Busalla - che ai fiumani che la scoprirono sembrò avere attinenza fonetica con la nostra Cosala periferica sulle alture di Fiume, da dove si scendeva per andare con la corriera in città - è una ridente cittadina ligure sull’Appennino a 11 km. da Genova e qui nell’immediato dopoguerra, circa 3000 profughi nell’arco di 5 anni, soprattutto fiumani e lussignani, si sistemarono con la residenza per andare a cercare lavoro nel capoluogo dato che c’era grande carenza di alloggi a causa dei bombardamenti aerei e navali che Genova aveva subito.
L’Amministrazione socialcomunista di allora (1946-1948), Sindaco Antonio Cervetto (Pci) e Commissario agli Alloggi Paolo Martignone (Psi) - quando a Bologna, Venezia, Ancona e altre città del Nord sputavano ai profughi al grido di «fascisti» - tappezzarono la cittadina di manifesti murali per invitare i busallesi ad “aprire le case, le ville, le villette chiuse e darle agli sventurati fratelli che arrivavano dalla Venezia Giulia”. Fu una toccante pagina di umana solidarietà, degna del libro Cuore che andava controcorrente alla politica nazionale della sinistra italiana quando venivamo considerati dei poco di buono perché fuggivamo dal Paradiso di Tito. Quella volta, quando 2500 “Compagni” dei Cantieri di Monfalcone fecero il contro esodo in direzione di Fiume e Pola, da dove tornarono delusi, bastonati e ancora in vita.
Il 28 Gennaio 1948, in occasione del Compleanno del Sindaco Cervetto, i profughi gli consegnarono una pergamena con le seguenti parole: “Fiumani e Giuliani, memori e riconoscenti della fraterna ospitalità - che nella loro sventura questo Comune tanto degnamente da Lei rappresentato ha offerto - formulano i migliori auguri”.
La famiglia di Valerio Mauro Pastorino, allora un bambinetto di 5 anni, ospitava una donna fiumana di nome Veronica che da giovane faceva l’ostetrica, e il piccolo Valerio crebbe tra i comportamenti di questa anziana donna, i crauti e le sue espressioni in un dialetto foresto. Poi da scolaro ricevette l’insegnamento della Maestra Sclafani, mamma dei nostri Claudio e Sergio, e da adulto - divenuto Medico e successivamente Sindaco di Busalla - il Dr. Pastorino riportò in un volumetto intitolato “Fiumani” che fu pubblicato nel 1999 a puntate su “El Fiuman”, bimensile in dialetto fiumano di Newport (Australia) edito dalla Lumi Trentini, i suoi ricordi di quella straordinaria integrazione tra busallesi e fiumani.
Aveva scritto allora Pastorino: «Arrivarono - i fiumani - non con le valigie di cartone, come fu l’emigrazione dal Sud al Nord, ma con indumenti che si vedeva che non erano straccioni e questi fiumani non avevano gli occhi spalancati per ciò che vedevano perché avevano lasciato meglio di ciò che trovavano. Essi erano finiti in un posto che era indietro nel tempo e non il contrario; e gli stracci che avevano dentro ai bauli erano più uguali a quelli che vestivano i villeggianti genovesi in estate che non quelli dismessi della gente del paese”.
I primi arrivati furono i marittimi delle nostre Compagnie Adria, Adriatica, Fiumana e Levante che erano state inglobate dal 1937 nelle 4 Società della Finmare, quelli della ROMSA per sistemarsi nella Shell Italiana e nell’Agip, e dipendenti statali in cerca di sistemazione. Poi seguirono gli altri, cioè gente di tutti i mestieri e di ogni ceto sociale, a dimostrazione che tutta la popolazione fiumana aveva rifiutato Tito.
Nell’anno 1950 figurano nei registri del Comune le seguenti professioni relative a circa 600 profughi residenti: aggiustatore, apprendista, assistente chimico, assistente sanitaria, barbiere, brasatore, cameriere marittimo, capitano marittimo, cameriere, carpentiere, casalinga, commerciante, commesso, cuoco, domestica, elettricista, elettromeccanico, esercente, fabbro, falegname, ferroviere, filatrice, fonditore, fotomeccanico, fuochista, geometra, impiegata, infermiere, insegnante elementare, invalido, lattoniere, legatore di libri, macchinista navale, macellaio di bordo, manovale, maresciallo dei carabinieri, marittimo, modellista, motorista navale, negoziante, motorista, nocchiero, ombrellaia, operaia, operaio, palombaro, panettiere marittimo, pastaio, pasticcere, pellicciaia, pensionato, perito forestale, piccolo di camera, pittore, possidente, pompiere marittimo, professoressa, radiotecnico, ricamatrice, sarta, sarto, scolaro, scolara, sottufficiale di marina, sottufficiale di porto, spedizioniere, stivatore di porto, studente, studentessa, tappezziere, timoniere, tipografa, tornitore, usciere e in epoca precedente altre professioni quali ingegnere, medico chirurgo, etc.
Il Comune - già oberato di spese di sostegno ai propri cittadini come militari congedati, reduci, civili deportati, ex partigiani, congiunti di caduti o dispersi, minorati di guerra, sfollati - oltre all’accoglienza ben al di là dei suoi compiti istituzionali trovò i fondi per erogare anche ai nostri profughi bisognosi un sussidio mensile fino a quando non avessero trovato un’occupazione. E ciò avveniva in breve tempo perché la nostra gente non ce la faceva a stare con le mani in mano a dipendere dalla pubblica assistenza.
E da subito si erano creati due ritrovi di loro presso la Mutuo Soccorso e il bar dell’Albergo Leon d’Oro, e anche una loro orchestrina.
E così Busalla - dopo che il Campo Sportivo era stato sacrificato per ospitare una fonderia - divenne da paesano un posto a livello cittadino grazie alla nostra gente operosa abituata a Fiume dove su ogni tre porte c’era una palestra per praticare sport.
Ugo Roventini fu la pedina trascinatrice di questa ambiziosa voglia di sport. Organizzò da subito presso la Società di “Mutuo Soccorso fra i Liberi Operai“ una piccola palestra di pugilato avente per Istruttori i nostri Natalino Barbadoro e Comadina e inventò il Rugby busallese con il Campioncino locale Franco Martignone e i nostri Dino Bologna, Mulo del Tommaseo, Franco Krulcich e lo stesso Roventini già ultra-trentenne. Ma la punta di diamante della creatività sportiva fiumana fu la costituzione della società “Pallacanestro Busalla” con Oliviero Nardi anche in vesti di Allenatore, Rino Bassi, Lauro Pillepich, Antonio Kovacs, Cucca Bartolaccini, Bruno Stellè, Dario ed Ennio Celli, Bruno Soetje, Antonio Piccolo. Debuttarono nel 1950 in un campo regolamentare ricavato da un ampio prato che veniva usato per feste campestri, manifestazioni e danze all’aperto. Fu subito il successo e quando giocarono la partita decisiva per la promozione in Serie C contro il Chiavari, la persero ma con la convinzione che fossero stati i Dirigenti a volerla perdere perché spaventati di dover affrontare costi superiori alle loro possibilità.
Altri fiumani busallesi praticarono la loro attività per altri sodalizi genovesi come i calciatori Bruno Susmel, Albino Sencich poi emigrato in Australia, e il duo Francesco Tech e Oli Nardi, rispettivamente portiere e centromediano del Pontedecimo di Genova. Entrambi trovarono lavoro a Genova e rimasero a Busalla continuando la loro opera formativa delle nuove leve locali. Nel nuoto si misero in evidenza la Fernanda Celli, già tesserata con la Fiumana Nuoto nella specialità dei 100 dorso, e Dario Celli, per 5 anni Campione regionale ligure nei 200 Rana, nonché nell’atletica Ugo Soetje che all’Amatori Atletica di Genova, dopo soli 15 giorni di allenamento, tra la sorpresa generale lanciò il giavellotto stabilendo il record regionale juniores e guadagnandosi un articolino sul quotidiano nazionale “Tuttosport”.
Gran parte dei fiumani, i lussignani e quelli di Pola, Albona, Parenzo, Rovigno, Abbazia, Pisino, Zara e altre località se ne sono andati per seguire le strade della loro vita. Sono cambiati i tempi e cambiano le storie. Ma a Busalla rimane per sempre la Via Fiumani a ricordare quella gente accolta dai Busallesi nelle “ville, villette e case sfitte”.
Quando altrove gli tiravano i sassi al grido di fascisti e quando i profughi ringraziavano il Sindaco aderente al Fronte Democratico Popolare del PCI. Quando “quella volta dei fiumani”, Busalla aveva scritto proprio una gran bella pagina della sua storia.
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