Vogliamo ricordare ciò che avvenne a Spalato la notte tra il 18 ed il 19 ottobre 1930, ovvero quello che potremmo definire il "pogrom" contro gli Italiani residenti nella più grande città della Dalmazia.
Accadde, quella notte di novantadue anni fa, che tutti gli esercizi commerciali italiani della città vennero segnati da croci e scritte realizzate con l'uso di catrame nero, quasi impossibile da cancellare, del seguente tenore:
"QUESTO NEGOZIO È ITALIANO. NON ENTRATE!"
Fu, l'azione di quella notte, l'atto finale di una lunga campagna persecutoria verso tutto ciò che di italiano c'era in Jugoslavia ed allo stesso tempo l'avvio di una massiccia attività di boicottaggio dei commercianti e degli industriali italiani che, di fatto, furono costretti in pochi anni a chiudere praticamente tutte le loro attività.
Entro la fine dell'anno si era passati dalle minacce verbali alle aggressioni, e oltre la metà dei commercianti italiani chiuse le proprie attività, trasferendosi a Zara, nel Quarnero e nel resto d'Italia.
A Spalato, però, la campagna diffamatoria era iniziata già nel gennaio del 1930: il quotidiano cittadino "Zastava", diretto dal feroce nemico degli italiani, il nazionalista Oskar Tartalja, dava giornalmente notizia degli esercizi pubblici, delle ditte e dei professionisti italiani, con il pretesto di fare il confronto numerico dei due elementi, italiano e slavo.
Il 1° gennaio 1931, dopo il "pogrom", le aggressioni fisiche, la distruzione di vetrine e il saccheggio di diversi negozi, con le conseguenti prime partenze dei nostri connazionali totalmente indifesi, il quotidiano usciva a tutta pagina con il titolo esortativo "Diamo a Spalato un carattere nazionale", offrendo i seguenti propositi ben elencati:
"É nostro dovere:
1) di essere nemici dei nemici del nostro popolo;
2) di servirci sempre e dappertutto della nostra lingua jugoslava;
3) di proteggere la nostra lingua, il nostro denaro, i nostri uomini, i nostri negozianti;
4) di aiutare la nostra gente. Non avremo pace fino a quando non avremo allontanato la traccia straniera, fino a quando Spalato non acquisterà un puro carattere nazionale jugoslavo."
Un proclama, questo, degno dei peggiori progetti nazionalsocialisti. Nessuno, però, ne parla mai.
A Sebenico, invece, pochi giorni dopo, accadde qualcosa di più esplicito, istituzionale. Il 20 ottobre 1930, nella seduta del Consiglio comunale, presente il capitano distrettuale che rappresentava il Governo di Belgrado, l'Assessore avvocato Medina, già a capo della sezione cittadina dell'organizzazione segreta Orjuna, fa votare il testo del seguente ordine del giorno, reso immediatamente eseguibile:
"le autorità intensifichino in ogni modo la loro azione intesa a togliere ogni e qualsiasi mezzo di lavoro ai cittadini italiani, ingiungendo ai datori di lavoro di licenziarli, negare la concessione di nuove licenze, così da creare impossibili condizioni di vita ai cittadini italiani".
Nella stessa seduta, il Consigliere avvocato Kozul fa passare all'unanimità la proposta di elevare un monumento a Re Pietro "sostituendolo a quello di Nicolò Tommaseo".
I vari impresentabili Gobetti, Montanari e pure gli storici da piedistallo del tenore di Pupo, perché queste cose non le scrivono? Perché non raccontano di queste nefandezze?
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