Durante la prima guerra mondiale "soggiornò" in un lager ungherese per tre anni, poi sotto il regime fascista 36 mesi di reclusione oltre ad altre vicissitudini, in seguito 60 mesi a Ponza e Ventotene, ma nonostante questi precedenti ebbe da scontare 13 mesi di carcere nazional-popolare in Jugoslavia dal novembre 1945 al novembre 1946. Abbandonato da tutti, chiese intervento al PCI. Fu accusato dal tribunale popolare di essere NEMICO DEL POPOLO.
"Come ho già rilevato, noi italiani dell’Istria si era privi di qualsiasi direttiva, per cui era molto arduo orientarsi nell’intricata situazione di quei momenti. Io non mi stancavo di ripetere ai compagni che il problema giuliano era molto complicato, e che la difficoltà da superare prima d’ogni altra era il nazionalismo. Lo sostenevo in ogni circostanza, anche se talvolta mi accorgevo che le mie parole non garbavano a chi anteponeva ad ogni altro stimolo ideale il nazionalismo. Era di una certa attualità il discorso sul carattere autonomo della regione, in quanto abitata dalle etnie italiana, slava (divisa in slovena e croata) e austro-ungarica. Nelle prospettive future la Venezia Giulia avrebbe dovuto essere appunto una regione autonoma dal punto di vista amministrativo, ma territorialmente congiunta all’Italia, con rappresentanza democratica proporzionale trina, in base alle tre principali presenze linguistiche ed etniche. Nel sostenere queste tesi non mi rendevo conto d’essere solo e quindi, per questa regione, destinato alla foiba. Ma le mie idee sul problema delle nazionalità erano perfettamente in linea con gli impegni congressuali del Partito Comunista Italiano, con le decisioni e le direttive dei massimi organi del partito e persino con le intese dei due comitati centrali, quello italiano e quello iugoslavo.
Purtroppo in breve tempo il mio partito divenne, all’atto pratico, sostenitore delle tesi iugoslave, del tutto contraria alle conclusioni del congresso di Colonia-Düsseldorf, secondo le quali le popolazioni interessate, sia nella Venezia Giulia che nel Trentino-Alto Adige, avrebbero dovuto decidere in forma democratica del proprio futuro. [….] Purtroppo la vita insegna spesso, ripetutamente quindi anche se inutilmente, che dei buoni propositi non se ne fa troppo spesso nulla."
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