martedì 20 febbraio 2024

Gortano Gortan

A Taranto vivono alcuni discendenti diretti del terrorista croato di origine italiana Vladimir Gortan (Vermo, 7 giugno 1904 – Pola, 17 ottobre 1929).

Uno dei parenti era Gortano Gortan, ufficiale del Corpo sanitario della Marina Militare e stimatissimo oculista (venuto a mancare tre anni fa). 

II papà di Gortano Gortan era Luigi, cugino di Vladimir Gortan.



Ugo Carà

Ugo Carà (Muggia, 26 novembre 1908 – Trieste, 12 dicembre 2004) è stato uno scultore, grafico, progettista e architetto di interni italiano.

Ugo Carà nasce il 26 novembre del 1908 da Nicolò Carabaich, un medico condotto originario dell'isola di Veglia in Dalmazia, che conobbe a Muggia la futura moglie, Heléne Ladas, nata a Smirne (Turchia) ma di origini cretesi, mentre era ospite degli Strudthoff, i proprietari dei cantieri navali San Rocco.

Inizia a esporre nel 1928 firmandosi Carà e nel 1929 tiene la prima mostra personale ad Atene e, da allora, prende parte alle più importanti rassegne regionali, nazionali e internazionali: Biennale di Venezia, Triennale di Milano, Quadriennale di Roma, Quadriennale di Torino, Universale di Parigi e Bruxelles, Internazionale di Scultura di Carrara, e Mostra della grafica italiana a Tokyo, Los Angeles e Città del Messico. Opere dell'artista sono presenti in musei e collezioni private in Italia e all'estero, dal Museo Revoltella di Trieste alla Galleria d'Arte Moderna di Milano, dal Museo Avgust Černigoj di Lipizza nell'attuale Slovenia al The Mitchell Wolfson Jr. Collection di Miami, fino al Metropolitan Museum di Nuova York.

L’attività di Ugo Carà si è indirizzata, oltre che alla scultura, alla pittura e alla grafica, anche al disegno e all’architettura d’interni. Ne sono testimonianza la partecipazione alle Triennali internazionali delle Arti decorative e industriali di Milano e alle mostre di Arte decorativa italiana all'estero. Suoi progetti di arredamento sono stati realizzati dal 1949 al 1963 su famosi transatlantici, e dal 1956 al 1976 ha insegnato arredamento navale e d'interni all'Istituto Statale d’Arte Nordio di Trieste.

Carà viveva a Trieste in via Vasari 2 e lavorava nel suo studio in via dei Leo 6/A. È morto il 12 dicembre 2004 all'età di novantasei anni. Nel 2006, in seguito a una donazione del maestro al Comune di Muggia, è stato inaugurato il Museo d'arte moderna Ugo Carà di Muggia, che rappresenta l’unico corpus di opere dell'artista.

Vittorio Premoli

Vittorio Premoli è stato un militare italiano nato a Vipacco nel 1917, nel Goriziano usurpato nel 1947.

Premoli era un soldato del 57º fanteria; all'indomani dell'armistizio si batté contro i tedeschi nella zona di Ponte Grillo a Monterotondo (provincia di Roma), rimanendo gravemente ferito. Al momento di essere dimesso dall'ospedale riuscì a fuggire, evitando così di essere deportato. Venne congedato nel 1946. Fu insignito di medaglia d'oro al valor militare.

«Durante l’attacco su Monterotondo, porta munizioni di un gruppo mitragliatori, vistisi cadere attorno colpiti a morte da raffiche di mitra a bruciapelo il caposquadra, il portarme e un fornitore e per quanto ferito egli stesso ad una spalla, afferrato il mitragliatore di uno dei caduti, balzava dietro un riparo e faceva fuoco sui nemici, abbattendone diversi. Rimasto solo, accerchiato, ferito due volte balzava nuovamente in piedi ed afferrata l’arma per la canna si faceva largo tra gli assalitori abbattendone altri. Approfittando di questo fatto e benché ferito per la quarta volta, riusciva a raggiungere la compagnia che nel frattempo era venuta avanti. Medicato sommariamente sul campo delle sue quattro ferite, di cui tre gravi, non emetteva un lamento. Ricoverato all’ospedale, rimessosi grazie alla sua eccezionale costituzione fisica, dopo più di due mesi di dolorosi interventi chirurgici che non riuscivano però a salvargli il libero uso del braccio, veniva preso dai tedeschi per essere trasportato al Nord. Con forza d’animo veramente eccezionale, sebbene ancora con le ferite non rimarginate, si lanciava dall’autombulanza in corsa e si dava alla macchia. Monterotondo (Roma), 9-10 settembre 1943 - gennaio 1944.»

Dopo la guerra Vittorio Premoli si trasferì in provincia di Latina, a Priverno, dove è poi deceduto. Nel novembre del 2006 l'amministrazione di Priverno ha deposto una corona alla Stele, eretta in memoria di Premoli, nei giardini di Piazzale d'Ungheria a Borgo Sant'Antonio.

Giulio Cesare da Beatiano

Giulio Cesare da Beatiano (Capodistria, prima metà del XVII secolo – post 1689) è stato un nobile e scrittore italiano.

Fu cavaliere dell'Ordine Reale di Christian Maestà e lavorò come diplomatico in diversi tribunali, soprattutto in Italia, a Venezia, Brescia, Ferrara e Parma.

Opere

  • La Verità, discorso Genealogico Nobilissima della famiglia di Piloni Belluno.
  • La fede coronata vita di s. Osualdo re' di Nortumbria, 1668.
  • L'araldo veneto, ouero vniuersale armerista, mettodico di tutta la scienza araldica. Trattato in cui si rappresentano le figure, e simboli di tutti gl'armeggi nobili, 1680.
  • Discorso Araldico Sopra l'armeggio di Brescia, 1684.
  • La Corona Imperiale , 1689.

Monaldo da Capodistria

Monaldo da Capodistria nacque tra il 1210 e il 1220 a Capodistria o Pirano secondo alcuni - da una ricca famiglia contadina probabilmente di origine toscano-marchigiana (Monaldi o Bonaccorsi). Da ragazzo, gli fu insegnato a leggere e scrivere da uno dei cappellani di Pirano. All'età di nove anni fu inviato ai Benedettini di Valdoltro a San Nicola, poi probabilmente a studiare presso la facoltà di giurisprudenza di Bologna o Padova. A Padova avrebbe ascoltato la predicazione del famoso Antonio di Padova e decise di unirsi ai frati minori. Dovette anche partecipare al capitolo generale dell'ordine ad Assisi (1227) e incontrare San Francesco. Negli anni dal 1227 al 1230, Antonio di Padova era a capo della provincia lombarda e, durante la sua visita sulla costa nord-orientale del mare Adriatico, fondò anche qui dei conventi (Trieste, Capodistria, Parenzo).

Dopo la consacrazione a sacerdote, nel 1230 Monaldo fu inviato a Trieste, dove fu a capo del convento. Il fatto che anche i frati francescani più giovani fossero a Capodistria quell'anno è citato da Gedeone Pusterla. Fu lui a far costruire la chiesa di Maria Ausiliatrice nella Città Vecchia di Trieste, alla Cavana. Il 26 maggio 1257 fu nominato capo della provincia dalmata, con sede a Zara, che comprendeva 26 conventi tra Albania e Istria. Nel 1266 tornò a Capodistria, dove fu nominato guardiano della comunità dei frati. Trascorse qui gli ultimi anni della sua vita. Costruì un convento (divenuto poi sede del liceo di Capodistria) e la chiesa di San Francescano (poi trasformata in palestra).

I biografi descrivono Monaldo come un uomo gentile. A causa della sua vita virtuosa e santa, dopo la sua morte a Capodistria nel 1280-1284, la gente iniziò a raccomandare a lui le proprie necessità. Fu sepolto in una chiesa a lui dedicata in un sarcofago di pietra, e in quel momento iniziarono a verificarsi miracoli, quindi il suo corpo fu posto in una nuova arca (1617) e posto sull'altare per il culto pubblico.

Prima del secondo concilio di Lione del 1274 Monaldo scrisse la sua Summa, che lo rese famoso per secoli; quest'opera testimonia la sua capacità di canonista e teologo. Il libro, di 600 pagine, con sentenze ordinate alfabeticamente riguardanti la casistica penitenziale, è meglio conosciuto come Summa Monaldina e si inserisce nel solco della tradizione delle Summae confessorum.

Oltre un quinto della Summa tratta di aspetti economici, in particolare di come conciliare il commercio con l'etica civile: dei 295 fogli a stampa dell'opera, 49 trattano del mercato e delle questioni etiche ad esso legate, 12 alla simonia.

Si contano 65 manoscritti della Summa (tutti completi tranne uno), conservati in varie biblioteche, tra cui Padova (manoscritto del 1293, il più antico), Praga, Oxford, Nuova York e altrove. Un codice è conservato anche a Lubiana. La Summa è stata un punto di riferimento nella storia del diritto, motivo per cui è ancora menzionata, citata e discussa dalla letteratura critica ed è allo stesso tempo un prezioso documento dell'identità cristiana istriana di Capodistria. Sono stati attribuiti a Monaldo anche alcuni sermoni e scritti teologici, ma la sua paternità potrà essere dimostrata solo da uno studio critico dei testi.

lunedì 19 febbraio 2024

Il leone di Zara danneggiato

Il leone della porta terra ferma di Zara danneggiato nel 1953 dagli Jugoslavi (quale dalmato farebbe un atto simile?) che manifestavano contro l'Italia per la questione di Trieste. Nel 1994 è stato restaurato a spese della Regione Veneto.

Zara non c'è più, e noi abbiamo subito una pulizia etnica

"Il «Giorno del ricordo» è un momento di riflessione che accomuna tutti coloro che hanno subito la tragedia adriatica e vuole essere una compensazione per i troppi che non hanno una sepoltura nota e degna di questo nome, sulla quale parenti e amici possano deporre un fiore.

Personalmente questa storia potrei iniziarla dal Natale 1941, l’ultimo che ho passato a Zara. Subito dopo, gennaio 1942, militare. Quindi in Africa settentrionale, combattente sul fronte di El Alamein, quindi prigioniero degli inglesi, quattro anni in Egitto. 

Al rientro, settembre 1946, la mia famiglia, mamma, papà e un fratello, dopo circa cinque anni li ho rivisti non a Zara ma a Trieste. Così arriviamo al nostro dramma di esuli. 

L’opinione pubblica italiana solo di recente è venuta pienamente a conoscenza dell’esodo che ha costretto noi Dalmati, unitamente a Fiumani e Istriani, a lasciare Zara e le altre terre della Dalmazia. 

Le cifre dicono che gli esuli sono stati 360mila, senza mettere in conto i morti, infoibati in Istria e affogati nel mare Adriatico in Dalmazia. 360mila significa che l’esodo è stato totale. Oggi si parlerebbe di «pulizia etnica». 

In Italia si festeggia la giornata della «Liberazione» ma c’è una piccola differenza tra l’essere stati liberati dagli americani e l’essere stati liberati dai nazional-comunisti di Tito.

Oggi ci si chiede come mai questo dramma sia stato ignorato per cinquant’anni. Evidentemente a molti la «verità» non faceva comodo e i molti dovevano essere in tanti. Così i tanti hanno semplicemente mistificato la «verità» tacendo. 

Dopo cinquant’anni se ne parla, il Parlamento ha istituzionalizzato votando all’unanimità il «Giorno del ricordo». Come si usa dire: «Meglio tardi che mai». Così si può sperare che i nostri pronipoti abbiano l’opportunità di apprendere queste vicende dai libri di storia. 

Ho detto all’inizio che al mio rientro dalla prigionia, settembre 1946, ho trovato i miei genitori a Trieste non a Zara. 

Perché Zara è una città che non esiste più."

— Ottavio Missoni, stilista ed atleta olimpionico (Ragusa di Dalmazia 11.2.1921 - Sumirago, 9.5.2013)