"Tutta la vita nazionale, civile, culturale, amministrativa, commerciale, marittima dei due Lussini era improntata e modellata sulla perfetta falsariga della vita di Venezia ed i lussignani al pari dei fratelli istriani e dalmati erano attaccatissimi alla "Dominante".
È questo un dato di fatto imprescindibile, se si vuole comprendere a pieno il comportamento dei Lussignani in tutte le vicissitudini storiche che caratterizzano l'arco di tempo che va dal trattato di Campoformio, 17 ottobre 1797, ai prodromi della prima guerra mondiale.
Dai documenti consultati emerge il fatto che per gli abitanti di Lussino la Patria sia sempre stata la loro Isola; l'attività indiscutibilmente più importante era quella commerciale legata al mare; la loro lingua madre era quel la che già da molto tempo avevano eletto a propria, e per la quale si sono sempre battuti: l'italiano.
In seguito al trattato di Campoformio, Lussino, come gli altri paesi già della Repubblica di Venezia, fu assegnato al Granducato d'Austria. Questo primo periodo "austriaco", tuttavia, non fu felice in quanto, sia per ragioni politiche (la guerra tra Austria e Francia), sia naturali (una grave carestia), i Lussignani e le loro attività marittime e commerciali ebbero molto a soffrire.
Francesco Vidulich, riferendosi al 1802, scrive: Da quest'anno in poi seguivano tempi calamitosi. La face della guerra in tutta l'Europa e Lussinpiccolo facilmente espugnabile veniva occupato or da una, or da altra parti belligeranti (Austria, Francia ed Inghilterra), molestata da corsari, ed in questo continuo tramestio perdette pressochè tutto il suo materiale di navigazione, e poche famiglie trovarono modo di riparare in altre piazze commerciali e mettere al salvo alcuni de' loro navigli.
Inoltre, a causa dei fermenti dei nuovi pensieri liberali instillati dalla Rivoluzione francese, ebbero inizio tra i Lussignani le prime diatribe, che per circa cento anni videro il paese conteso tra fazioni avverse.
La prima scintilla di questi malumori, probabilmente, fu nel 1799 l'elezione a Parroco di Lussinpiccolo di don Giovanni Martino Nicolich, appena trentenne, istru- ito, di spirito bollente e con la testa piena delle nuove idee. Alla caduta del governo veneto fu tra i primi a inalberare la coccarda dei Giacobini. Suo avversario per la carica di Parroco, fu don Martino Martinolich, più vecchio e mo- derato e già cappellano della chiesa e sostenuto inoltre dal Vescovo di Ossero. Già si erano formati due partiti avversi nell'ambito della cittadinanza!
Nel 1802, a seguito di gravi accuse che gli erano state mosse, il Parroco Nicolich venne destituito dal Vescovo e al suo posto, quale decimo Parroco di Lussinpiccolo, venne messo don Martinolich.
Purtroppo questa vile pratica delle "soffiate" e delazioni da parte di esponenti di avverse fazioni continuò per decine e decine di anni.
In questo stesso periodo ebbe luogo l'abolizione nelle chiese della liturgia glagolitica, sostituita da quella latina, il che dopo pochi mesi causò scontenti nelle classi basse.
A seguito della pace di Presburgo (l'attuale Bratisla va) il 26 dicembre 1805 tra Francesco I d'Austria e Napoleone Bonaparte, tutti i paesi già assegnati all'Austria vennero ceduti a Napoleone e uniti al Regno d'Italia. Pertanto fino al 1813 per diversi intervalli Lussino fu sotto il dominio francese.
Vari eventi, sia positivi che nefasti, caratterizzarono questo periodo. Sotto il Procuratore generale della Dalmazia Dandolo, nel 1806 i due Lussini ebbero finalmente un'organizzazione comunale indipendente da Ossero, e il primo Podestà dei due Lussini fu Bernardo Capponi.
L'anno dopo però il Capponi (riassumendo quanto scrive il dott. Matteo Nicolich) venne insignito del titolo di vice Delegato del Governo francese e la sua carica di Podestà venne temporaneamente assegnata a Pietro Vittore Rizzetti. La nuova posizione del Capponi lo mise in opposizione alla popolazione per cui, a causa di pochi malconten ti perturbatori (motivo ricorrente!) egli dovette subire insulti e angherie finché, in seguito a un'adunanza di 195 Capi di famiglia, presieduta l'11 giugno da Matteo Baldini, si riuscì ad acquietare gli animi e a ristabilire la calma. Osservo che Alessandro Voltolina, nell'articolo che ha dato lo spunto al presente scritto, dice: Le promesse di Napoleone Bonaparte e la sua nuova aurea di libertà nulla avean potuto sull'anima profondamente veneziana dei lussignani, i quali nel giugno del 1807 ruppero in aperta ribellione contro il nuovo ordine di cose e ci volle del bello e del buono a rimettere pace negli animi esasperati, inducendo il lettore a pensare a una insurrezione di massa di tutti i Lussignani contro il governo francese.
Nello stesso anno 1807 la guerra tra Francesi e Inglesi, a causa delle loro reciproche azioni di pirateria sui mari, provocó un crollo dei commerci, con gran danno dei Lus signani. Nel 1809 gli Inglesi bombardarono il forte di Lussinpiccolo e causarono la resa del presidio del Regno Italico. L'occupazione inglese durò tuttavia molto poco e il 26 ottobre 1809 i due Lussini furono incorporati nelle Provincie Illiriche, con sede del governo a Lubiana. Fu in questo periodo che Bernardo Capponi si ritirò definitivamente dalla carriera politica.
Sullo scorcio della loro dominazione di Lussino, dal 1812 al 1813, i Francesi ebbero il merito di costruire la strada lungo tutta l'isola, che arrivava fino a Ossero.
Nel 1813 ritorno a Lussino il dominio austriaco. Il Budinich cosi scrive: Nel Settembre 1813 col ritorno dell'isola dei Lussini sotto il dominio Austriaco, Lussingrande dopo si lungo periodo di agitazioni e di calamità poté godere finalmente i beneficii della pace.
E il Vidulich scrive: Pell'atto del Congresso di Vienna 1814, il possesso di Venezia, Trieste, Fiume e le isole del Quarnero restava assicurato all'Austria, e cosi sorgeva un'era di pace con prospettiva di lunga durata...
Non sembra che i Lussignani fossero poi cosi disperati di essere tornati sotto l'Austria! Questo nonostante il fatto che tuttavia le cose in fatto di regime comunale fossero cam- biate in peggio. Scrive il Nicolich: Scomparve ogni ombra di Rappresentanza Comunale, e l'Autorità politica, cioè, l'I. R. Commissario nominava il Podestà con due Deputati
Ma gli interessi commerciali dei Lussignani venivano pur sempre al primo posto. Leggiamo il Vidulich: Fino al 1815 l'attività dei navigli di Lussino fà limitata alla cer- chia del Mediterraneo, e si estese poscia al Mar Nero. Nella pace generale del 1815, riapertisi i mari, i Lussignani colle reliquie dei loro legni e capitali ritornarono baldi alla navigazione.
Inoltre, le tradizioni venete durarono rigogliose e furono gelosamente conservate anche sotto l'Austria.
L'anno dopo tuttavia una nuova carestia si abbatté come una batosta su Lussino. Il 1816 fu l'anno in cui molte antiche famiglie per questo motivo abbandonarono la Patria. Quanti invece tennero duro e si fermarono sull'isola, poterono risollevare la loro fortuna nel 1828 e nel 1830. In quegli anni infatti ci furono la guerra tra Russia e Turchia, durante la quale i bastimenti lussignani lavorarono al servizio della Russia, e la spedizione dei Francesi ad Algeri, in cui i lussignani furono al servizio dei Francesi.
Nel 1841 iniziarono invece anni bui a Lussino, e non per guerre o carestie, ma per una serie di diatribe, lotte, invidie, strumentalizzazioni, che videro formarsi una frat- tura quasi insanabile tra i paesani, anche tra personaggi veramente meritevoli per cultura e mecenatismo.
Con molta probabilità, in questi avvenimenti turpi ci fu la responsabilità della Diocesi di Veglia, che già nel 1828 aveva incorporato quelle di Ossero e di Arbe, sugge stionata dal Governo austriaco e da una fazione filo croata, che si era andata via via consolidando. Fatto sta che nel novembre 1841 venne imposto quale XIII Parroco di Lussinpiccolo don Vincenzo Scopinich, nonostante la contrarietà di gran parte della popolazione, che si aspettava in quella carica don Giuseppe Gladulich, Amministratore parrocchiale dalla morte del precedente Parroco don Antonio Ivancich, avvenuta durante la messa di domenica 1° agosto. Un ruolo chiave in questa infausta elezione ebbe il Podestà Antonio Agostino Cosulich, nominato dall'Autorità politica già alla fine del 1837, e che rimase in carica fino al marzo 1848. Durante il suo mandato, la città di Lussinpiccolo si espanse e migliorò alquanto in opere edilizie, di molte delle quali egli stesso fu finanziatore; ciò nonostante, il clima di lotta cittadina che si venne a creare durante quest'epoca fu dovuto proprio all'alleanza del Cosulich col nuovo Parroco Scopinich, forti i due dell'appoggio di Governo e Curia.
Cominciarono le lettere segrete, le false accuse tire, i dispetti, tutto mirato a sovvertire l'ordine della città, da parte del nuovo Parroco, che invece assai poco si occupava di cose spirituali. Era importante allontanare don Giuseppe Gladulich da Lussinpiccolo, e specialmente dal suo ruolo di maestro alla Scuola Nautica. Quindi lo si mise in condizione di optare: o cappellano, o maestro. Egli abbandonò la scuola. Successivamente, ma ciò avvenne verso il fatidico 1848, venne accusato di essere repubblicano, per cui si pensò di mandarlo in esilio ad Aquilonia. Poiché don Giuseppe oppose un rifiuto, si indusse la Curia a richiamarlo a Veglia, dove si dovette fermare diversi mesi. Presso la biblioteca della Scuola Dalmata di San Giorgio e Trifone, a Venezia, si può leggere la copia della lettera autografa dell'allora Vescovo Bartolomeo Bozanich al conte Federico Herberstein, I. R. Consigliere Aulico, e provinciale, Capo politico della Provincia del Litora- le Austro-Illirico, in cui si perora la causa di don Gladulich, proclamando in pratica la sua estraneità alle accuse e, per quanto riguarda il suo rifiuto di trasferirsi a Aquilonia, il castigo già scontato appare sufficiente. Sappiamo che in seguito, passato il periodo di burrasca interna, don Giuseppe Gladulich fu altamente stimato dal Governo centrale per l'opera meritevole di istruzione dei giovani, ripresa per decreto regio nel 1856, tanto che l'Imperatore in per- sona gli conferi la Croce d'oro del merito di Francesco Giuseppe 1, e un assegno di 100 fiorini annui, che gli fu puntualmente versato ogni 1° gennaio fino alla morte, il 13 ottobre 1890.
Altro Lussignano che fece le spese delle lotte intestine, fu Giuseppe Feliciano Tarabocchia "Favetta", che la sera del 16 giugno 1843 affrontò il Parroco per le maldicenze che aveva diffuso sui suoi predecessori, asserendo che tutti loro avessero avuto le "mogli. I due vennero addirittura alle mani, e il Tarabocchia fu condannato agli arresti domiciliari e poi dovette andare temporaneamente in esilio a Venezia.
Il Podestà intanto aveva la coda di paglia, tant'è che addirittura se la prendeva con i ragazzini che giocavano sul sagrato del Duomo, perché convinto si facessero beffe di lui. Queste notizie spicciole, di paese, ma che ben delineano l'atmosfera nella società di Lussino, si leggono sulla "Cronologia dei Lussini" di Massimo Ivancich, che fa anche il nome dei due ragazzini coinvolti: il quattordicenne Benedetto Ivancich e Francesco Ivancich (che poi sarà marito di Marietta Tarabocchia "Favetta": n.d.r.).
Per farla breve, nel 1845, su iniziativa del Governatore della Provincia Franz von Stadion, fu tolto l'insegnamento della lingua tedesca nelle scuole normali di Lussino, subito dopo sostituito però con quello della lingua croata, anche se durò per poco tempo, perché né gli scolari, né i maestri, la capivano. Tant'è che ciò depose il seme di tutte le successive rivendicazioni filo croate portate avanti specialmente da certi elementi del clero e da gente estranea a Lussino: i cosiddetti Signori in soprabito. Nel 1845 anche a Lussingrande fu imposto un Parroco contro il volere della popolazione: don Stefano Antoncich. Questi a furor di popolo venne deposto nel 1848 e sostituito con don Antonio Ragusin, contempora neamente al forzato allontanamento del medico austriacante Klausberger. Questi, più che austriacante, era austriaco, infatti la sua famiglia era originaria di Klosterneuburg nei dintorni di Vienna (n.d.r.). Il 21 marzo dello stesso anno, il giorno dopo la proclamazione della Costituzione data da Ferdinando I, una folla di carpentieri muniti di mannaie irruppe nell'ufficio comunale di Lussinpiccolo per pretendere le dimissioni del Podestà Antonio Agostino Cosulich, che immediatamente si ritiro.
Il Parroco Scopinich restò tuttavia al suo posto a fo- mentare inimicizie e fornire denunce diffamatorie al Governo.
Riferendosi al periodo a cavallo del 1848, per quanto riguarda la tormentata vita di Lussino in quell'epoca, Francesco Vidulich, nel suo "Lussinpiccolo - considerazioni" scrive: Sopraggiungeva il 1848 coi suoi politici sconvolgimenti, ed il nostro paese, trovando sgraziatamente preparato il terreno alla cittadina discordia, si servi dell'aura della maggior libertà, che a quell'epoca spirava, per tenerne accesa la face e farla viepiù divampare.
Il dott. Francesco Vidulich, nato a Lussinpiccolo nel 1819 da Giovanni Stefano ed Elisabetta Capponi, era di- scendente dalle due famiglie storicamente e culturalmente più importanti di Lussinpiccolo: quella di don Giovanni e don Stefano Vidulich, e quella di Bernardo Capponi, che aveva sposato una sorella dei due sacerdoti. Il 18 maggio 1846 Francesco Vidulich si era laureato in giurisprudenza a Padova e nel 1848 le tre isole di Lussin, Cherso e Veglia lo elessero a loro Deputato nell'Assemblea Costituente di Vienna; il Vidulich prese posto nei seggi della sinistra parlamentare tanto a Vienna, quanto a Kremsier. Una volta chiuso e disperso con la forza il Parlamento, tornò a Lussinpiccolo, dove fu fatto segno alle persecu zioni del Governo e degli elementi reazionari del paese. Nonostante occulte mene avversarie, si mantenne nella simpatia e considerazione dei suoi concittadini, che lo vollero a capo del Comune (dopo il 1848 era nuovamente cambiato il sistema di nomina del Podestà). L'11 agosto del 1850 giurò quale Podestà (Camillo de Franceschi, Pagine Istriane, novembre 1950).
In quell'epoca si erano venuti a formare, nell'ambito della popolazione colta di Lussino, due partiti: i "Beduini", liberali, quelli pertinenti della Costituzione concessa da S. M. l'Imperatore Ferdinando I, e accaniti sostenitori del mantenimento della lingua italiana come lingua principale a Lussino, e i "Grisini" o "Grizzini", conservatori, partitanti del cessato vecchio sistema governativo Metternichiano, egoisti, superbi, ed intransigenti, ed assolutamente filo croati. Questi ultimi in breve tempo fecero ben 22 ricorsi al Governo contro i membri del partito dei Beduini, dipin gendoli da rivoluzionari, ribelli e peggio ancora. Il Governo pensò allora di inviare a Lussino il Commissario Tromba, Direttore politico e giudiziale del Distretto, per verificare di persona la situazione. Egli, unitamente alla consorte, si fece amico dei principali esponenti di entrambi i partiti, per entrare meglio nello spirito di tutti. Alla fine del periodo di osservazione, fece una relazione al Governo, nella quale cosi si leggeva: alcuni pochissimi danno motivo a sospettare del modo con cui espongono i fatti unicamente derivanti dalle loro animosità private, qualmente sotto il manto di devozione al Governo ed alle Autorità, non nutrono che la vendetta ed odio contro i loro Antagonisti.
Sempre nel tema delle varie denunce fatte al Governo da esponenti dei Grizzini, viene riportata parte della lettera con cui il Parroco Scopinich il 30 agosto del 1852, denuncia il partito dei "Beduini" e in particolar modo il Podestà dottor, e da pochi mesi Notaio, Francesco Vidulich. Il Podestà dott. Francesco Vidulich sta in chiesa con minor rispetto di quello che starebbe in un pubblico ridotto e in un teatro, senza farsi né meno la croce e senza piegare neanche un tantino il ginocchio dinnanzi all'Augustissimo Sacramento... egli è quel desso che a 21 aprile 1848, giorno di Venerdi Santo... avea alla presenza di molte persone prorotto in parole ingiu- riose alla sacra persona di S. M.... Egli è quel desso che, ottenuto l'incarico di deputato alla dieta di Kremsier, sedette costantemente nella estrema sinistra... da deputato spediva lettere sovversive... viveva in intrinseca lega con la sezione accademica di Vienna e nell'insurrezione viennese distribuiva colle sue mani agl'insorti armi dell'Arsenale.... Egli è final mente figlio e membro di quella famiglia, contro la cui casa il sign. Cap. Kudemanek nel 1849 è stato obbligato di appuntare di tenerlo appuntato per lunga pezza il più grosso canno ne del castello di Lussinpiccolo, alfine di farla stare a dovere ed obbligarla a cessare dalle sue riprovevoli mene a quiete di queste infelici popolazioni.
Il Parroco Scopinich mori il 14 dicembre 1854 e in punto di morte chiese perdono alla benemerita famiglia Vidulich per tutte le angherie e per le menzogne dette.
Nel 1855 il nuovo Parroco, don Natale Morin, molto più equilibrato e amato dalla popolazione, assieme al Podestà Giovanni Scopinich e al rappresentante della Pretura Camelli, firmarono un certificato di buona condotta del Notaio Vidulich, tanto per fugare qualsiasi dubbio avessero i signori del Governo.
II 1854 segnò l'inizio di un altro periodo florido per l'economia di Lussino: quello in cui, durante la guerra Russo-Turca in Crimea, i bastimenti lussignani navigarono al servizio di Francia e Inghilterra, coinvolte nel conflitto, come pure Austria e Piemonte. Due anni dopo Francesco Vidulich rinunciò alla carica di Podestà poiché era stato nominato Notaio a Lussinpiccolo. E giunse un altro periodo critico per Lussino: quello che per gli stati dello Stivale fu la seconda guerra d'indipendenza, nel 1859. Una bella descrizione di un aspetto poco conosciuto di questa guerra, e cioè l'occupazione di Lussinpiccolo da parte della flotta Franco-Sarda, viene fatta da Giovanni Quarantotti nelle Pagine Istriane del dicembre 1959.
L'Austria non aveva una Marina in grado di competere con quella Franco-Sarda, per cui aveva fatto preventi vamente riparare le sue poche navi nei porti di Cattaro, Pola, e Venezia, lasciando di fatto il mare Adriatico libero alle incursioni nemiche, e aveva proclamato lo stato d'assedio in tutta la costa adriatica ad essa soggetta. La grossa flotta Franco-Sarda, che era destinata a portarsi davanti a Venezia per dar man forte alle forze di terra contro l'Austria, si raduno dapprima nel porto di Antivari, che però apparteneva alla Turchia, che si era dichiarata neutrale al conflitto in atto. Dovettero pertanto cercare un altro porto. Ancona sarebbe stato geograficamente adatto, ma era in territorio pontificio. Pare che fu lo stesso Napoleone III a indicare quindi il porto di Lussinpiccolo, la Valle d'Augusto, a sole venti leghe da Venezia.
Mai e poi mai i Francesi si sarebbero aspettati che gli Austriaci lasciassero del tutto sguarnita una base così importante e strategica quale era Lussino! Cosi il grosso della flotta si ancorò il 2 luglio a Valle Saccaron, a maestro dell'isola Grossa e Lunga, a poca distanza dall'isola di Lussino, mentre alcune navi andarono in avanscoperta. Una volta assicuratisi che il porto di Lussinpiccolo era del tutto indifeso, la fregata a vapore francese Terribile ne diede notizia al resto della flotta, quindi si porto dalla parte di maestro di Ossero dove bombardò e distrusse il ponte sulla Cavanella allo scopo di bloccare gli eventuali soccorsi austriaci. Il giorno dopo ben 100 legni da guerra Franco-Sardi gettarono l'ancora ordinatamente in Valle d'Augusto, lasciando al centro un ampio spazio per entrare e sortire dal porto. Non fu necessario sparare neanche un colpo! Successiva. mente lo stesso Francesco Giuseppe ebbe fortemente a rammaricarsi di non aver occupato i Lussini.
Alcune fonti parlano di una popolazione che entusiasticamente accolse i "liberatori" sventolando il tricolore; altre fonti invece fanno capire che la reazione dei Lussignani fu estremamente pacata. Mi riferisco al rapporto del capitano di vascello Tholosano, comandante la squadra sarda, e al rapporto finale del vice-ammiraglio Romain-Desfossés, comandante della squadra francese, riportati da Giovanni Quarantotti, e inoltre ad alcuni brani della "Cronologia dei Lussini", di Massimo Ivancich, che ha vissuto direttamente questo episodio.
Nel rapporto di Tholosano: Alle 6 (antimeridiane) entrammo: il paese tranquillo: la maggior parte degli abitan ti immersi nel sonno, che non ci attendevano. Non si trovava in tutta l'isola alcun milite: le autorità, cioè il pretore, pochi doganieri e gendarmi fuggiti al nostro apparire... Si erano immediatamente portati a San Martin e da qui verso Punta Croce, Cherso e Veglia (Massimo Ivancich).
Il municipio fece subito atto di sottomissione; dissero trovarsi gli abitanti quasi senza viveri e quattrini per mancanza di commercio. Trovammo ancorati nel fondo del porto alcuni bastimenti di proprietà dei lussignani e barche di cabotaggio, tutti in disarmo.
Il vice ammiraglio Desfossés dice che, dopo aver sostituito in paese le bandiere austriache con quelle unite francesi e piemontesi, fece sapere ai paesani che sarebbero stati trattati da compatriotti e, in coerenza a ciò, si astenne dal sequestrare i loro navigli.
Massimo Ivancich, dopo aver imparzialmente inquadrato i fatti della guerra tra Austria e alleati Franco-Sardi, racconta a sua volta dell'entrata della flotta a Lussinpiccolo, soffermandosi in particolare, non senza un sorriso, sul comportamento della "mularia" che non trovò di meglio che gettarsi a nuoto in Valle per arrampicarsi poi sulla catena dell'ancora del vascello a tre ponti Bretagne, ammiraglia della flotta, e da qui tuffarsi. Racconta poi come alcuni edifici fossero requisiti come arsenale e caserma, e i velieri in disarmo utilizzati come alloggio dei soldati di marina; sottolinea che il proclama di Desfossés alla popolazione era stato fatto in italiano; si compiace del fatto che, per tutti i 20 giorni di occupazione, la banda francese suonasse al pomeriggio pezzi di musica.
All'arrivo dell'ordine di portarsi, come previsto, a Venezia, segui però immediato un contrordine: Napoleone III e Francesco Giuseppe avevano firmato l'11 luglio a Villafranca un armistizio. Il 22 luglio Lussinpiccolo fu ri- consegnata al municipio.
Fioccarono allora le denunce di comportamenti non leali nei confronti dell'Austria, che decise di punire i colpevoli e premiare quanti invece le si erano dimostrati fefeli. Giovanni Quarantotti riporta alcuni documenti che rispecchiano il punto di vista e le decisioni prese dalle autorità statali austriache in merito ai fatti di Lussinpiccolo. Da questi risulta che la popolazione di Lussinpiccolo si era dimostrata per tutta la durata dell'occupazione sempre tranquilla e prudente, al contrario del Podestà Vincenzo Premuda e dei due consiglieri comunali Giovanni Scopinich e Giovanni Martino Micolich, che si erano invece dimostrati troppo servili nei confronti dei nuovi arrivati. Inoltre in questi documenti si dice che sarebbe stata preparata e presentata per la firma agli armatori di navi una supplica diretta all'imperatore Napoleone allo scopo di ottenere l'uso della bandiera francese per tutte le navi appartenenti agli armatori di Lussinpiccolo. Questo per poter tornare liberamente ai propri commerci. Questa supplica non fu mai presentata, in seguito al sopraggiunto armistizio, tuttavia i "soliti ignoti" ne fecero pervenire copia alle autorità, unitamente alla denuncia di chi ne era stato l'autore: il notaio Francesco Vidulich. Poiché tuttavia la consegna della supplica non aveva potuto avere luogo, le autorità nulla poterono per incriminarne l'autore. Vediamo comunque, nell'aver stilato la supplica, il solito motivo ricorrente: l'interesse commerciale di Lussino, innanzi a tutto.
Podestà e consiglieri vennero destituiti e, in base al risultato delle nuove elezioni magnanimamente accordage dal Governo, Francesco Vidulich avrebbe dovuto essere il nuovo Podestà. Ciò non fu consentito dalle autorità, che proposero temporaneamente a capo del comune Antonio Agostino Cosulich!
Nella medesima occasione, vennero invece premiati con varie onorificenze Simone Lettich, Podestà di Lussingrande, Lorenzo Petris a capo del comune di Cherso, e Lorenzo Peruscheg, sostituto Podestà di Ossero.
Non si può escludere che anche la somma onorificenza della Bandiera Rossa d'onore conferita il 14 agosto 1859 ad Antonio Celestino Ivancich (fratello maggiore di Massimo), fosse in parte dovuta alla volontà di far rimarcare la magnanimità imperiale nei confronti di chi si dimostrava leale all'Austria.
Nel 1861 Francesco Vidulich fu nuovamente eletto sindaco di Lussinpiccolo, e questa volta il Governo non ebbe nulla da opporre. Il 19 febbraio 1863 fu eletto depu tato provinciale alla Dieta di Parenzo, quindi rinunció al posto di Podestà.
Della bella figura carismatica del dott. Francesco Vidulich, bisogna dire che egli, cresciuto nell'ambiente conservativo delle isole absirtidi, staccate fisicamente e socialmente dall'Istria peninsulare, benché di profondi incorruttibili sentimenti italiani, non subiva intimamente, come i fratelli della costa occidentale, il fascino del risorgimento unitario della Madre Patria (Giovanni Quarantotti). Sostenne sempre la lealtà verso il Governo austriaco e mantenne sempre un atteggiamento di costruttiva partecipazione agli affari della Dieta, cosa che gli procurò non poche inimicizie, peraltro temporanee, da parte dei suoi colleghi alla Dieta, fondamentalmente idealisti, e talvolta astensionisti in segno di protesta. Nel 1867 venne nominato Deputato al Consiglio dell'Impero, in seno al quale per sei anni gli fu conferito l'eccelso mandato di primo Vice-Presidente della Camera viennese.
Nel 1868 gli fu affidata l'alta carica di Capitano provinciale, che tenne fino alla morte.
Fu sempre inflessibile nel proclamare la lingua e la cultura italiana, non solo nella natia Lussino, ma in tutta l'Istria. Godette sempre la massima stima da parte del Governo centrale di Vienna, che lo fece sedere quale suo rappresentante nel Consiglio d'Amministrazione del Lloyd Austriaco, fino al 1886. Mori a Parenzo all'età di 70 anni il 23 gennaio 1889, per arresto cardiaco.
Sulla lapide del suo sepolcro nel cimitero di San Martin si leggono le seguenti parole:
Comm. Francesco dott. Vidulich eletto nel 1861 capitano provinciale dell'Istria, morto 23 gennaio 1889.
Eletto nel 1846 dal distretto di Cherso, Lussino e Veglia deputato all'assemblea costituente. Si battè a Vienna, assieme ad altri tre deputati istriani Michele Facchinetti, Carlo de Franceschi e Michele Madonizza perché la lingua italiana rimanesse lingua ufficiale delle provincie dell'Istria come è sempre stato da quando secoli addietro aveva gradatamente sostituito la lingua latina.
Le notizie riportate sulla lapide non sono tutte rigorosamente esatte, ma non importa: queste parole rendono il giusto tributo della Patria a uno dei suoi esponenti più illustri.
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