martedì 17 ottobre 2023

ROMANO VLAHOV

Romano Vlahov (1940 Trieste, - 2018). Viveva a Duino, nel corso della sua avventurosa vita ha avuto una grande esperienza dell’estero.

Ha scritto un libro (Allora vi racconto) costituito da una serie di episodi della sua vita, ma copre soltanto la prima fase, quella giovanile, ossia i primi 20 anni di vita, con l’emigrazione in Sud Africa. 

Il quadro geografico delle vicende varia: Trieste, Brindisi (1954), poi Londra (1958) per apprendervi l’inglese. In seguito, un viaggio che durò ben quattro mesi dall’Italia all’Australia, e ritorno. Infine il matrimonio, appena ventenne. E quindi l’emigrazione per il Sud Africa.

Fra i valori espressi da Vlahov emerge, semplice ed istintivo, e senza odi per l' »altro », il sentimento dell’appartenenza e della fedeltà alle origini. La terra dei suoi avi è la Dalmazia (per l’esattezza: la minuscola località di Sepurine). «Fu mio nonno che per motivi commerciali scese a Trieste verso la fine dell’800 e consolidò la sua permanenza sposandosi una triestina e mettendo al mondo due maschi: mio padre e mio zio.» Romano Vlahov ci spiega che il suo cognome è ereditato dagli antenati dalmati, e diligentemente chiarisce ch’esso ha un profondo legame con la latinità e la romanità. Esso vuol dire, infatti, «figlio di Vlah», e il termine «Vlah», ossia Valacco, identificava il combattente romano della Dacia. Egli scrive con orgoglio: «Posso dunque asserire con il pieno supporto degli storici che il mio nome sta a rappresentare ancora oggi la continuità di coloro che al tempo venivano indicato dai barbari come cittadini o legionari romani rimasti a vigilare i confini orientali dell’impero

A Brindisi Romano Vlahov ha una reazione violenta e manda gambe all’aria con un pugno ben centrato un suo superiore che lo ha appena apostrofato nella maniera che non avrebbe dovuto: «Pezzo di slavo, stai sull’attenti e non sputare nel piatto dove mangi!» Romano fu «allontanato dal collegio per insubordinazione, ma fu riconosciuto che la mia reazione, anche se esagerata, era giustificata dalla gravità dell’offesa ricevuta

L’autore ci presenta il suo passato attraverso episodi accattivanti, divertenti, gustosi, ma anche episodi drammatici. Tra questi spicca la rivolta avvenuta nel novembre del 1953, a Trieste, per il ritorno della città all’Italia dopo 9 anni di occupazione alleata. I capitoli consacrati a questa rivolta contro l’occupazione anglo-americana ci permettono di conoscere sia il susseguirsi dei fatti, sia la natura dei sentimenti di chi a quella rivolta partecipò: «Non posso dire che al tempo avessi avuto in odio gli anglo-americani, ma non potevamo perdonarli per essere stati spettatori passivi e indifferenti del massacro delle foibe perpetrato dagli slavi di Tito

«(…) e al di sopra di tutto il grido: ‘Italia, Italia!!’ Al suono di quel nome, ogni cosa, anche la peggiore, appariva sublimarsi nella finalità ideale che la ispirava



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