sabato 28 ottobre 2023

GARIBALDI NEL MONDO GIULIANO DALMATA

L'irredentismo del Trentino, della Venezia Giulia, della Dalmazia, è sorto e cresciuto nell’alveo della tradizione garibaldina, poiché i suoi fondatori e promotori furono inizialmente tutti di quest’area. Giuseppe Garibaldi stesso fu per anni ed anni il patriarca e la figura ispiratrice degli irredentisti, con cui rimase in contatto costante sino alla sua morte, appoggiandoli ed incitandoli.

Ad esempio, un gruppo di studenti universitari di Trieste, Gorizia, dell’Istria e di Trento aveva inviato a Garibaldi un album fotografico il 7 luglio 1878, data in cui ricorreva la ritirata dell’Eroe dei Due Mondi dal Trentino nel 1866. L’album aveva in copertina un angelo vendicatore che abbatteva l’aquila imperiale, con ai lati gli stemmi province irredente ed occupate dall’Austria mostrate con le catene infrante. La dedica diceva: «Non vogliamo più sapere dell’Austria».

Garibaldi rispondeva entusiasticamente, malgrado la tarda età, condannando il «mostruoso despotismo» dell’Austria, invitando i giovani delle terre irredente ad esercitarsi alle armi per prepararsi alla guerra all’impero e rassicurandoli che egli sarebbe stato con loro, «anche dopo l’ultimo respiro».

Ancora nel 1882, poco prima della sua morte avvenuta quell’anno e semiparalizzato dalla grave malattia reumatica di cui soffriva da anni, Garibaldi rassicurò gli irredenti con cui era in contatto dicendogli che, se fossero insorti, egli sarebbe venuto a combattere con loro, a costo di doversi fare legare in groppa ad un cavallo.

Le sue ultime parole, secondo quanto assicurato in seguito dalla moglie Francesca Armosino, furono: «Muoio con il dolore di non vedere redente Trento e Trieste.»


Allegorie femminili dei territori irredenti, di soldati, di Garibaldi e l'omaggio a Oberdan


Garibaldi è stato alla sua epoca il personaggio più conosciuto ed amato al mondo: non in Italia, nel mondo! Le sue eccezionali doti militari, il suo personale carisma, la sua perfetta onestà, il suo idealismo, lo resero popolarissimo in Europa, in America, ma anche in Russia, in India, in Cina.

Fra i molti meriti patriottici dell’Eroe dei Due Mondi ne esiste anche uno scarsamente conosciuto, ma dimostrato: il suo essere stato promotore dell’irredentismo per il Trentino, la Venezia Giulia, la Dalmazia.

In verità, l’irredentismo è sorto proprio dagli  ambienti “garibaldini”. I fondatori dell’irredentismo furono Matteo Renato Imbriani (a cui si deve il conio del termine irredenti impiegato in riferimento agli italiani ancora sottoposti alla dominazione asburgica) e Giuseppe Avezzana, ambedue politicamente “garibaldini”. La Società Italia Irredenta ebbe per presidente un garibaldino, appunto il generale Avezzana, ed ottenne l’appoggio di Giuseppe Garibaldi stesso e del suo vecchio amico e collaboratore, erede di  Mazzini, Aurelio Saffi. La prima fase dell’irredentismo appare infatti egemonizzata da uomini (oltre ad Imbriani ed a Avezzana, comparivano Felice Cavallotti, Salvatore Barzilai, Aurelio Saffi, il Carducci stesso ecc.), che hanno in Garibaldi il proprio punto di riferimento ideale. Un irredentismo piuttosto diverso s’affianca (non sostituisce!) a partire dalla firma della Triplice Alleanza (1882). [Alcuni riferimenti bibliografici. G. SPADOLINI, I repubblicani dopo l'Unità, Firenze 1972; M. GARBARI, Matteo Renato Imbriani e l'"Italia irredenta", in Il Parlamento italiano, 1861-1988, Milano 1989] Un grande storico, Gioacchino Volpe, nella sua opera monumentale Italia moderna (Firenze 1973), ha ricostruito un quadro d’insieme complessivamente corretto dell’evoluzione dell’irredentismo e della sua diversificazione interna, legata alle particolarità locali ed alle differenze politiche. Il Volpe è senz’altro condizionato in qualche misura dalle sue personali posizioni ideologiche, ma la sua ricostruzione dell’irredentismo, a cui dedica un intero capitolo del suo importante saggio (il capitolo secondo del III volume, oltre a buona parte del sesto del medesimo volume) è onesta intellettualmente. Ciò che qui interessa è che questo illustre maestro delinea chiaramente come il movimento irredentista nasca repubblicano e politicamente “garibaldino”: il Volpe non esita a riconoscerlo apertamente, pur essendo un monarchico di idee conservatrici.

Garibaldi progettò diverse volte di marciare personalmente su Trieste, l’Istria e la Dalmazia ed il fatto era noto, al punto che, in preparazione alla guerra del 1866, il capo di stato maggiore prussiano von Moltke suggerì al governo italiano di mandare proprio il Nizzardo in terra dalmata per spingere all’insurrezione gli abitanti (PIERO PIERI, “Storia  militare del Risorgimento”, Torino 1962, vol. II). Ma Garibaldi  non si rassegnò mai al dominio imperiale sulle terre irredente ed ancora nel 1878, malgrado fosse ormai molto vecchio e seriamente malato, cercò di organizzare una spedizione militare assieme alla società “Pro Italia Irredenta”, di cui  era la guida. L’iniziativa era così seria che l’Austria mobilitò truppe e protestò energicamente presso il governo italiano affinché impedisse ciò che sarebbe stato un atto di guerra. 

La “Irredenta” dovette così porre fine al progetto, ma già nel 1880 nasceva a Trieste il “Circolo Garibaldi”, che divenne una delle centrali di propagazione degli ideali irredentisti. Erano stati però numerosi i trentini, i triestini ed i giuliani in genere, i dalmati che, sin dal prima del 1859, si erano arruolati volontari nell’esercito sardo o italiano, ovvero direttamente nelle armate di Garibaldi. Fra i molti, si possono ricordare i triestini Giuseppe Caprin (che combatté a Bezzecca con Garibaldi, diresse il giornale patriottico  “L’indipendente”, scrisse molti libri fra cui “L’Istria nobilissima”), Rodolfo Donaggio (autore di un libro di Memorie sulla sua esperienza come volontario di guerra).


Proprio il  Donaggio scrisse anche  un “Elenco dei volontari garibaldini di Trieste e dell’Istria che presero parte alla campagna per l’indipendenza italiana e ad altre guerre”, così corposo da dover essere completato dopo la sua morte. Esso riporta infatti oltre 200 nomi di volontari garibaldini triestini ed istriani.

Ma a questi se ne dovrebbero aggiungere i moltissimi provenienti dalla Dalmazia e dal Trentino.

Fu forte anche il legame fra Oberban e la tradizione garibaldina. Nel luglio 1879, Oberdan incontrò a Roma proprio Giuseppe Garibaldi, accompagnato da altri esuli triestini. Alla morte dell’Eroe, avvenuta nel 1882, Oberdan marciò dietro al carro funebre portando lo stemma della città natale ed in rappresentanza della comunità italiana.





Durante la prima guerra mondiale  rinacquero unità “garibaldine”, che combatterono inizialmente sul fronte francese durante la neutralità italiana e fra cui si trovavano molti irredentisti. Il volontario garibaldino più celebre fu  però inglese, George Macaulay Trevelyan, ritenuto il maggior biografo di Garibaldi ed ammiratore dell’Italia. Sebbene fosse un civile ed avesse 49 anni, alla dichiarazione di guerra del 1915 egli decise di recarsi in Italia per partecipare al conflitto e, non potendo essere accolto nei reparti combattenti  per la sua età e condizioni  fisiche, entrò in un reparto di sanità, stando anche in prima linea. Il Trevelyan assistette di persona all’attacco degli Arditi sul san Gabriele nel 1917.

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