Don Ambrogio Demetrovich, sacerdote patriota nato a Zara, vissuto a Marghera di Venezia, in località Rana, nella frazione di Bottenighi. Egli morì nel 1848, trucidato da soldati Austriaci.
Incitava i compaesani alla rivolta, a impugnare le armi contro gli Austriaci.
Il suo grande patriottismo, portato all’esasperazione, in quei tumultuosi anni del 1848-1849, preoccupava il signorotto Domenico Candiani, che nella frazione aveva possedimenti e lo invitava a essere prudente, assecondato anche dalla vecchia perpetua Maria, dalle spalle incurvate e sofferente di reumatismi, che quando lo sentiva inveire contro l’Austria, si metteva in un angolo della cucina e recitava velocemente, guardando il soffitto, tre Ave Maria.
L’arciprete di Mestre, Giovanni Renier, che ben conosceva il carattere di Don Ambrogio, non dava peso alle sue intemperanze politiche, le considerava solo parole al vento, in compenso era contento di questo sacerdote zaratino perché era di grande aiuto per quella piccola comunità di contadini.
La notte del lunedì 20 marzo 1848 il destino volle, per sua sfortuna, che circa una ventina di soldati austriaci si accampasse vicino alla sua dimora.
Don Ambrogio si svegliò di soprassalto e vide i soldati tanto odiati seduti sotto casa sua. Si infuriò, girò per la camera con le mani dietro la schiena, fu in preda ad un’angosciosa agitazione, pensò che fossero venuti ad arrestarlo o meditassero qualche azione di guerriglia. Prese dalla parete un fucile e sparò alcuni colpi, ferendo lievemente un giovane soldato. L’ufficiale che comandava il gruppo, svegliatosi in preda alla paura, ordinò di rispondere al fuoco e sfondando con i calci dei fucili la porta entrarono nella casa.
Don Ambrogio, non prevedendo la rapida reazione dei soldati e pentendosi per la poco sacerdotale azione da lui compiuta, uscì di corsa dalla finestra in camicia e mutande bianche. Attraversò il cortile svegliando le galline appisolate e cercò la salvezza nella folta vegetazione vicina. Nell’oscurità notturna la bianchezza del suo abbigliamento non passò inosservata a un soldato che un brusco gesto indicò una figura bianca, nascosta tra i cespugli. Le canne dei fucili si arrossarono, un odore acre di polvere da sparo stagnò attorno alla casa.
Il domestico Giuseppe, un anziano contadino dal sonno profondo e a causa di una lieve sordità, non sentì i richiami del suo padrone e i colpi di fucile. Lo svegliarono invece il rumore dei soldati che salivano rumorosamente le fragili scale di legno. Si rese subito conto di quanto stava succedendo, conoscendo anche il carattere di Don Ambrogio e la vista dell’arma sul pavimento lo convinse a darsi a una fuga precipitosa attraverso i campi.
Placido Aldighieri, mestrino, nel suo diario: “Memorie di un veterano 1848-1849”, con parole molto semplici narrerà poi in tarda età la storia di questo sacerdote dalmata basandosi sulla testimonianza dell’anziano domestico.
Nessunaltro sacerdote, dopo di questo eroe vi fu alla Rana e la Chiesa venne chiusa al culto.
Don Ambrogio Demetrovich è martirizzato a Bottenighi.
Alcune fonti (Da Camisan 2018, p. 8) indicano la data della fucilazione del curato dalmata “tra la notte del 27-28 ottobre 1848”, anziché al “20 marzo 1848”. A don Ambrogio Demetrovich negli anni Venti del Novecento fu dedicata una strada di Marghera (VE).
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.