Jolanda Dobrilla (o Iolanda) è stata una ragazza italiana, vittima delle brutalità partigiane durante la seconda guerra mondiale.
Nacque il 30 agosto 1927 a Capodistria, in Istria, allora parte del Regno d'Italia, dai genitori Mario Dobrilla e Ines Pugliese.
Jolanda frequentò il Liceo Carlo Combi a Capodistria, ma abbandonò presto gli studi. Per motivi incerti, nel 1943 lasciò la sua città natale e si trasferì a Roma. A scuola aveva studiato il tedesco, cosa che le permetteva di lavorare come interprete a Velletri, poco distante da Roma.
Sopravvisse miracolosamente al devastante bombardamento alleato di Velletri del novembre 1943, ma rimase isolata e sola e decise di tornare a casa.
L'inverno 1943-1944 fu particolarmente rigido; le cattive condizioni meteorologiche rendevano difficile seguire le strade d'Italia. Impossibilitata a proseguire il viaggio, Jolanda si fermò nel paesino reatino di Lugnola, situato a 15 km da Terni, lungo il confine umbro-laziale, dove fu ospitata dalla famiglia Papucci. Questa famiglia, anch'essa sfollata dalla propria abitazione a causa dei bombardamenti di Terni, accolse la giovane e le diede rifugio.
Durante il periodo trascorso con la famiglia Papucci, Iolanda svolse i lavori domestici come un modo per ripagare la generosa ospitalità dei suoi ospitanti, che la trattavano come una figlia. Jolanda però era determinata a tornare a casa, a Capodistria. Quando per caso una colonna tedesca attraversò la regione, Jolanda si avvicinò ai tedeschi e li pregò di trasportarla a nord, affinché potesse tornare a casa dalla sua famiglia.
La conoscenza della lingua tedesca da parte di Jolanda suscitò i sospetti dei partigiani locali, che la accusarono di essere una spia fascista e collaboratrice della Wehrmacht.
Il 23 aprile 1944, durante la celebrazione della festa della Madonna di Loreto, due partigiani comunisti della banda “Manni” rapirono Jolanda. Fu portata nel comune di Cottanello, nel Lazio, dove fu torturata, violentata e uccisa con una bomba a mano dai comunisti. Prima di morire gridò ad alta voce il nome di sua zia Lucia.
Il cadavere straziato di Jolanda fu bruciato in una carbonaia e i resti carbonizzati furono lasciati come cibo per i maiali. Aveva solo 16 anni.
Le autorità italiane iniziarono subito le ricerche della ragazza. Gli sforzi subirono però una brusca interruzione il 9 maggio 1944 quando Primo De Luca, militare della GNR incaricato di guidare la squadra di ricerca e la raccolta delle prove, fu catturato dai partigiani comunisti e giustiziato sommariamente davanti al cimitero di Vasciano a Stroncone, nei pressi di Terni.
Le indagini furono riprese solo nel 1947, dopo la fine della guerra.
Il 21 novembre 1950 gli assassini di Jolanda furono assolti da ogni accusa dalla Corte di Appello di Roma, che decise che il caso soddisfaceva i requisiti per rientrare nell'ambito dell'Amnistia Togliatti (condono generale emesso da Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista Italiano). La morte di Jolanda fu giudicata “un legittimo atto di guerra” necessario per sconfiggere il nemico. Venne ignorato il fatto che Iolanda era minorenne e non una spia. Agli assassini – Luigi Menichelli e Francesco Marasco – fu concessa la grazia senza punizione.
Sia le indagini penali che gli atti del processo furono tenuti segreti alla famiglia, che fu costretta a fuggire l'Istria tre anni dopo, nel 1953, unendosi agli altri 350.000 esuli italiani.
Per molti anni la famiglia di Jolanda Dobrilla pensò che fosse scomparsa e ipotizzò che potesse essere morta in un bombardamento alleato. Sua madre morì senza mai sapere cosa fosse veramente successo a sua figlia. Fu solo decenni dopo la guerra che le brutali torture e l'orrenda morte furono rese note al pubblico, grazie alle ricerche di due studiosi: Enrico Carloni e Pietro Cappellari.
Nel 2006 i suoi familiari superstiti furono finalmente rintracciati e informati della verità sulla morte, grazie all'impegno dei due studiosi appena citati e della Libera Provincia dell'Istria in Esilio, associazione fondata in Italia dopo l'espulsione degli italiani italiani dall'Istria da parte dei jugoslavi.
Sebbene la storia di Jolanda Dobrilla sia ormai nota al pubblico e alla sua famiglia, i colpevoli, di cui si conoscono i nomi, non sono stati assicurati alla giustizia per l'efferato crimine di tortura, stupro e omicidio della giovane istriana. Né è mai stata annullata la sentenza del tribunale del 1950 che decise che l’omicidio era “legittimo”.
Il caso resta un tragico esempio della ferocia spietata dei partigiani comunisti e del modo in cui i crimini comunisti furono giustificati, nascosti e ignorati dopo la fine della guerra.
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