“La nostra lingua declassata a dialetto della lingua dialettale slovena, favole, canzoni, musica, danza, costumi del folklore, trafugato e poi taroccato, in seguito passato come cultura slovena? E quelle registrazioni depositate presso il Museo Etnografico di Malborghetto, denominate: registrazioni delle tradizioni popolari degli sloveni in Italia, di cui circa l’80% sono registrazioni delle tradizioni popolari resiane? Analizzando adeguatamente questo mio discorso noto che Resia, in effetti, è sì rimasta al suo posto, ci mancherebbe altro, ma ne consegue che la nostra cultura, che fine ha fatto? Con l’inganno è stata carpita per poi essere divulgata come prodotto sloveno, come se tutta la nostra cultura fosse derivata da quella slovena. Perciò cari compaesani diamoci una svegliata e cerchiamo di riprenderci quello che è nostro, quello che fa parte della nostra vera cultura identitaria resiana. Tutto quel materiale asportato con l’inganno poi distribuito a tutti i circoli culturali e gruppi folkloristici sloveni, più degli altri hanno agito anche in maniera "sporca", a quale scopo e per quali fini? La Slovenia deve costruirsi una storia e una cultura e lo fa anche a spese dei resiani, particolarmente.
Ma la narrazione non finisce qui. Al momento ci sono altri risvolti sulla questione slovena, come quella di mettere in condizione i resiani, con opportuni provvedimenti, di usufruire dell'insegnamento della lingua dialettale slovena. Molti resiani lo sanno, perché interpellati e invitati, chi ha rinunciato, chi ha accettato. L’argomento non è stato eccessivamente propagandato, bisognava fare il meno rumore possibile, chiedere direttamente la fattibile adesione, fra amici, conoscenti e simpatizzanti. Proprio su questa manovra che io vorrei soffermarmi e iniziare. Comincerei col chiedere a parecchi resiani, ai cari amici resiani: A quanti di voi è stato chiesto di imparare lo sloveno? E quanti di voi sono andati veramente a Lubiana a studiare per imparare questa lingua? Non so esattamente a quanti di voi è stato chiesto e quanti di voi avete aderito. Certo, imparare una lingua è sempre interessante, ma in questo caso la partecipazione per addottrinarsi alla lingua dialettale slovena non mi sembra un coinvolgimento avvincente e interessante, piuttosto un’attrattiva che desta tanta ambiguità, e non credo per un interesse alla salvaguardia della nostra lingua, "il resiano”. Il mio argomento non è frutto di una mia intenzione, o il racconto prodotto dalla mia immaginaria fantasia, ma il profitto di una serie di confidenze avute da vari ”amici resiani”, certamente non estorte con forzature o convincimenti disonesti ma da sincere e genuine confidenze. Da una di queste confidenze mi è stato pure rivelato, fidandosi della mia discrezione, che al momento del suo rifiuto di andare a scuola per imparare lo sloveno a Lubiana, gli è stato tolto il saluto, così di punto in bianco, e da questa negazione, da amico è diventato nemico, in virtù per questa assurda richiesta negata. Alla faccia di quei resiani che ancora vivono, svolazzando come le farfalle, di fiore in fiore, si illudono e rimangono abbagliati nel pensare di come gli sloveni si interessano del resiano.
Se gli sloveni non hanno alcun rispetto per la nostra “resianità”, per la nostra “unicità”, per la nostra cultura e per tutto quello che ne consegue, frutto dell’ingegno resiano, quell’insieme delle nostre qualità intellettuali, allora noi cosa si dovrebbe fare, girarsi e dire: “Prego accomodatevi, dopo averci spogliati di tutti i nostri beni culturali.“
Franco Tosoni
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