Per anni, molti anni, questo documento importantissimo, conservato negli archivi triestini dell'Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia, è stato nascosto, cioè secretato, per ragioni politiche.
Il notivo, molto probabilmente, è legato al fatto che bisognava nasconderlo agli studiosi per mantenere in piedi la vulgata di certa storiografia di parte e menzognera, secondo la quale la Foiba di Basovizza altro non è che un falso, cioè una cavita vuota sulla quale si è costruito un mito.
Privo di una collocazione originale è stato soltanto recentemente "ritrovato" ed inserito in una collezione di nuovi documenti versati nel corso del tempo e che finora non avevano trovato una sistemazione coerente ed idonea.
Il documento consiste in due pagine dattiloscritte e uno schizzo fuori scala della frazione carsica triestina di Basovizza. Dalla stampigliatura posta ai margini dei tre fogli “carteggio E.M.” si deduce che il documento faceva parte dell’ampio carteggio che Ercole Miani, partigiano antifascista istriano, aveva raccolto in particolare nel secondo dopoguerra, per versarlo all’allora Deputazione regionale per la storia del movimento di liberazione, di cui era stato uno dei promotori e fondatori nel 1953, e che diresse fino alla morte.
Si tratta di una breve relazione dattiloscritta anonima, accompagnata da uno schizzo a matita della zona di Basovizza e più precisamente del Pozzo della miniera – oggi noto come Monumento nazionale della Foiba di Basovizza. Nel testo sono narrate alcune vicende relative ai giorni della capitolazione tedesca e dell’ingresso delle truppe jugoslave a Trieste, comprese tra il 30 aprile e 3 maggio 1945, mentre successivi riferimenti giungono fino al 25 agosto di quell’anno.
La relazione comprende pure la descrizione di una clandestina esplorazione del sito nel corso dell’estate durante le operazioni di esplorazione della cavità da parte delle autorità anglo-americane e di parziale recupero delle salme ivi giacenti.
Molto interessante è il passaggio nel quale vengono elencati i nominativi, con relativi indirizzi di casa, di cinque testimoni oculari, quattro uomini e una donna, di cui tre abitanti a Basovizza e due a Opicina, i quali avrebbero assistito agli infoibamenti di massa nei primi giorni di maggio 1945.
Il fatto è disgustoso: che un archivio di fondamentale importanza per lo studio e l'interpretazione delle vicende dell'occupazione tito-comunista di Trieste abbia nascosto per decenni un simile documento, dimostra chiaramente che la volontà di celarlo sia stata funzionale ad impedire che i testimoni indicati venissero interrogati. Questa è una delle prime, istintive e naturali valutazioni.
Quello che ci chiediamo adesso, invece, è: quanti documenti sono ancora nascosti e non compresi tra quelli disponibili alla consultazione?
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.