Šimun Kožičić–Benja non è altro che il nome fittizio dato dai croati a Simone Begna da Zara (1460-1536) che, appartenendo a quella « fitta schiera di diplomatici, fortemente attivi in quasi tutte le corti e cancellerie europee, con la specifica missione di trattare e condurre la politica turca», viene accreditato come quale croato che ha «preso le difese della croazia».
Nel Quattrocento, specialmente dopo la caduta di Costantinopoli, questa funzione era esercitata dai profughi greci. Nel Cinquecento la missione viene assunta da uomini di cultura della Dalmazia: Simone Begna da Zara, Tomaso Negri da Spalato, Giovanni Stafileo da Traù, Antonio Veranzio da Sebenico.
ATTI E MEMORIE DELLA SOCIETÀ DALMATA DI STORIA PATRIA vol.3-4, pag 326.
«Su[l]la interessante figura dello zaratino Simone Begna, vescovo di Modrussa, ci aveva già dato una buona biografia Giuseppe Ferrari-Cupilli, "Della vita e degli scritti di Simone Begna Zaratino", in «Annuario Dalmatico», a. I, Spalato, 1859, che niuna ricerca posteriore ha ampliato e superato. Soltanto il Brunelli (Ugliano, in « Dalmata », a. XXXVIII (1903), n.ri 92 segg.), diede qualche altra notizia e soprattutto l'esatta lezione della lapide tombale. Nulla di nuovo, anzi qualche piccolo errore (la madre aveva nome Orea, Auria, non Orsola, ed era della famiglia veneziana Da Canal; non è vero che i contadini del territorio di Zara chiamino Kožičić i Begna), v'ė, dal lato biografico da registrare in questo lavoro del Kolendić. Dove però esso reca nuove, buone e ben inquadrate notizie è nella illustrazione della breve attività svolta nel 1530-1531 dal Begna, quale fondatore di una tipografia slava in caratteri glagolitici e quale editore di opere slave. Spiega il K. come il Begna, dopo aver nel 1512 al Concilio Lateranese, e nel 1516 dinanzi a Leone X, propugnato in due orazioni latine la difesa della Croazia contro i Turchi ed essersi in ogni modo adoperato per la conservazione politica di questa gente martoriata, avesse, dopo l'invasione turca della Modrussa e la fissazione della sua residenza a Fiume, pensato anche alla elevazione spirituale dei suoi fedeli. Nel 1530 si recò a Venezia, dove fece allestire dallo xilografo Mattio da Treviso una serie di iniziali semigotiche, il canone e qualche altra incisione; da un altro incisore il suo segno tipografico e una serie di iniziali glagolttiche e d'altro genere, e infine, probabilmente da Andrea Torresani o dai BindoniPasini, acquistò una dotazione di caratteri glagolitici. Con questi materiali, e dopo aver ingaggiato un Domenico, di cui non si hanno più precise notizie, e il noto Bartolomeo Zanetti da Brescia, se ne tornò a Fiume. Qui, nella sua casa d'abitazione, dal 15 dicembre 1530 al maggio 1531, i due maestri allestirono le seguenti quattro opere: 1) Oficii Rimski; 2) Misal hruacki; 3) Knižice Krsta; 4) Knižice od Žitija. La prima è un Ufficio di Maria Vergine, l'altra un messale glagolitico, la terza, sinora ignota ai bibliografi, un piccolo rituale e la quarta una versione delle pseudopetrarchesche «Vite dei pontefici et imperatori romani». Dopo di che la tipografia cessò di funzionare. Nel 1533 il Begna era gia trasferito a Zara. I materiali tipografici, non sappiamo per quale via, ma forse rilevati dallo Zanetti, tornarono a Venezia, giacchè la xilografia del canone usata dal Begna ricompare nel messale stampato dagli eredi di Pietro de Ravani nel 1554. Il lavoro è preciso, ben documentato ed ottimamente informato. Reca un contributo non ispregevole alla conoscenza dell'opera del Begna e aggiunge dati molto interessanti alla storia della tipografia veneziana.»