«Questa nostra impronta così indelebile, anche nell'Istria, derivava non solo dall'essere noi Italiani, ma più ancora dalla coscienza di essere tali. Gli è che la lotta diuturna con gli Slavi invasori accampatisi sul confine delle nostre terre ed agognanti alla conquista, aveva fin dal primo assalto fatto scattare e via via affinato il sentimento nazionale. Già nel 1804 il contrasto è vivo ed acre nella coscienza degli Istriani ed è dimostrato con accenti dolorosi nel Placilo del Risano. Lo Slavo alle porte non concede a nessuno da quella volta ad oggi di minorare la propria nazionalità e il sentimento nazionale, vario col variare dei tempi e delle condizioni politiche, è sempre vigile negli scrittori nostri: si concreta da prima nella breve affermazione incalzante, dall' intonazione polemica o sentimentale; diventa fulcro di vasti problemi, ammonimento e presagio nel mirabile discorso di Gian Rinaldo Carli sulla patria degli Italiani (1765), si fa sovrano, sto per dire tirannico. nella letteratura dell'ultimo secolo».
L'ultimo quarto di secolo ha però recato profondi mutamenti, e nel parlare ora delle genti slave, dobbiamo tener conto di quanto abbiamo più volte affermato. E anzitutto aggiungiamo qualche altra notizia sui ripopolamenti avvenuti nell'Istria dopo i vuoti lasciati dalle stragi, dalle guerre, dalle pestilenze, dalle epidemie, per cui vennero modificate le condizioni etnologiche, linguistiche e civili della nostra Provincia. Dobbiamo ritenere che i primi Slavi introdotti all'epoca dei Franchi tornarono alle loro terre in seguito al Placito del Risano. Era stato questo infatti il principale lamento contro il duca Giovanni insuper Sclavos super terras nostras posuit. E ancora, dopo le grandi depredazioni e le stragi inflitte all'Istria - meridionale dai Saraceni, dai Narentani, dai Croati, molti di questi si stabilirono nella penisola, ma la dovettero in gran parte abbandonare.
Ciò che ha dato l'Istria all'Italia rimarrà indelebile poiché è scritto nella storia.
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