mercoledì 15 novembre 2023

Trieste e l'Istria e loro ragioni nella quistione italiana (Giovanni De Castro. 1861)

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A malgrado dell'eterno diritto di ciascun popolo di appartenersi e di venire considerato quale padrone del suolo ch'esso abita, entro i confini dalla natura indicati, non sempre hanno potuto, nemmeno le nazioni più colte, più gloriose e più benemerite dell' umana civiltà, decidere assolutamente dei proprii destini. La lotta, che per l'Italia dura da secoli, n'è una prova. Il diritto, per avere ragione intera, nella società dei popoli, ha d'uopo anche della forza. Tanto meno un frammento d'una nazione, che occupa una ristretta parte d'un paese, ha bastevole importanza per sè stesso da decidere da sè solo le proprie sorti.


Non l'hanno certo una tale importanza l'Istria e Trieste, ultima regione orientale della penisola Italica, i di cui abitanti formano una parte non grande dell'intera Nazione Italiana, la quale aspira ora all'uguaglianza a cui ha diritto rispetto alle altre Nazioni d'Europa, ed è sul punto di ottenerla. L'Italia lotta animosamente, non ben certa ancora dell' esito, sebbene sia risoluta ad esistere ad ogni costo come Nazione. Troppi ha dessa avversarii, o dubbii amici, od interessati a menomarle parte di quello che le appartiene, perchè possa mostrarsi sicura di ottenere tutto quello che le si deve; e forse che la sua risolutezza, se giunge al punto di farle arrischiare tutto per essere una ed indipendente, non sarebbe però tale da spingerla a contendere, senza viste di transazioni possibili, per l'ultimo lembo del proprio territorio. Di più, in queglino stessi, che sono e vogliono essere italiani ad ogni patto, ma che hanno pure la coscienza delle difficoltà in cui la Nazione si trova, per guisa da non volerle aggravare nell' interesse proprio soltanto, lo spirito di vero patriottismo, ch'è spirito di sacrificio, prevale a segno da bramare piuttosto indugiata la propria redenzione, che non mettere a pericolo l'esistenza della Nazione intera. Al paro dei Veneti, e più de' Veneti, gl'Istriani ed i Triestini sono disposti a dimenticare per poco sè stessi ed i proprii desiderii, al segno di non pretendere, che per la parte si metta in forse il tutto. Sia pure indipendente e libera frattanto una gran parte d'Italia. Il resto verrà poi. Ma l'abnegazione significherà essa abbandono? Ma il posporre il proprio diritto potrebbe mai voler dire dimenticarlo? Ma se noi Istriani e Triestini non abbiamo la forza necessaria per emanciparci, rinuncieremo per questo alla cittadinanza dell'Italia, ora che l'Italia sta per diventare padrona de' suoi destini?

Tanto non si può, non si deve pretendere da noi. Non si può pretendere, che noi rinunciamo alla nostra parte di patimenti e di sacrificii per la causa nazionale. Non si può pretendere, che noi più del Veneto, più del Lombardo, più del Toscano, più del Romano, o di qualunque altro Italiano, rinunciamo alla nostra individualità nazionale. Anzi, senza un suicidio morale, noi non potremmo a meno di affermare ad ogni costo la nostra essenza e natura di italiani. Non potremmo a meno di affermare il nostro diritto e la nostra volontà di appartenere all'Italia. Lo dobbiamo a noi stessi, lo dobbiamo ai figli nostri, i quali avrebbero tutta la ragione di rimproverarci, se trascurassimo questo nostro dovere a loro riguardo. Cessare per essi dalla testimonianza paterna del nome e dell'origine, sarebbe lo stesso, che un padre trascurasse la legittimazione de' suoi figliuoli. Lo dobbiamo all'Italia, dalla quale ebbimo lingua ed origine, ebbimo il beneficio della civiltà comune ed il tesoro delle antiche tradizioni, che devesi conservare indiminuito ai posteri. Quand'anche il vantaggio nostro (il che per certo non è) fosse contrario e ci chiamasse a sacrificare la nazionalità agli interessi materiali, noi non potremmo togliere noi stessi all' Italia. Che se l'Italia stessa, o dubitando delle nostre intenzioni poco si curasse di noi, o veggendo la difficoltà di averci, dissimulasse il suo diritto, noi non dovremmo per questo tacere. Dobbiamo anzi costringere l'Italia a confessare, che Trieste e l'Istria le appartengono di diritto, e che Istriani e Triestini essendo Italiani entro al territorio dell'Italia, devono essere suoi figli legittimi, e non possono venir ripudiati come bastardi ed avveniticci.


Noi abbiamo affermato più volte la natura nostra di Italiani, il diritto e la volontà di appartenere anche politicamente all' Italia, protestando in molte guise contro i tentativi dell'Austria di germanizzarci, parlando e scrivendo la lingua nazionale, volgendo alla grande patria nostra l'Italia la mira, mandando voti per la vittoria degli Italiani contro la comune nemica l'Austria, danari e soldati e marinai per la sua guerra nazionale. Lo abbiamo affermato con dimostrazioni ostili all'Austria anche sotto alla minaccia del carcere e del Consiglio di guerra. Lo abbiamo affermato con una numerosa emigrazione e col manifestare i nostri voti nella stampa di parecchie nazioni. Lo affermiamo ora con questo scritto, onde non resti per parte nostra nessun dubbio sull' italianità di questi paesi. Scriviamo di Trieste e dell'Istria, Istriani e Triestini, giacchè nessun dubbio rimane per alcuno ormai sul paese oltre il Timavo, che termina il Carso di Trieste; ma corrono tuttora false idee sul nostro conto.

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