( 24 - 25 Dicembre 1992 )
Soffro per i tuoi tanti mali,
povera, mia piccola Pola...
Oggi, ho portato l'aiuto dei bravi friulani,
a questa nuova gente,
parte integrante della mia Città,
e anch'essa cara al mio cuore.
Un giovane prete della Caritas Croata,
dovendo darmi dei riferimenti per la consegna,
mi ha chiesto:
- Sa dove è la chiesa di Sant'Antonio?-
Mi si è strozzata la voce in gola.
- M'hanno battezzato... là! - ho ansimato.
Nulla poi mi ha più chiesto!
E nulla si son chiesti i suoi padri,
quando, entrati in Città e nel mio Paese,
ne hanno preso possesso.
Non si sono chiesti il perché di quelle case vuote,
di quei campi, di quei vigneti abbandonati,
di quegli archi e di quelle colonne
di quegli epitaffi su tombe antiche
di quei monumenti…
che i loro avi non avevano eretto...
Non si sono chiesti il perché di quelle strade,
di quelle piazze, vuote e tristi,
senza giochi di bimbi,
senza canti di donne ai balconi...
Hanno marciato, petto in fuori, gioiosi, superbi,
e tuttavia intimoriti da cotanto nobile,
nuovo possesso...
Una gloriosa bimillenaria eredità,
che hanno banalizzata, negata,
in parte scalpellata via e gettata in mare.
Ma ciò che resta di quegli archi, di quelle rovine,
e di quelle epigrafi, sono stati la loro trappola!
Siamo Istrocroati! O Istrosloveni!
O ancora... siamo Istriani!
Dice ora, con orgoglio, la nuova progenie dei vincitori.
Noi, vecchi esuli guardiamo ancor diffidenti,
questi rudi e incolpevoli nipoti, che la Storia,
complici uno sciagurato ed un folle, ci ha assegnato.
Sulle loro giovani spalle grava, oggi, il compito
di riparare torti ed errori dei nostri e loro padri.
E quando le ultime candele per noi accese,
si saranno spente sui nostri dispersi sepolcri,
e alcun ginocchio su di essi più si piegherà,
solo in loro potrà ancora rivivere il sogno,
e il nostro amore per l'Istria Eterna.
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