Pirano, anche, è Venezia, dall’ogiva delle sue porte allo scialle delle sue donne, ai fanali da processione della sua cattedrale, tulipani meravigliosi di scarlatto e d’oro nella loro ricchezza accartocciata e barocca, memore di prore di galera... Venezia superficialmente forse ivi più settecentesca che altrove; nell’anima fieramente Dominante. Domandate alla storia...
«La città è allegra. In quelle calli intricate, ove si radunano presso alle portele amiche di vicinato a far commenti alle novelle divulgate o a render con le quatrociàcole cadenzate più leggero il lavoro dell’ago o del modano o dei ferri; in quelle vie ove passano disinvolte e svelte, chiuse nello scialle nero più artistico d’ogni altra veste le donne..., traspare riflessa l’anima della città, e si vedono frequenti e vivi episodi di pretto carattere veneto che le fanno piacevoli e divertenti al passeggero...».
Dell'arte romanica Pirano conserva la vasca del battistero, con una finestra della sagrestia testimone d’un’antica basilica. Del secolo XIII una Madonna col Bambino, a S. Michele; del X IV due case a bifore, testimoni forse dell’attività edilizia del podestà Manolesso; del tre e quattrocento un salterio con miniature e un’ancona esistenti nella biblioteca del Duomo, insigne anche per l’armadio-reliquario, con formelle dipinte da qualche scolaro del Vivarini; del più puro quattrocento il Cristo in legno dipinto della Pia Casa di ricovero, il Crocifisso con figure della Scuola di Santo Stefano. E non basta. La Pirano del cinquecento emula Venezia nel chiamare gliartisti ad adornarle chiese e dimore; e si nominano Vettor Carpaccio, Paolo Veronese, Tiziano, Paris Bordon, il Palma e Jacopo da Ponte coloro che e in propria persona e per mano degli alunni migliori rispondono a quest’appello.
Così nei 1518 Vettor Carpaccio dipinge per il convento di San Francesco la Madonna col Bambino in una corona di santi schierati sui gradini del trono: sant’Antonio, santa Chiara e san Giorgio da una parte, dall’altra san Francesco, san Pietro e san Lodovico; più due musici giovinetti su un lato e sull’altro, e in mezzo un vaso di giaggiolie gigli. Così Benedetto Carpaccio nel 1541 dipingeva pel Consorzio dei sali la Madonna in trono tra s. Luca e s. Giorgio; così l’eco di Tiziano si manifesta nel quadro della chiesetta di San Pietro raffigurante la Madonna che presenta il Bambino a san Girolamo, verosimilmente ascrivibile a Polidoro da Lanciano; così Jacopo da Ponte dà alla sagrestia dei Francescani il suo Cristo sul Monte Oliveto; e Paris
Bordon compone un venustissimo riposo della Sacra Famiglia, e Andrea Solario un Ecce Homo ammirabile; e Jacopo Palma il Giovane una bionda Maddalena per la sagrestia di San Francesco e una Annunciazione per un altare di S. Stefano, a tacer dei minori, e delle due opere insigni che furon di qui portate a Vienna: la gran tela di Alvise Vivarini, la Madonna che adora il Bambino dormente; e la famosa Battaglia di Salvore del Tintoretto. E degnissime anche le memorie del seicento, fra cui piena di grazia la Madonnina del Sassoferrato appesa dietro l’altar maggiore in San Francesco, specialmente nelle chiesette dedicate alla Madonna della Neve e della Consolazione, dov’è ammirabile anche una squisita cornice del Brustolon.
Alla veneziana esterna eleganza delle architetture corrispondeva nella Pirano della Rinascenza tutta la fioritura decorativa interna: oltre ai quadri, opera d’arte pura, nielli e intagli, damaschi e maioliche, merletti e mobili integravano dentro le dimore dei cittadini il sogno di bellezza italico e veneziano. E il Leone, onnipresente, lo glorificava.
E Francesco Morosini, reduce nel 1689 dalle vittorie gloriosissime di Morea, nel Mar di Portorose — oltre alle cui saline sta la graziosa solitaria Buie — tra applausi e bandiere, tra musiche e colori, in una gran festa di popolo, ne consacrava l’apoteosi.
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