 1318
e, quantunque a S. Giovanni e Roiano la maggioranza, e nelle altre due parocchie circa la metà della popolazione sia italiana, tuttavia anche in queste chiese, come in quelle del territorio, tutte le prediche e le al tre funzioni sono tenute esclusivamente in islavo, senza riguardo alcuno a tanta parte di fedeli, i quali, per essere ignari di quella lingua, vengono così esclusi dalla frequentazione della chiesa e da tutte le pratiche religiose.
Se tale è il trattamento della popolazione italiana del suburbio, ben poco differenti sono la condizioni in cui versano i cattolici Italiani abitanti in città.
Nella parocchia di Sant'Antonio Taumaturgo ci sono 47851 Italiani e 5660 Sloveni; in quella della B. V. del Soccorso, 7319 Italiani e 486 Slavi; in quella di S. Giacomo 18470 Italiani e 3205 Slavi, ed in queste tre chiese, quantunque gli Italiani costituiscano la stragrande maggioranza, era tenuta, sino a poco fa, una sola predica italiana, tutte le altre prediche sono slave, slava è la benedizione, e vi è pure celebrata una messa con cantici slavi.
In due sole chiese di città, a S. Giusto e a Santa Maria Maggiore la predica è esclusivamante italiana, e tutte le funzioni sono tenute in latino, nella cattedrale peraltro appena dall'anno 1891.
La curia vescovile comprese che il trattamento usato verso gli Italiani, che formano, si può dire, la intera popolazione, costituiva um gravissimo errore; epperò, a sdebito di coscienza e per attenuare la impressione, che una troppo manifesta parzialità verso gli Slavi potrebbe produrre, dispose recentemente perché anche nelle chiese di S. Giacomo, Sant'Antonio Taumaturgo e della B. V. del Soccorso si tenesse nel pomeriggio delle domeniche e feste una benedizione latina preceduta da un breve sermone italiano.
Queste benedizioni si tengono a tarda sera in forma privata, senza organo e senza solennità, qualunque sia la festa; mentre la benedizione principale e solenne è sempre la slava, celebrata a seconda delle feste colla massima pompa.
Eseguiti in tal modo gli ordini vescovili, balza tosto all'occhio anche del più profano la preferenza verso gli Slavi ed il maggior riguardo usato alla liturgia slava di fronte alla latina; epperò questa concessione dell'autorità vescovile non fu accolta con grato animo, non potendosi in essa ravvisare un trattamento rispondente al numero e all'importanza della popolazione cittadina.
Questo quadro desolante desterà non poca meraviglia, quando si consideri che la città nostra è italiana, e che tale fu sempre, e che i pochi Slavi, che abitano in città e nel suburbio, comprendono perfettamente l'italiano, e che nessun danno spirituale a loro diverrebbe, ove tutto lo slavo venisse escluso dalle nostre chiese.
Ma le condizioni nostre ecclesiastiche non furono sempre, quali ora vennero descritte.
Il Capitolo della cattedrale di S. Giusto aveva la cura d'anime di tutta la città sino dall'anno 1756 ed esercitava su tutti il ministero. parrocchiale. In quell'augusto tempio tutte le prediche furono sempre italiane e tutte le funzioni in latino. Nel 1777 furono create due parocchie: quella di S. Maria Maggiore e quella di Sant'Antonio Taumaturgo: la prima conservò sempre il carattere nazionale, epperò la predicazione italiana e la liturgia latina; nella seconda all'incontro sembra che lo slavo sia stato introdotto o per lo meno esteso dopo il 1824.
In tutte le parocchie erette dopo il 1824, smembrando le due preaccennate, fu tosto, e sino dalla loro apertura al culto divino introdotto lo siavo.
Cosi alla B. V. del Soccorso nel 1847, a S. Giacomo nel 1854, a S. Giovanni nel 1858. a Roiano nel 1861.
E da questa perniciosa innovazione neppure la nostra cattedrale andò immune. Dappoichè, ricostituita nel 1846 la parocchia di S. Giusto, fu anche in questa istituita la predica slava preceduta da una messa con cantici slavi, e si andò tant'oltre, che persino in questa chiesa si osò celebrare di quando a quando delle messe solenni, cantandosi in coro il Gloria, il Credo e le altre parti col testo slavo, anzichè col testo latino, mentre la Cattedrale, siccome soggetta all'immediata sorveglianza del vescovo, avrebbe dovuto strettamente attenersi alla liturgia latina.
Questo gravissimo abuso fu tolto nel 188: allorquando, per iniziativa del Comune, fu soppressa la predica slava.
Da quanto esposto emerge che la lingua slava, sia nella predicazione, sia nella liturgia, ebbe accoglienza nelle nostre chiese di città, sino da quando a reggere questa diocesi furono chiamati vescovi di nazionalità slava. Si fu sotto gli auspici del vescovo Ratmiker, che resse la diocesi tergestina dal 1831 al 1846 che ebbe principio l'invasione dei preti slavi qui chiamati dalla Carniola; l'esempio fu seguito dal suecessore di lui, B. Legat, quindi dal Dobrilla e finalmente dal presente vescovo, sotto il regime del quale la propaganda slava raggiunse il colmo, dacchè i sacerdoti slavi furono reclutati, non solo nella Carniola, ma, cosa strana, persino nella Boemia e nella Moravia.
E temendo la Curia vescovile che i paesi slavi a noi vicini non potessero più fornire un contingente bastevole di sacerdoti, ideò l'impianto di apposito seminario, detto Convitto diocesano.
Ad erigere questo Istituto concorsero generosi i nostri concittadini nella ferma convinzione che il Convitto sarebbe divenuto un vivaio di ottimi e zelanti sacerdoti italiani.
Se non che l'Ordinariato, affinchè la popolazione triestina non avesse a fraintendere le sue intenzioni, si affrettò tosto ad escludere senz'altro da quell'istituto gli Italiani, o meglio, tutti i candidati, che avessero a frequentare scuole medie con lingua d'insegnamento italiana.
I giovani collocati in convitto sono pertanto tutti slavi, non assistono alle lezioni di lingua italiana impartite nel ginnasio dello Stato, che frequentano, ritenendo la Curia più che bastevole una o due ore d'istruzione italiana impartita nel convitto.
Questa materia veniva trattata in passato da persona non qualificata, e dopo la sua morte, avvenuta due anni or sono, cesso ogni insegnamento di lingua italiana ai convittori.
Da quel convitto non possono uscire sacerdoti atti ad esercitare il nobile ministero ecclesiastico in questa città, perché ignari della nostra lingua; anzi, atteso l'ambiente, in cui vivono qui, e quello del seminario di Gorizia, ove completano gli studi, è a temersi che quei giovani, anzichè utili ministri di Dio, diventino istrumenti di agitazione panslavista a danno della religione stessa.
Tali apparendo gli intendimenti della Curia vescovile, nessuna meraviglia se pochi fra gli Italiani si sentono vocati al sacerdozio; e quelli, che seguendo questo generoso impulso, chiedono di entrare nella gerarchia ecclesiastica, pur non venendo assolutamente respinti, restano però sempre agli ultimi gradini, mentre gli uffici più importanti ed elevati si riservano quasi costantemente agli Slavi.
Col personale ecclesiastico, di cui la Curia, per sua volontà dispone, non è meraviglia se le nostre chiese sono slave, nè deve recare stupore, se l'azione politico-nazionale slava del clero si estenda in tutti i rami dell'amministrazione ecclesiastica, compresi i registri di stato civile, ove si altera l'ortografia dei nomi, dando apparenza di slavi ai nomi perfettamente italiani.
Da quanto esposto non è chi non veda qualmente l'autorità ecclesiastica diocesana sia larga di ogni maggiore sollecitudine verso gli Slavi, si ritenga quasi dispensata dall'obbligo di provvedere agli Italiani, e da parte sua, nonchè vietata, sia forse di sottomano favorita la introduzione della liturgia slava, come uscirà provato dai seguenti fatti:
Nella nota 30 maggio 1891 N. 978, parlando degli Italiani abitanti le parocchie di S. Giovanni, Roiano, Barcola e Servola, la Curia vescovile giustifica il difetto di sermoni italiani in quelle chiese per il fatto che non fu prodotta motivata istanza da quei parrocchiani per introdurre in dette chiese qualche predica italiana: all'incontro colla nota 27 gennaio 1894 N. 168, relativa alla domanda presentata da molti Italiani residenti a Servola, perchè venisse loro concessa almeno una sola predica italiana nelle domeniche, mentre gli Slavi, che costituiscono poco più della metà della popolazione, ne hanno tre, la prefata Curia vescovile rispondeva:
«Non potersi sostituire una delle prediche slave con italiane, poichè gli stessi Slavi, che ora vi ascendono al numero di 2733 anime, sono in aumento ed hanno oltracciò un diritto ormai prescritto sulla predicazione finora vigente. Il voler toglier loro qualcuno di questi di ritti acquisiti sarebbe come dare un nuovo pretesto a quelli dei loro connazionali a Trieste, che, pur troppo numerosi, apostatano dalla religione cattolica e passano allo scisma greco-orientale, motivando tale passo sciagurato colla mancanza di prediche slave».
E qui la Curia, vescovile mentre conferma la sua più ampia protezione agli Slavi, rende più che mai manifesta la sua noncuranza degli Italiani, anzi sostiene avere i primi acquisito come per usucapione il diritto alle prediche, quasi che i secondi, cioè gli Italiani, avessero perduto tale diritto per prescrizione. I motivi poi, coi quali tenta di giustificare il rifiuto opposto ai petenti, non si addice ad autorità da Dio istituita per invigilare alla salvezza di tutti. L'Ordinariato vescovile non dovrebbe ignorare ciò, che tutti sanno, che cioè i pochi Slavi, che passano allo scisma, lo fanno per motivi ben diversi, che non sieno quelli di natura religiosa, e che la causa precipua determinante l'apostasia va forse ricercata in quelle innovazioni liturgiche a base di slavismo, che pur troppo, da qualche tempo, senza che, autorità ecclesiastica si opponga, fanno capolino nelle nostre chiese con grave scandalo dei fedeli ed a detrimento della sacra liturgia latina.
Questo abbandono della religione cattolica da parte di alcuni Slavi per abbracciare la ortodossa, dovrebbe servire d'incitamento all'autorità ecclesiastica a ripristinare, finché c'è tempo, la lingua latina in tutte quelle cerimonie e funzioni religiose, donde per abuso fu eliminata, dacchè dalla liturgia slava all'apostasia vi è un breve passo. E qui è proprio il caso di dire: Pastores, vigilate?
Due anni or sono venne nominata al posto di cooperatore di Roiano persona affatta ignara della lingua italiana, la quale non poteva perciò corrispondere ai suoi più importanti doveri; e notisi che a Roiano, come avvertito più sopra, tutti conoscono l'italiano, e più della metà dei parrocchiani non comprendono lo slavo; avvertasi inoltre che essendo quel parroco di mal ferma salute, poco o nulla poteva prestarsi, epperò la intera cura delle anime era affidata a quel cooperatore. Egli fu sollevato da quel posto, dopo ripetute rimostranze da parte del Comune, nelle quali si faceva comprendere come il procedere dell'autorità ecclesiastica fosse in opposizione alle leggi canoniche, le quali in forma assoluta prescrivono che il sacerdote deva perfettamente conoscere la lingua parlata dai fedeli alle sue cure affidati.
Nel novembre del 1887 i vescovi di questa provincia ecclesiastica si raccolsero a Lubiana per affare di altissima importanza (De gravis simis diocesium sauro rebus consulturi), per avvisare, cioè, ai mezzi, onde sventare i tentativi di alterare la sacra liturgia latina; e pubblicarono apposita pastorale cumulativa, in cui con parole roventi stigmatizzarono queste insane velleità, epperò vietarono severamente qualunque innovazione concernente la liturgia.
Questa pastorale trasmessa per l'osservanza a tutti i curatori d'anime rimase lettera morta per noi, dacchè gli abusi continuarono e continuano tutt'ora. Anzi consta che un parroco, il quale in esecuzione di questa pastorale voleva levare, come levo, alcuni gravissimi abusi, cioè i canti slavi nelle messe solenni, s'ebbe qualche osservazione. Del resto, questo riprovevole abuso continua ad onta della pastorale prefata, a Sant'Antonio Taumaturgo ed in altre chiese, nè da cui spetta si pone riparo.
Nel 1889 si costituiva in questa città un Comitato, composto di egregi cittadini, allo scopo di raccogliere danaro onde erigere una chiesa parrocchiale da dedicarsi a S. Vincenzo de' Paoli.
La popolazione salutò con plauso il nobile intendimento, essendo fortemente sentito il bisogno di nuove chiese.
Si raccolsero oltre 40 mila fiorini e si diede principio alla costruzione del sacro edificio: se non che le oblazioni cessarono e fu sospesa la fabbrica, quando si seppe che l'autorità ecelesiastica non era disposta ad assicurare che le funzioni della nuova chiesa sarebbero celebrate esclusivamente in lingua latina, e che le prediche sarebbero italiane.
Che se il vescovo fosse stato infiammato da zelo veramente apostolico, quella chiesa sarebbe da lunga pezza ultimata ed aperta al culto.
La Sacra Congregazione dei riti proibisce che durante le Messe solenni si canti in vernacolo, mentre in tre chiese di città ed in tutte quelle del suburbio e del territorio si cantano il Kyrie, il Gloria, il Credo e tutte le altre parti col testo slavo tradotto dal latino; proibisce severamente che coram Exsposito si canti in altra lingua, che non sia la latina; all'incontro, e messe e benedizioni colla esposizione del SS. Sacramento nelle prefate chiese si celebrano unicamente in lingua slava epperò, e Litanie, e Oremus, e Tantum ergo, tutti in islavo.
Tale essendo il procedere dell'Autorità ecclesiastica, non può recar meraviglia se il sentimento religioso della popolazione siasi alquanto intiepidito e non pochi siensi disamorati della chiesa.
Che se, ad onta di tanti ostacoli frapposti da 60 anni a questa parte all'incremento del culto cattolico, la popolazione nostra conservò la religione dei suoi padri, lo si deve in gran parte a quei sacri oratori, che a tutte spese dei fedeli qui vengono dall'Italia per predicare la divina parola in quaresima, nel mese mariano ed in altre occasioni. Il Consiglio municipale sempre tenero del benessere morale della popolazione, non rimase indifferente di fronte a simili fatti, né manco di far sentire la sua voce, affinchè da cui spetta fosse a tempo posto riparo.
Anche due anni or sono, e precisamente nella seduta del 1 febbraio 1892, questo Consiglio municipale votava un atto di solenne protesta contro l'opera dell'Ordinariato vescovile ritenuta sommamente dannosa alla religione ed alla nazionalità del paese, e lo faceva nella certezza che tale manifestazione sarebbe stata foriera di benefici effetti.
Ma pur troppo le speranze rimasero deluse:
Epperò la scrivente implora dalla paterna Santità Vostra;
1. Che sieno tolte le prediche slave da tutte le chiese parrocchiali della città, e aumentato convenientemente il numero delle italiane;
2. Che nelle quattro chiese suburbane sia introdotta per lo meno una predica italiana nelle domeniche e feste;
3. Che in tutta la sacra ufficiatura ed in tutte le chiese sia ripristinata e conservata sempre ed esclusivamente la lingua latina.
4. Che la educazione dei giovani, i quali si dedicano al sacerdozio, sia tale, da potersi ripromettere che essi diventeranno veri ministri di Dio, cioè devoti alla Religione cattolica ed utili al paese.
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