venerdì 20 ottobre 2023

TRIESTE E ISTRIA STESSA TERRA

"Per noi ragazzi triestini salire sul vaporetto che ci portava a Muggia era come andare col tramvai a Barcola: per noi nati a Trieste, ma di sangue istriano, toccare il suolo di Muggia era già prendere contatto con la nostra terra originaria, con l'Istria". 

"Muggia a due passi, un tragitto da nulla: il vallone di Zaule in mezzo. Ma noi allora non facevamo distinzione tra Trieste e l'Istria, per noi era la stessa terra. Solo più tardi apprendemmo a scuola che la storia dell'Istria era stata, in certi tempi del passato, diversa da quella di Trieste. Ma, nella sostanza, avevamo ragione noi fanciulli di sentire che Trieste era l'Istria e l'Istria era Trieste: una realtà geografica, naturale, unica, una sola regione". 

"A Muggia s'andava d'estate la mattina presto e si tornava per colazione. I bagni di Muggia, a differenza di quelli della Lanterna o di Barcola, ci offrivano un particolare divertimento coi loro numerosi sandalini: si affittavano per pochi soldi e noi, monelli, uscivamo al largo divisi in due squadre e ci scontravamo in battaglia navale. Naturalmente riportavamo alla spiaggia tutti i sandalini capovolti e molti remi spezzati o scheggiati e ogni volta il bagnino giurava che a noi non ce li avrebbe mai più affidati". 

"Se consideravamo Muggia quasi un sobborgo di Trieste e il muggesano cantiere di san Rocco un'appendice del triestino cantiere di san Marco di fronte ad esso, Capodistria, un po' più lontana, era un'altra cosa. Per andare a Capodistria il vaporetto passava fuori delle dighe nuove e puntava al largo, e più lungo era il tragitto: tre quarti d'ora. Preferivamo farlo sul San Giusto, che in quegli anni era comandato da un capitano meraviglioso. Quel capitano, col suo San Giusto, aveva messo fuori combattimento il rivale Lampo, che apparteneva a un armatore croato. Noi ragazzi ci si arrampicava fino alla cabina del timone e della bussola per vederlo al comando di quel simpatico vaporetto che faceva tutt'uno con lui. Quel capitano era Nazario Sauro". 

"Il mio primo chiaro ricordo di Capodistria è di quell'estate, in cui mia madre mi portò con sé a 'cercar campagna'. Cercare campagna voleva dire cercare un posto di villeggiatura. E per noi la più simpatica e vicina campagna ce l'offriva l'Istria. Le condizioni della nostra famiglia erano molto modeste e perciò mamma non puntava verso le ville di Semedella, il posto di villeggiatura capodistriano per le famiglie più ricche, ma verso le fattorie e le case dei contadini [...]"

"Quale bellezza tra gelsi e viti e alberi da frutto! Un silenzio incantato rotto ogni tanto dai gorgheggi degli uccelli. La vera campagna! Io, che fino allora ero vissuto in città, guardavo stupito quel nuovo regno e tutto mi pareva immenso. In fondo al viale, davanti a uno spiazzo circondato da alberi, la casa antica e spaziosa. In un'ala di questa, in uno stanzone che odorava di fresco e di terra, avremmo soggiornato noi per la nostra villeggiatura..."

Giani Stuparich, "In cerca di villeggiatura", da "Ricordi istriani", pubblicato nel basilare "Il ritorno del padre e altri racconti", a cura di P.A. Quarantotti Gambini, Einaudi, 1961.

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